Goffredo Pistelli per “Italia Oggi”
«Siccome non ci saranno più le Olimpiadi, dare addosso a Matteo Renzi è diventata ormai un' attività sportiva riconosciuta». Fabrizio Rondolino è sempre in forma, sebbene puntato dai troll, ossia dai violenti verbali di Twitter, specialmente da quelli di area grillina, tanto da spingerlo a fine 2016, ad abbandonare temporaneamente quel social network.
E questo torinese classe 1960, giornalista di lungo corso all' Unità (dove firma ancora oggi), capo dell' ufficio stampa dalemiano a Palazzo Chigi nel 1999, quindi consulente di comunicazione politica, non ammaina certo la bandiera renziana.
Domanda. Rondolino, tutti contro Renzi, anche il viaggio in California è stato censuratissimo.
Risposta. Una cosa un po' ridicola, non le pare?
D. Che cosa?
R. Quello che pensano di far pagare a quest' uomo.
D. Spieghiamolo.
R. Ora, Renzi ha perso il referendum, si è dimesso da presidente del consiglio e da segretario del suo partito, il Pd, ha fatto il congresso, perché, sennò, promettevano di portarlo in tribunale.
D. E di andarsene dal Pd stesso.
R. Esatto, ma poi erano rimesti dicendo pero: «Se resta lui, ce ne andiamo noi».
D. Cosa che hanno fatto.
R. E ora neanche un viaggio in California va bene. Diventa lo zimbello degli opinionisti.
Pensi a Federico Rampini.
carlo de benedetti agnese renzi
D. Il corrispondente di Repubblica dagli Stati Uniti.
R. Lui. Un giornalista relativamente serio, che fa commenti seri e che scrive tutto un pezzo per dire che la California è morta, che è come una zona del nostro Mezzogiorno, praticamente. Ma le pare possibile?
D. In effetti, un po' iperbolico.
R. In realtà pare che fosse stato l' ingegner Carlo De Benedetti, l' editore di quel giornale, a dire che andare in California era molto provinciale, e gli intellettuali del gruppo si sono subito allineati.
D. Invece la California?
R. Ma la California è il futuro del mondo, nonostante questi signori, e su! E ha fatto benissimo, Renzi, ad andarci. Il punto è un altro.
D. Quale, Rondolino?
R. Che dà fastidio il ritorno alla natura vera del renzismo, ossia alla messa in discussione degli equilibri di una società buro-catastale, sclerotizzata, paralizzata, nella quale i politici vivacchiano, dandosi addosso l' uno all' altro, rinviando ogni soluzione di ogni problemi mentre i media...
D. Mentre i media?
R. Sono felici di poter farsi belli a denunciare ritardi e inadempienze. Essendo arrivato uno che faceva lavorare gli uni e, di conseguenza, anche gli altri, apriti cielo. Tutti addosso.
D. Che è stato un po' lo spirito del 4 dicembre, aldilà dei costituzionalismi dell' ultim' ora.
R. L' unico tratto identitario è dare addosso a Renzi. Prenda quest' ultimo partitino nato a sinistra.
D. Dopo la scissione.
R. Dovevano unificare il risultato di due scissioni, ossia la prima fuoriuscita dal Pd, degli Stefano Fassina, e degli Alfredo D' Attorre, con la divisione di Sel, che si produsse ai tempi del passaggio al Pd di Gennaro Migliore.
D. E invece?
R. Non ci sono riusciti. Non solo, ora questo nuovo partito starà un po' all' opposizione di Paolo Gentiloni, perché, come si è detto «è il governo Renzi in fotocopia», perché «è l' esecutivo dei petrolieri», ecc. ecc. ecc, e un po' in maggioranza, perché guai mandare gli italiani a votare. Insomma, non vanno neppure d' accordo fra loro, e allora si concentrando su Renzi. Così come fanno, d' altronde, gli antagonisti interni al Pd.
D. Michele Emiliano e Andrea Orlando.
R. Sì, uno a dire che Renzi è uno stronzo, mi consenta, l' altro, più educato, a dire che è antipatico. Insomma: «Renzi cicca-cicca» e fine del dibattito.
michele emiliano all assemblea pd
D. Credo che fino al 30 aprile, data in cui sono convocate le primarie dem, sarà questo il motivetto. Ma veniamo a lui, a Renzi. Per vincerlo, quel congresso, dovrà essere se stesso, oppure inventarsi qualcosa di nuovo?
R. Le devo rispondere con una vecchia espressione comunista.
D. Avanti.
R. Gli occorre il rinnovamento nella continuità.
D. In effetti, pare da Comitato centrale di Botteghe Oscure.
R. Sì ma è la verità. Ha perso, e anche malamente, come disse la sera stessa del 4 dicembre, e si deve rinnovare. La continuità è però indispensabile. Quella che ha dato la scossa al sistema imballato e che ora è di nuovo sotto gli occhi di tutti.
D. Cioè?
R. Cioè viviamo da tre mesi in apnea: un governo che non fa niente, un' opposizione che non fa niente, partiti che si scindono, riforme al palo.
D. L' invincibile armata del No. Immobile.
R. Ma anche quella dei Sì non che è che faccia di meglio: siamo di nuovo all' impaludamento della politica italiana.
D. Lui, Renzi, nelle poche uscite fatte finora - Rimini, direzione Pd - come le è parso?
R. Domenica sera, in tv da Fabio Fazio, mi è piaciuto particolarmente quando ha detto: «Sono fuori da tutto». Questo è il rinnovamento, il ritorno alle origini, all' outsider che partiva da Firenze per dare l' assalto al cielo. E con un discreto successo.
D. La domanda, Rondolino, è solo una: quel meccanismo funzionerà ancora?
R. La cosa non è semplice, ammettiamolo pure. Perché Renzi è logorato da tre anni di governo e da un quadro in cui, salvo sorprese, verrà superato il maggioritario. Dunque il cuore del renzismo è colpito, però...
D. Però?
R. Però io spero che, presentando un progetto per il Paese, perché questo dovrà fare, non solo ritrovi la freschezza, il coraggio della democrazia dell' alternanza, ma proceda come se il maggioritario ci fosse ancora.
D. Vale a dire?
R. Vale a dire provi a includere pezzi diversi, anche distanti di società, offrendogli un progetto e un futuro comune. Il che significa andare oltre il Pd.
D. Bingo!
R. Massì, Pistelli, ragioniamo. Un pezzetto di Pd, anche autorevole, se ne è andato. Molto ceto politico, più che altro. Quella parte che rappresentava una zavorra al lavoro di Renzi, che ha contrattato fino all' ultimo ogni riforma, in maniera estenuante, allo sfinimento, diminuendo il tasso di riformismo del governo stesso.
D. Via la zavorra, Renzi diventa votabile per molti, lei dice?
R. C' è tutto un pezzo d' Italia, un grande pezzo d' Italia, che non sta né con Beppe Grillo né con Matteo Salvini, un pezzo d' Italia che è irriducibile a xenofobia e populismo, alle forze antisistema. Li chiami moderati, li chiami «quelli che lavorano», li chiami come li vuole, ma sono tanti e ci sono. Quelli sono il pascolo elettorale del nuovo renzismo.
D. Sono immuni dalle sirene eventuali di Silvio Berlusconi o dei nomi che troverà?
R. Forse vorrebbero capire che cosa ha in testa, il Cavaliere. Ma non mi pare possa offrire chissà quali alternative.
D. E questi elettori voterebbero un nuovo Pd?
R. Il punto è proprio questo, andare oltre il Pd. Renzi dovrebbe andare verso un nuovo grande partito di centrosinistra, in grado di tenere insieme, socialisti e liberali, riformisti e moderati.
D. Nel frattempo, però, c' è da vincere le primarie di fine aprile. Le cronache riportano che, a margine della nascita di Democratici e progressisti-Dp, si parlava di andare a votare massicciamente per Orlando alle primarie Pd. Non è che c' è il trappolone nell' aria?
R. Emiliano ha fatto di più: ha invitato tutti coloro che detestano Renzi a recarsi al voto.
D. Il No del 4 dicembre che entra nei gazebo?
R. Precisamente. Io però, fossi in Renzi, non mi preoccuperei troppo degli inquinamenti alle primarie.
D. Perché?
R. Perché i comunisti non sono tantissimi, i berlusconiani hanno altro da fare e poi, se anche fossero in grado di mobilitare elettori, li porterebbero alle proprie primarie, e non a quelle della concorrenza, per quanto ci sia stato una cena fra Emiliano e B.
D. Restano i grillini.
R. Ah ma quelli sono abituati al click della piattaforma web, di avventurarsi nel mondo reale non sono capaci.