SCAZZI D'IRAN - SCONTRO DI POTERE TRA IL PRESIDENTE ROHANI E I SUPERFALCHI DELL'ALA MILITARE CHE SI MUOVONO DIETRO L'AYATOLLAH KHAMENEI

L'attivismo del ministro degli Esteri Javad Zarif, braccio destro di Rohani, che è favorevole a una cauta apertura nei confronti dell'Occidente, è stato subito bloccato dall'apparato militare iraniano - In ballo il modello di egemonia che il Paese vuole esercitare nel Medio Oriente...

Condividi questo articolo


Maurizio Molinari per "la Stampa"

Il mancato arrivo dell'Iran alla Conferenza di pace sulla Siria cela lo scontro a Teheran fra il ministro degli Esteri Javad Zarif, braccio destro del presidente Hassan Rohani, e l'establishment militare. L'ex ambasciatore all'Onu ha già inferto alle Guardie della Rivoluzione uno smacco firmando l'accordo di Ginevra sulla limitazione di un programma nucleare che ritenevano intoccabile e ora stava per cogliere un nuovo successo facendo partecipare l'Iran ai lavori di Montreux grazie alla rinuncia della difesa a oltranza del regime di Assad, sorretto dall'intervento di pasdaran ed Hezbollah.

KHAMENEI SU INSTAGRAMKHAMENEI SU INSTAGRAM

Quando Ali Akbar Velayati, consigliere del Leader Supremo Ali Khamenei, ha impedito a Zarif di accettare le condizioni dell'Onu sulla conferenza siriana è stato l'apparato militare a imporsi. A dare la misura della battaglia su Zarif sono nomi e parole di chi lo attacca. Il generale Mohammed Jafari, comandante delle Guardie della Rivoluzione, ha reagito all'intesa interinale sul nucleare chiedendo a «chi guida la politica estera» di «cessare di danneggiare la nazione» ma Zarif ha ribattuto, dal podio dell'ateneo di Teheran, che «a garantire la nostra sicurezza non sono le armi visto che tutte quelle che abbiamo potrebbero essere neutralizzate da un'unica bomba Usa».

La controreplica di Jafari è stata aspra: «Zarif non si occupi di temi militari, dall'elezione di Rohani l'Iran è stato intossicato dall'Occidente, serve un fondamentale cambio di marcia». Rahim Safavi, consigliere militare di Khamenei, gli ha dato manforte: «Fino a quando l'America non muterà approccio non dobbiamo cessare di combatterla» senza seguire il dialogo voluto da Zarif.

Ali KhameneiAli Khamenei

Nasce così la lettera con cui 20 deputati del Parlamento di Teheran hanno chiesto a Rohani di «rivedere la nomina di Zarif a ministro». Ali Larijani, presidente del Parlamento e già collaboratore dell'ex presidente Mahmud Ahmadinejad sul nucleare, liquida la strategia di dialogo di Zarif con l'Occidente accusandolo di dimenticare che «sono loro ad aver incendiato il Medio Oriente». La strategia di Larijani è opposta rispetto a Zarif: «Dobbiamo dire ai Paesi della regione di liberarsi dall'influenza di americani e sionisti, siamo noi i loro fratelli perché abbiamo l'unico Profeta e l'unica fede».

BONINO ROUHANIBONINO ROUHANI

L'Iran deve ambire ad essere il Paese-leader dell'area, senza concessioni agli avversari. Hossein Naghavi, portavoce del comitato parlamentare sulla Sicurezza, ritiene che Zarif sia «solo un diplomatico» e come tale «non deve occuparsi della sicurezza». È la tesi del quotidiano conservatore «Kayhan» mentre il settimanale riformista «Aseman» difende Zarif paragonandolo a all'"«eroe» Mohammad Mossadegh, l'ex premier rovesciato da un golpe ispirato dagli Usa nel 1953. «Zarif è l'alter-ego di Mossadegh» ha scritto «Aseman» perché «interpreta il desiderio degli iraniani di veder risolvere i problemi dai politici, non dai militari».

La strategia dei conservatori è sconfiggere Zarif per impedirgli di ostacolare un establishment militare che continua ad alzare il profilo, come dimostra l'invio nell'Atlantico di due navi da guerra - il caccia Salaban e la portaelicotteri Khark - per dimostrare di saper operare a ridosso delle coste americane. In realtà Zariff non persegue l'indebolimento dell'Iran bensì ha una visione della supremazia regionale basata più sulla politica che sulle armi. Ma gli altri ministri riformisti di Rohani hanno pochi strumenti per difenderlo. Ali Tayebnia e Nijan Namdar Zanganeh, titolari di Economia e Petrolio, non possono duellare con veterani della sicurezza come Jafari e Safavi.

Khamenei, leader dei conservatori, gioca invece una delicata partita: da un lato ha consentito l'accordo di Ginevra sul nucleare ma dall'altro, con il fidato Velayati, ha fermato quello sulla Siria. D'altra parte alle spalle di Khamenei c'è l'ultraconservatore Mohammed Yazdi che tuona: «Se Rohani e i suoi perseguiranno politiche ostili all'Islam saremo noi a occuparcene». Ovvero, se Khamenei non riesce a frenare Rohani e Zarif, potrebbe essere un altro ayatollah a farlo.

ahmadinejad NUCLEAREahmadinejad NUCLEARE ZARIF CON I SUOI FANZARIF CON I SUOI FAN

 

 

Mahmoud Ahmadinejad E IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANOMahmoud Ahmadinejad E IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - COME SI PUO’ CONTROLLARE UN PARTITO CHE HA QUASI IL 30% DEI VOTI CON UN POLITBURO DI 4-5 PERSONE? E INFATTI NON SI PUO’! - LE SORELLE MELONI, FAZZOLARI E SCURTI NON TENGONO LE BRIGLIE DI FRATELLI D’ITALIA: SILENZIATA LA CORRENTE DEI “GABBIANI” DI RAMPELLI, AZZERATO IL DISSENSO, ELIMINATA OGNI DIALETTICA INTERNA (CHE SI CHIAMA “POLITICA”), TRATTATI I PARLAMENTARI COME CAMERIERI A CUI SI DANNO ORDINI VIA CHAT, COSA SUCCEDE? CHE POI QUALCUNO SI INCAZZA E FA “L’INFAME”, SPUTTANANDO ALL’ESTERNO IL PIANO DI GIORGIA MELONI PER IL BLITZ PER ELEGGERE FRANCESCO SAVERIO MARINI ALLA CONSULTA…

DAGOREPORT – GIORGETTI E' GIA' PRONTO PER LA TOMBOLA: DÀ I NUMERI - IL MINISTRO DELL’ECONOMIA ALLE PRESE CON LA TERRIBILE LEGGE DI BILANCIO PRIMA ANNUNCIA “SACRIFICI PER TUTTI” E NUOVE TASSE TRA ACCISE E CATASTO, PER POI RINCULARE QUANDO SI INCAZZA LA MELONA, COSI' TIMOROSA DI PERDERE IL VOLUBILE CONSENSO POPOLARE DA CONFEZIONARE UN VIDEO CONTRO IL SUO MINISTRO: "NOI LE TASSE LE ABBASSIAMO" - E QUANDO NON SBUCA LA MELONI, ARRIVA PANETTA: SULLA CRESCITA DEL PIL GIORGETTI SI APPOGGIA AI NUMERI “ADDOMESTICATI” DELLA RAGIONERIA GENERALE FORNITI DALLA SUA FEDELE DARIA PERROTTA, PER VENIRE SUBITO SMENTITO SECCAMENTE DALL'UFFICIO STUDI DI BANKITALIA... 

DAGOREPORT – IL BALLO DELLA KETAMINA DI ELON MUSK NON PORTA VOTI: LA PERFORMANCE “OCCUPIAMO MARTE” DEL PICCHIATELLO DI TESLA SUL PALCO CON TRUMP IN PENNSYLVANIA NON HA MOSSO L’OPINIONE PUBBLICA – KAMALA HARRIS SAREBBE IN VANTAGGIO DI 4-5 PUNTI, MA IL SISTEMA ELETTORALE USA E' FOLLE: NEL 2016 HILLARY CLINTON FU SCONFITTA DA TRUMP PUR AVENDO AVUTO 3 MILIONI DI VOTI IN PIU' – IL PRESSING DEI REPUBBLICANI PERCHE' TRUMP ABBASSI I TONI (È IL MOMENTO DI PARLARE AGLI ELETTORI MODERATI, NON AL POPOLO MAGA, CHE LO VOTA COMUNQUE) - I DILEMMI DI KAMALA: MI CONVIENE FARE GLI ULTIMI COMIZI CON OBAMA? COME RICONQUISTARE IL VOTO DEI TANTI GIOVANI PRO-PALESTINA?