Giovanna Vitale per “la Repubblica - Roma”
«Ci prenderemo tutto il tempo necessario», continua a ripetere lo staff di Virginia Raggi a proposito dei tasselli mancanti, in giunta e al vertice del gabinetto, che hanno bloccato il motore della macchina amministrativa e portato alla paralisi il Campidoglio.
Sono trascorse ormai due settimane dalle dimissioni a catena che hanno amputato la squadra grillina.
E ancora «non si vede luce di paradiso», sbotta un consigliere sull’orlo di una crisi di nervi. Convinto però che la dead line del 20 settembre, fissata dal presidente dell’Aula Marcello De Vito per riunire l’assemblea capitolina («Per quella data avremo il nuovo assessore al Bilancio») sarà rispettata. Ma nessuno sa dire se e quando la decisione verrà ufficializzata. Né se il successore di Marcello Minenna, al netto delle voci, sia stato effettivamente individuato. «Arriverà, arriverà», si limita a sussurrare la sindaca all’ora di pranzo, uscendo da palazzo per uno dei suoi incontri riservati.
Quel che si sa, al momento, è solo che nell’inner circle della prima cittadina si sta facendo strada una tentazione forte. Procedere con un pacchetto di nomine complessive: una sorta di blitz per designare contestualmente il nuovo titolare dei conti comunali, il vertice del gabinetto decapitato dopo l’addio della giudice Carla Raineri e - a sorpresa - un altro assessore all’Ambiente al posto di Paola Muraro.
Raggi, nonostante l’anatema di Grillo e gli ultimi sviluppi di un’inchiesta dai contorni sempre più inquietanti, continua a difendere l’ex consulente dell’Ama. Idem la giunta, con la sola eccezione di Paolo Berdini, che insiste per un suo avvicendamento, necessario ad allontanare ogni ombra dalla squadra. Ma i big del Movimento e soprattutto la base hanno emesso il loro verdetto: Muraro, indagata per reati ambientali, va sostituita.
Un’idea che, in queste ore, pare cominciare a far breccia anche nella cerchia dei fedelissimi raggiani che sta vagliando profili e curricula dei papabili all’ingresso nell’esecutivo cinquestelle. Il passo non sarebbe comunque indolore per la sindaca. Costretta ad accettare ciò che solo qualche giorno fa aveva rifiutato con decisione: le dimissioni della sua assessora, rassegnate all’indomani della drammatica audizione in Ecomafie. Sempre tuttavia rimaste sul tavolo.
Una testa da far rotolare, sebbene obtorto collo, per allentare l’assedio e respirare un po’. Senza neppure temere di precipitare in una nuova impasse, dal momento che un nome di alto profilo - per sostituirla in giunta - sarebbe già planato sul tavolo di Raggi: Antonio Senni, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente e professore presso la pontificia università Antonianum. Unico neo: è un uomo. Che stravolgerebbe la parità di genere imposta in giunta dallo Statuto comunale.
Raggi però non è convinta. Chiede ancora tempo. Una riflessione che rallenta tutto. Tanto più che pure sul Bilancio, dopo lo scivolone su De Dominicis, si è ben lontani dallo sciogliere la riserva: in corsa sarebbero rimasti quattro candidati. Due i più accreditati: l’economista Nino Galloni e l’ex generale della Gdf Ugo Marchetti. Che ieri ha ammesso: «Sì ho incontrato la sindaca, ma era diverso tempo fa. Ho dato la mia disponibilità, servire Roma è un onore, ma poi non ho saputo più nulla».
Un rebus che si allarga anche al nuovo capo di gabinetto. Lunedì il presidente del Consiglio di Stato, ricevendo la sindaca, le ha chiesto di suggerirgli lei un nome, sul quale lui si sarebbe poi espresso. Ma dal Campidoglio non sono arrivate indicazioni. Solo un imbarazzato silenzio. E pure questa partita è sospesa.