SENZA SPERANZA - PURE DISINNESCANDO LA LEGGE SEVERINO, FRA TRE MESI LA SITUAZIONE SI RIPROPORREBBE UGUALE. E NESSUN PROVVEDIMENTO QUIRINALIZIO POTREBBE LIBERARE SILVIO DALLA CACCIATA DAL SENATO

Il muro contro muro tra gli amici Letta e Alfano, con tre ore di litigata furibonda a Palazzo Chigi, è dovuto alle pressioni di Berlusconi da un lato e dei piddini dall’altro - Il Banana potrebbe presentarsi in Giunta con i suoi avvocati per esporre dubbi di costituzionalità sulla legge Severino… - -

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Ugo Magri per "la Stampa"

ALFANO ENRICO LETTAALFANO ENRICO LETTA berlusconi e alfanoberlusconi e alfano

Letta e Alfano hanno litigato intensamente dalle sei alle nove della sera a Palazzo Chigi. Tre ore di discussione su come salvare il governo dall'ira del Cavaliere, che minaccia di far mandare tutto all'aria se lo cacciano dal Senato.

Premier e vice-premier si sono fatti assistere da due ministri di totale fiducia, Franceschini e Lupi. Per cui le sole versioni disponibili sono quelle fatte filtrare dai diretti interessati. A loro modo concordi: si è trattato di un match teso, aspro, con Alfano scatenato all'assalto, proprio come si attende da lui Berlusconi.

E Letta durissimo nel rintuzzare le pretese dell'interlocutore, in linea con le attese del suo partito. Angelino pare abbia manifestato incredulità e sdegno per l'atteggiamento del Pd che vuole far decadere il leader del partito alleato «per un atteggiamento pregiudiziale, senza il minimo approfondimento, ignorando il parere di illustri giuristi che manifestano dubbi sulla retroattività della legge Severino». Il premier, dal canto suo, ha tenuto botta fino in fondo. «Niente ricatti e niente ultimatum» è stata a quanto risulta la ferma risposta di Letta, che trova inaccettabile la pistola puntata dal Pdl sul governo quando a decidere sarà, tra l'altro, la Giunta per le elezioni di Palazzo Madama.

Invece sull'Imu i due si sono intesi, o poco ci manca, perché Palazzo Chigi segnala «passi avanti» e dal Pdl parlano di «aperture». Verrà cancellata la rata di settembre, mentre quella di fine anno sarà riassorbita nel nuovo regime di imposizione immobiliare (la «service tax») con promesse di forte alleggerimento per le tasche dei cittadini. Sempre che il governo non cada prima di averlo deciso, si capisce, e il Parlamento non venga sciolto prima di averci messo su il timbro.

Dunque si ritorna al braccio di ferro su Berlusconi e alle voci di mediazione che, nonostante la durezza del braccio di ferro, circolano anche in ambiti governativi. Quella che va per la maggiore ipotizza che Berlusconi si presenti in Giunta chiedendo una pubblica seduta. E che i suoi avvocati espongano in quella sede i dubbi di costituzionalità sulla legge Severino, dimostrando che non sono né fuor di luogo né manifestamente infondati. A quel punto, forse, un rinvio di approfondimento potrebbe essere concesso, seguito da qualche atto di clemenza del Presidente Napolitano...

Qualcosa di vero potrebbe esserci, sebbene a Palazzo Chigi neghino che se ne sia parlato tra Letta e Alfano. Di certo il Pd non è così folle da prestarsi a pasticci che lo rendano, nell'immaginario collettivo, complice del Cavaliere. Il quale a sua volta guarda con sospetto a questi negoziati sulla sua sorte. I legali gli hanno spiegato che non ci sono scorciatoie giuridiche in grado di evitargli la decadenza e l'incandidabilità, e che nemmeno Napolitano possiede la bacchetta magica.

TASSA SULLA CASA jpegTASSA SULLA CASA jpegepifani-cadutaepifani-cadutaMANIFESTAZIONE PDL VIA DEL PLEBISCITO SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCA PASCALEMANIFESTAZIONE PDL VIA DEL PLEBISCITO SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCA PASCALE

Ciò in quanto entro novembre scatterà nei confronti di Berlusconi l'interdizione dai pubblici uffici conseguente alla condanna Mediaset (si aspetta solo che la Corte d'Appello ne rimoduli la durata, da uno a tre anni invece dei 4 originariamente inflitti).

Dunque, pure disinnescando la legge Severino, fra tre mesi la situazione si riproporrebbe uguale. E nessun provvedimento quirinalizio potrebbe liberare Silvio da questa pena accessoria. Di questo l'hanno messo in guardia tanto Ghedini quanto Coppi, sebbene alcuni qualificati giuristi sostengano che una commutazione della pena avrebbe efficacia pure sulle pene accessorie.

L'atto di clemenza potrebbe far comodo a Berlusconi solo se lui potesse sventolarlo alla stregua di una pubblica riabilitazione, di un gesto riparatorio delle istituzioni nei suoi confronti. Sono circolate voci di contatti tra Letta (lo zio Gianni) e Napolitano. La vulgata delle «colombe» è che il Presidente sarebbe pronto a fare la sua parte. La scommessa dei «falchi» è che il Capo dello Stato se ne lava le mani. A questo esile filo è appesa la sorte del governo e della legislatura.

 

 

 

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