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Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
«Si rischia di passare dal reggente al commissario liquidatore». «Servono nuove regole e più democrazia». Non abbandona il Movimento, ma non fa sconti a nessuno Vincenzo Spadafora, ministro uscente dello Sport, non riconfermato.
Si è scritto che avrebbe la tentazione di lasciare il Movimento 5 Stelle. Lei ha smentito, ma qualche dubbio l'ha avuto?
«Mai pensato di lasciare il Movimento, ma di dubbi su come sia stato guidato in questa fase ne ho molti, come molti colleghi, moltissimi attivisti e milioni di elettori».
Lei era ministro dello Sport. Molti ora criticano il Movimento perché hanno perso la poltrona?
«Non nego che mi sia dispiaciuto interrompere un percorso a metà, ma il punto è la strategia e le scelte prese al buio da Crimi e Crippa».
Il Movimento è acefalo. Buffagni parla di «gestione disastrosa». Crimi è stato criticato per aver gestito da solo anche le trattative del governo. Avrebbe dovuto farsi da parte prima?
«Per motivi indipendenti dalla volontà di tutti la reggenza è durata troppo. Per guidare una comunità come il Movimento occorre una legittimazione forte, non burocratica. Si rischia di passare dal reggente al commissario liquidatore. Serve un cambio di passo radicale».
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Perché è andato in crisi il Movimento?
«Il Movimento è nato più di dieci anni fa, in una fase completamente diversa. Negli anni il suo successo ha cambiato il quadro e molte delle nostre bandiere sono diventate leggi. Non dobbiamo aver paura di riconoscere che siamo stati al potere, che abbiamo avuto poltrone, che siamo stati nel Palazzo, ma dobbiamo sentire il dovere etico e morale di rendere conto agli italiani di come abbiamo esercitato il potere, di cosa abbiamo fatto da quelle poltrone, di come abbiamo onorato o meno il mandato dei cittadini».
Molti vorrebbero rifondarlo, ma come?
«Rispettando le leggi non scritte della politica: avere un progetto chiaro e una visione del Paese; formare donne e uomini in grado di realizzarlo; tornare a radicarsi sui territori; essere pronti a ottenere risultati anche se frutto di mediazioni; avere un'organizzazione pienamente democratica e smettere di cambiare le regole ogni mese».
luigi di maio vincenzo spadafora
Prima populista, poi sovranista, poi riformista, ora infine «moderato e liberale». La ragion di governo sembra avere sempre prevalso sull'identità. Ne avete una ora?
«L'identità del Movimento va ripensata profondamente, guardando al futuro. Anticorruzione, taglio dei costi della politica e reddito di cittadinanza erano le nostre bandiere, ora quegli obiettivi sono raggiunti e dobbiamo trovarne di nuovi».
Per Bugani state diventando la costola di Berlusconi.
«Non direi, visto che i due governi Conte sono caduti sulla prescrizione».
Il Movimento deve essere più verticale o orizzontale?
«Obliquo, deve essere in grado di tenere insieme gli attivisti con gli eletti, gli elettori con i ministri. Era la nostra forza mentre gli altri partiti non ci riuscivano più, non dobbiamo fare lo stesso errore».
Ha ancora senso un vertice a cinque?
BEPPE GRILLO E GIUSEPPE #CONTE
«Serve che un processo democratico individui un gruppo di persone legittimate a prendere decisioni, che sia anche un luogo di riflessione, analisi e strategia. Dobbiamo evitare un ritorno al passato, dare spazio a energie nuove, persone che hanno dimostrato di portare contributi innovativi. Non perdiamo l'occasione per una rigenerazione del Movimento, altrimenti cadiamo nelle logiche della vecchia politica. Investire su una nuova leva per il M5s è vitale».
Serve un leader forte?
«Un leader è fondamentale perché serve qualcuno che guidi i processi, non che li subisca. C'è molta differenza tra leadership e comando: chi guida porta un gruppo di persone alla meta, chi comanda lascia scontento e perde i pezzi».
Conte sembra diventato la panacea di tutti i mali del M5S, non rischia di essere una foglia di fico dei vostri problemi?
«Conte ha avuto un ruolo centrale nel momento più difficile del Paese. Ha guadagnato fiducia e rispetto dei cittadini: è naturale sperare in un suo più forte coinvolgimento. Il ruolo di Conte deve essere frutto di processi politici, non un'operazione di comunicazione, perché dovrà avere la forza e il mandato di svolgere il ruolo che vorrà ritagliarsi».
Piuttosto che incoronare Conte, non sarebbe meglio un congresso vero?
«Qualsiasi passaggio dovrà essere frutto di un processo democratico e il più possibile aperto».
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È stato giusto espellere i contrari a Draghi?
«Si poteva evitare questa spaccatura se ci fosse stato maggior coinvolgimento dei gruppi. Così oltre agli eletti stiamo espellendo anche gli elettori».
Domenica ci sarebbe dovuto essere un vertice a casa di Beppe Grillo. Non è sfuggita di mano anche a lui la situazione?
«Con Gianroberto Casaleggio ha dato vita all'esperienza politica più importante degli ultimi decenni. Grillo è la persona che meglio riesce a guardare lontano, indicare una strada che magari sembra inspiegabile ma che poi si scopre l'unica in grado di rimettere il Movimento al centro della scena politica».
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Il ruolo di Casaleggio resta ambiguo e contestato. Eppure è il fondatore, insieme a Di Maio, dell'ultima associazione M5S. Come sciogliere il nodo? Deve farsi da parte?
«Il nodo si può sciogliere aggiornando i processi politici, le modalità di coinvolgimento della base e dell'uso di Rousseau: negli ultimi anni c'è stato uno scollamento tra attivisti ed eletti, tra piattaforma e Movimento. Tutto si può ancora ricucire anche se non tutto si può ancora tenere insieme».
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