LA TERZA REPUBBLICA A COLPI DI SMS E TWEET: SE LI SCAMBIANO COME FIDANZATINI SALVINI E DI MAIO – IL LUMBARD VUOLE M5S CON LUI AL GOVERNO; MA “GIGGINO” NON CI STA SE CON MATTEO C’E’ PURE IL BANANA – E SPUNTA L’IPOTESI DEL TERZO NOME: UNA JATTURA PER IL MOVIMENTO – IL RUOLO DI GRILLO

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Ilario Lombardo per la Stampa

 

Arduo chiamarlo vertice, visto che si è trattato di una grigliata, qualche partita di biliardino e i soliti onori tributati al santone della comicità venuto a fare capolino nelle più terrene questioni politiche, nella giornata in cui tutto sembra incartarsi e l' ipotesi di un premier terzo rispuntare con insistenza. Ogni cosa si mescola nel M5S, privato e pubblico, associazioni, fondazioni e partito, battute comiche e dichiarazioni sul governo.

 

grillo di maio casaleggio grillo di maio casaleggio

La scena è questa: villa a Ivrea, poco fuori il centro, proprietà di Davide Casaleggio, ideatore dell' Associazione intitolata al padre e del Sum#02, seconda giornata annuale dedicata a Gianroberto. Di Maio incredibilmente non indossa la cravatta, ma maglioncino e jeans. Scatta un selfie con Beppe Grillo e Davide. Tutti sorridenti, tutti in attesa.

 

La strategia funziona così: dichiarare e aspettare la replica, dichiarare e aspettare di nuovo. In mattinata Di Maio è ad Aosta, per lanciare la campagna elettorale in vista delle elezioni del 20 maggio. Bagno di folla e primi messaggi, diretti a Matteo Salvini, tuttora il più probabile partner di governo: «Capisco che Salvini abbia difficoltà a sganciarsi da Berlusconi, ma da Arcore non può partire nessuna proposta di cambiamento». Non «un governo di cambiamento ma solo un governo-ammucchiata. E per noi questo film non esiste».

 

luigi di maio salvini luigi di maio salvini

Il film infatti sarebbe un altro, nella testa di Di Maio: Salvini deve spezzare il cordone che lo tiene legato a Berlusconi, ma sa che per farlo «ha bisogno di tempo». Tutti sembrano avere bisogno di tempo, e ormai è convinzione anche del leader grillino «che si arriverà quasi sicuramente a maggio», forse addirittura oltre il terzo giro di consultazioni, sempre che il presidente Sergio Mattarella non posticipi, come desiderano i grillini, il secondo giro.

 

La sensazione è che ci sia un congelamento e i grillini lo confidano a Grillo, aggiornandolo. Il comico, costretto a rispondere fuori dalla villa, esprime ottimismo: «Un governo si farà» e lo dice convinto che con Salvini alla fine una soluzione si troverà. Del Pd si parla poco o nulla. L' attenzione è tutta sul vertice del centrodestra ad Arcore. Da lì arriva un comunicato congiunto che manda su tutte le furie Di Maio. Il centrodestra è blindato, si parte da lì per il governo, dicono i tre leader, compreso Salvini. «Ah sì?» reagisce il grillino.

 

luigi di maio berlusconi salvini meloni luigi di maio berlusconi salvini meloni

Prima invia un sms al leghista, poi pubblica un post su Facebook: «Vedo che la Lega preferisce tenersi stretto Berlusconi e condannarsi all' irrilevanza. Adesso per completare l' opera, consiglio a Salvini di chiedere l' incarico di governo al presidente Mattarella e di dimostrare come possa governare con il 37%. Da noi la grande ammucchiata non avrà un solo voto. Quando Salvini vorrà governare per il bene dell' Italia ci faccia uno squillo, gli diremo se saremo ancora disponibili a lavorare con lui al contratto di governo».

 

Il messaggio di Di Maio a Salvini non ha proprio i toni gentili. Tant' è che il leghista intervenendo a Treviso sembra ammorbidire il precedente comunicato, smarcarsi dagli alleati e ribadire il coinvolgimento del M5S. Altrimenti, minaccia, «non resta che il voto».

 

DI MAIO AL QUIRINALE DI MAIO AL QUIRINALE

Di Maio potrebbe forzare le trattative e disertare il tavolo che la Lega ha intenzione di offrire ai grillini. Serve a prendere tempo e a concederlo, a logorare le certezze degli interlocutori. Ma Di Maio sa che, a sua volta, Salvini è pronto a usare un' altra arma contro di lui: la poltrona di premier, a cui il capo politico del M5S sembra non voler rinunciare, a differenza del leghista.

 

Il terzo nome, evocato da tutti ma senza un corpo a vestirlo, è un veleno che potrebbe insinuarsi e intossicare la compattezza del Movimento, soprattutto se il veto su Berlusconi reggesse fino alla fine, e Di Maio quindi si trovasse costretto a dover anche lui rinunciare a qualcosa per far nascere il governo.

 

 

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