Giovanna Casadio per la Repubblica
Solo quando la ministra Anna Finocchiaro si alza in piedi per dire che «il governo pone la questione di fiducia sugli articoli 1,2,3,4 e 6» della legge elettorale, si aprono le ostilità nell' aula del Senato. Fin lì le cinque fiducie sul cosiddetto Rosatellum, di cui si parla da giorni, sono state ostentate o avversate nelle dichiarazioni dei senatori, ma su tutto prevaleva l' attesa. Attesa che il premier Gentiloni ci ripensasse, attesa che il segretario dem Matteo Renzi aprisse alla sinistra, attesa che l' ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano spiegasse la propria contrarietà per riforme giudicate zoppe.
L' annuncio della ministra Finocchiaro è il fischio d' avvio della battaglia. L' inizio della bagarre. A sinistra issano cartelli #zero fiducia. I grillini come prestigiatori fanno comparire bende bianche e si coprono gli occhi, per spiegare che con queste regole elettorali i cittadini voteranno alla cieca. Applausi di scherno, urla di "vergogna vergogna". E Loredana De Petris, capogruppo di Sinistra italiana, appena è sospesa la seduta, si fionda sulla sedia del presidente del Senato, Piero Grasso.
Da lì non si alza, grida che ci resterà perché «adesso basta» e dirà poi, che «usi ad obbedir tacendo è ormai il motto del Senato». La seduta riprende e sono i 5Stelle a occupare i banchi del governo. Il grillino Andrea Cioffi invita a scendere oggi in piazza: «Voi vi prostituite a Renzi... ». I senatori dem reagiscono urlando.
Fuori, in piazza, ieri ha già manifestato la sinistra. Dai demoprogressisti parole di fuoco, paragonando Gentiloni a Mussolini che mise la doppia fiducia nel 1923 su un ordine del giorno e un emendamento della legge Acerbo. «Gentiloni si prepara a battere un triste primato», denuncia Cecilia Guerra, la capogruppo di Mdp e avvisa che i demoprogressisti escono formalmente dalla maggioranza.
I capigruppo di Mdp, Francesco Laforgia e Guerra vanno al Quirinale a comunicarlo. Voteranno ancora no alla fiducia sulla legge elettorale. E la distanza col Pd aumenta. Tanto più che Renzi definisce la fiducia «un atto assolutamente legittimo. Questa legge elettorale consentirà ai cittadini di scegliere i parlamentari, il resto sono chiacchiere».
Strada tracciata quindi per il Rosatellum con la prima delle cinque fiducie oggi alle 14, dopo la discussione generale - in cui interverrà il presidente Napolitano - e voto finale domani. I numeri al Senato creano sempre una certa suspence. Ma chi tiene il pallottiere per conto del Pd, di Ap e di Forza ltalia e Lega - alleati nel Rosatellum - sostiene che non dovrebbero esserci problemi.
Di certo ampia la maggioranza sul voto finale, ma i numeri ci sono anche sulle fiducie. Qualche incertezza sul numero legale, che è necessario perché il voto sia valido. Se ci sono assenze giustificate però si abbassa il quorum. E i forzisti si stanno organizzando in modo che una decina siano in congedo. FI e Carroccio non partecipano alla fiducia, tuttavia qualcuno di loro può essere di volta in volta strategicamente presente.
I verdiniani fanno sapere che voteranno la fiducia e sono in 13 (uno è malato). Alcune defezioni nel Pd. Vannino Chiti, Claudio Micheloni, Luigi Manconi, Walter Tocci non la votano la fiducia. Massimo Mucchetti ancora non ha deciso. Il leader leghista Salvini: «Prima passa e prima si va a votare».