Giacomo Amadori per la Verità
A Firenze è sbarcato 30 anni fa insieme con il padre muratore. Oggi il quarantanovenne barlettano Luigi Dagostino è considerato uno degli imprenditori più chiacchierati del cosiddetto Giglio Magico. Il suo nome ha iniziato a girare sui giornale quando scelse come consulente per una delle sue aziende Tiziano Renzi e successivamente aprì con lui una piccola società. Ora è indagato dalla procura del capoluogo toscano insieme ad altre 6 persone, comprese la compagna Ilaria Niccolai e il renzianissimo costruttore Andrea Bacci per presunti reati tributari. Ma lui in questa intervista si difende e rifiuta l'etichetta di imprenditore pro Matteo: "Al referendum ho votato No", rivendica
Intanto il suo nome si intreccia con l' inchiesta milanese sull' ex consulente fiscale e responsabile immobiliare del gruppo Kering, il quarantaduenne Carmine Rotondaro. Questi sarebbe sospettato di reati fiscali, mentre la sua vecchia azienda avrebbe scoperto irregolarità nella compravendita dell' outlet di Sanremo.
Dagostino che cosa avete combinato in Liguria? In nove mesi il prezzo del terreno e delle prime strutture è schizzato da 3,5 milioni a 10. Lei personalmente ha acquistato l' area a 4,5 e dopo pochi mesi un suo socio l' ha rivenduta alla Kering ad almeno 10.
«Per la verità io l' ho lasciata per 6 alla società lussemburghese del mio amico Andrea Moretti e lui ha ceduto l' intera società a un soggetto estero che l' ha rivenduta a Kering. Dietro al soggetto estero credo ci fosse Rotondaro».
Sta dicendo che Rotondaro faceva la cresta?
«Sembra che in base a un audit interna avrebbe intascato 20-30 milioni gonfiando i prezzi degli immobili. Ma da consulente non so se sia un reato. Ora non idea di dove sia finito Carmine. Non lo sento da ottobre».
Si dice che la Kering lascerà l' impresa di Sanremo.
«I francesi sono arrabbiati, ma siccome hanno buttato là dentro 25 milioni finiranno i lavori. Sicuramente l' operazione complessiva sarà rivista e ridimensionata.
Anche perché molti marchi importanti stanno lasciando gli outlet».
Nell' operazione rivierasca erano coinvolti anche l' ex presidente di Etruria Lorenzo Rosi e l' ex consigliere Luciano Nataloni, entrambi indagati ad Arezzo. È vero che lei ha fatto fuori Nataloni?
«Ci è rimasto male perché voleva una quota gratis della società, come è solito chiedere, avendo avuto l' idea iniziale...».
E Rosi?
lorenzo rosi pier luigi boschi
«Lorenzo è un persona perbene. Ha avuto la sfortuna di fare il presidente di Banca Etruria negli ultimi otto mesi. Pensava di aver trovato l' Eldorado e invece alla fine ha preso 250.000 di stipendio e ne ha pagati 450.000 di multe. Ha dovuto persino vendere casa...».
E lei lo ha aiutato?
«Lo conosco da vent' anni e ho cercato di farlo lavorare quando è caduto in disgrazia. Per questo l' ho nominato amministratore di tre mie immobiliari, compresa quella che gestiva Sanremo. Poi la cosa si è saputa e lui per non danneggiarci, visto che ci davano addosso per la storia di Etruria, ha dato le dimissioni. Oggi resta consulente per un' operazione legata all' outlet ligure».
Quale?
«Stavamo per comprare un terreno e costruire dei capannoni. Un affare da 6.000.000 di euro. Ma se Kering ridimensiona il progetto lasceremo perdere».
Con l' altro consulente, Tiziano Renzi, come procede?
«Abbiamo dovuto lasciarlo a " casa dopo che sono uscite le notizie sulla sua collaborazione. Doveva occuparsi dell' incoming e ha partecipato a due soli incontri con le amministrazioni locali di Sanremo e Fasano. Alla fine non l' ho nemmeno pagato».
In compenso insieme avete fondato la Party per organizzare eventi negli outlet...
«La Party non ha fatturato niente e io, dopo le prime polemiche mediatiche, ho pagato 5.000 ero per chiuderla».
L' idea a chi era venuta?
«A entrambi. Negli outlet si fidano di me, mentre Renzi viene visto un po' come un pasticcione. Tiziano mi ha detto: "Facciamo una società insieme, la seguo io e dividiamo l' utile". Ma stiamo parlando di poche migliaia di euro».
Immagino ci sia rimasto male quando ha deciso di chiuderla...
«Ci è rimasto male sì, ma non è che a me servisse guadagnare i 20.000 euro della Party».
Come ha conosciuto babbo Renzi?
«A Rignano e Reggello ci saranno 20 aziende e noi con l' outlet abbiamo cercato di farle lavorare tutte. L' aziendina di Tiziano mi montava i gonfiabili per i bambini, realizzava l' evento di Natale con la carrozza e i cavalli. Faceva queste puttanate qua. Ci siamo conosciuti così».
Poi lo ha coinvolto nella storia degli altri due centri commerciali...
«Me lo ha chiesto lui. E io ho accettato. In fondo a Reggello aveva lavorato bene. In Liguria aveva un' esperienza decennale con la distribuzione dei giornali e ci disse: "Io conosco tutto il giro delle navi e vi posso dare una mano". Ma non mi ha portato nessun vantaggio».
E allora perché se lo portava dietro?
«Non lo so nemmeno io. Il sindaco di Fasano era pure di Forza Italia».
È sicuro che Renzi padre non fosse per lei un passpartout?
«Ma a Sanremo neanche sapevano di chi fosse il padre e come socio non ha un euro...».
In realtà la sua società fattura 6.000.000 di euro
«Da quando il figlio è diventato presidente del Consiglio, qualcuno gli dà da lavorare».
Renzi senior conosceva Rosi?
«Li ho presentati io...».
Quando lo ha sentito l' ultima volta?
«Per gli auguri di Natale, ma non lo vedo da tre -quattro mesi...».
Lei intanto continua a lavorare con la Kering....
«Quando Moretti ha venduto alla Kering la società lussemburghese che possedeva l' outlet , in pancia aveva anche il contratto di general contractor con me>
Quindi lei ha gestito gli appalti?
«Esattamente».
E ha scelto come costruttore Andrea Bacci, l' uomo che " ha restaurato la casa dell' ex premier e che ora rischia il fallimento.
«A Bacci ho dato il primo appalto quattro anni fa a Reggello e mi sono trovato bene. È un tipo un po' estroso, ma non è una cattiva persona, anche se è un po' un quaquaraqua».
Ora è indagato e rischia il fallimento. Secondo lei ha fatto qualche pasticcio?
«Con la Coam (l' impresa edile che sta costruendo l' outlet di Sanremo, ndr) sì. Lui si è intestardito con la Lucchese calcio e, acquistandola, ha perso tanti soldi. Si è rovinato perché gli piace essere chiamato presidente e stare al centro dell' attenzione. Bacci è un po' vittima di Renzi: l' ex premier lo ha usato quando gli serviva, magari promettendogli qualche poltroncina e poi...».
Si dice che dovesse andare a fare il presidente di Telekom Sparkle...
«Secondo me è un cazzata. Andrea non è in grado di stare là. Per me il governo ha fatto uscire la notizia per bruciarlo».
È stato uno dei primi finanziatori di Renzi...
«Così dicono, ma di privilegi non ne vedo».
Lei ha mai dato soldi alle fondazioni di Matteo?
«Nemmeno se mi prega in ginocchio. Dal punto di vista politico siamo agli antipodi. A me ha fatto solo un danno con il suo amico Marco Carrai».
In che senso?
«Con Carrai ho litigato otto nove fa, l' unica volta in cui l' abbia visto. Avevamo vinto l' appalto per un immobile della Firenze parcheggi e lui, neo presidente, annullò tutte le gare. Con il nuovo corso voleva rifarle tutte. Siamo ancora in causa. Secondo me è lui il furbettino della situazione».
Nel Giglio magico dicono abbia un qualche peso...
«Quello non è pesante, è pesantissimo».
Matteo Renzi lo conosce personalmente?
«L' ho incontrato una volta da sindaco o nel mio caffè davanti a Palazzo Vecchio, il Rivoire, quando viene a prendere il caffè...».
La destra fiorentina sostiene che lei abbia comprato a prezzo di favore il teatro comunale cittadino.
«L' ho pagato 21 milioni di euro in una gara pubblica in cui mi sono presentato da solo. Dove è il favore?».
Adesso è accusato di evasione e fatture false...
«Ma se sono uno dei più grandi contribuenti della Toscana. Dichiaro 1,6 milioni di euro l' anno personalmente. Con la mia ex moglie e la mia compagna paghiamo più di 3 milioni netti di tasse. Altri sette li verso con le mie società».
Anche con quelle lussemburghesi, cipriote, inglesi?
«Quelle sono della famiglia Moretti e in particolare del mio socio Andrea. Lui risiede all' estero come i due fratelli. Io non ho società fuori dall' Italia, salvo una controllata da un' omonima ditta italiana».
Molte quote della sua Dil Invest sono in mano a due ditte di Panama...
«Quelle sono di un investitore svizzero, se vuole glielo presento. Non le do i documenti, ma glielo faccio conoscere».