1. CAMERON VARA IL NUOVO GOVERNO E COMINCIA A NEGOZIARE CON L’UE
Leonardo Maisano per www.ilsole24ore.com
Chiusa la partita elettorale, David Cameron parte per la campagna d'Europa e sgrana il rosario di un nuovo governo al femminile. Le sorprese arrivano subito con l'esclusione del sindaco di Londra Boris Johnson – considerato leader in waiting del partito conservatore – dalla lista dei ministri. Parteciperà alle riunioni governative sulla strategia di esecutivo e partito, ma non avrà un dicastero, per la semplice ragione – è stato fatto notare – che «l'impegno di gestire la capitale non gli consente di assumersi di altri gravosi incarichi».
Decisa è, invece, l'accelerazione per giungere a un gabinetto più equilibrato fra donne e uomini. Priti Patel diventa ministro per l'occupazione, mentre Amber Rudd assume quello dell'energia, considerato un posto - chiave per la congiuntura britannica. All'industria andrà Sajid Javid, ma sono l'elevazione di Michael Gove a ministro della giustizia e del Cancelliere George Osborne al rango di vice premier “di fatto” con il mandato sul negoziato europeo, le mosse fino ad ora più significative.
Il confronto con l'Unione per spuntare muove condizioni di adesione è già cominciato. Il primo ministro ha parlato con molti leader dell'Ue e oggi si confronta con il 1922 Committee, componente importante del partito che conta numerosi euroscettici. Illustrerà alla base parlamentare la linea di questa seconda legislatura che sarà, comunque, sotto il segno dell'Europa. David Cameron è stato esplicito, nelle interviste del week end, nel precisare che «le trattative cominceranno subito».
Su un'agenda, vale la pena di precisarlo, sconosciuta perché Londra fino ad ora non ha elencato le deroghe che intende richiedere. Eccetto che sulla circolazione intracomunitaria dove insiste per frenare, o quantomeno regolamentare, l'immigrazione dai paesi partner dell'Ue. È una richiesta che sbatte con le regole del mercato unico e che ha già incontrato un muro di “no” dalle capitali dell'est europeo come riportato oggi dal Financial Times.
Il passaggio è delicato e David Cameron sa bene che a rischio è la tenuta stessa del Regno Unito. Se Londra dirà addio a Bruxelles è molto probabile che Edimburgo faccia lo stesso nei confronti di Londra in uno scenario di dissoluzione inimmaginabile fino a qualche tempo fa. Il nuovo governo ha promesso di porre grande attenzione al caso scozzese dove Nicola Strugeon, leader dell'Snp che ha vinto 56 dei 59 seggi parlamentari a disposizione, ha già fatto sapere che con Londra «non sarà più business as usual». In altre parole la Scozia presenta fin d'ora il conto del trionfo elettorale.
La «più dolce vittoria» come David Cameron ha definito il successo di giovedì scorso, si rivela già irta di ostacoli e trappole, temperata solo dalla consolazione che il grande oppositore laburista è oggi alla sbando, incerto com'è se tornare al New Labour di Tony Blair. Oppure insistere, sorprendentemente, sulla linea più radicale promossa da Ed Miliband e appena bocciata dagli elettori.
2. MA BORIS IL RUSSO NON SI ARRENDERA’: LA CORSA NEI TORY E’ APPENA ALL’INIZIO
John Lloyd per “la Repubblica”
Se salta fuori il nome Boris, quando qui si fanno due chiacchiere, tutti sanno immediatamente di chi si sta parlando. Oltre a David Cameron esistono molti David, così come esistono molti Ed oltre Ed Miliband. Ma di Boris ne esiste uno solo. In parte ciò dipende dal fatto che Boris è un nome comune in Russia, ma di sicuro non comune in Gran Bretagna. In misura maggiore, ciò dipende dal fatto che Boris Johnson è tra le figure politiche più note del paese.
È intelligente, spassoso, trasandato, alquanto a destra, e ha avuto molte relazioni alle quali è sopravvissuto senza lasciarsi dietro uno strascico esagerato di brutti articoli in una cultura famigerata per i suoi tabloid. È ancora sindaco di Londra, ma adesso è tornato anche in Parlamento dopo una pausa di sette anni. Si suppone che voglia diventare primo ministro e tale supposizione probabilmente è vera, anche se non l’ha confermata. È fedele a David Cameron e dice di voler soltanto mettersi al servizio dei britannici.
Potrà diventare leader del partito conservatore? E, più importante ancora, ha qualche possibilità di diventare primo ministro? È diventato famoso, o famigerato, sulla ventina, quando lavorò come giornalista del “ Daily Telegraph” e per buona parte di quegli anni fece il corrispondente da Bruxelles. Lì inventò un giornalismo euro-scettico di tipo particolare, una specie di stile postmoderno, grossolanamente gonfiato e sensazionalista, ma con l’aria di non parlare mai sul serio, come se lo scrittore si divertisse a scherzare a spese dei lettori.
Molto di quello che scriveva era semplicemente falso, ed è alquanto probabile che sapesse che per lo meno un po’ di quello che scriveva era falso. Dietro tutto ciò, però, Boris seppe individuare qualcosa di vero: la profonda diffidenza che nel Regno Unito la destra (e non solo la destra) nutre nei confronti dell’Ue. In tutta sincerità, si trattava del fatto che l’Ue aveva promesso una “unione maggiore”, il che in ultima istanza significava un governo centralizzato a Bruxelles. Si divertì con questo stile di reportage ed ebbe molti appassionati lettori, tra i quali Margaret Thatcher, l’allora primo ministro.
Il fascino di Boris è grande e supera senza problemi i confini nazionali e le barriere linguistiche. Alcuni anni fa, quando lo invitai, accettò di parlare a una conferenza per i giornalisti russi a Mosca che avevo contribuito a organizzare, e la sua fu una performance straordinaria. Rivolgendosi a metà pomeriggio a 150 giornalisti, esordì così: «Intendo parlarvi della salsiccia britannica».
Proseguì dicendo che la salsiccia curva era stata messa al bando dalla Commissione Europea, che aveva prescritto che dovesse essere dritta. A Boris bastarono cinque minuti soltanto e conquistò tutti: i giornalisti scoppiarono a ridere e lo applaudirono, e la maggior parte di loro nemmeno parlava inglese. A fare la differenza, in questo caso linguistica, fu la sola forza della sua brillante personalità.
Per sette anni è stato sindaco di Londra, ed è stato un sindaco abbastanza buono: ha incoraggiato le industrie, ha celebrato e promosso la diversità etnica della città, ha reso ancora più popolare andarsene in giro in bicicletta, ha rimesso in circolazione i famosi autobus a due piani che erano stati sostituiti a poco a poco. Resterà sindaco fino all’anno prossimo, pur facendo il parlamentare.
Anche Osborne è all’apice della sua fama. Come Cancelliere è stato l’artefice principale del programma economico che ha dato vita a una robusta crescita al momento giusto, prima delle elezioni. Peccato solo che in pubblico se la cavi mediocremente. Oltretutto, a parte la base che sostiene Cameron, all’interno del partito non gode dell’appoggio di molti.
Il primo ministro ha detto che per ciò che lo riguarda non resterà in carica fino allo scadere del suo mandato quinquennale, ma che lascerà subentrare il suo successore anticipatamente, così che sia lui a portare il partito alle elezioni del 2020. Tra cinque anni, però, le cose potrebbero stare diversamente. La memoria ha le gambe corte: forse la gloria di questa settimana sarà solo un ricordo lontano.
IL SINDACO DI LONDRA BORIS JOHNSON RIMASTO BLOCCATO SULLA TELEFERICA DI VICTORIA PARK jpeg
Ecco, quello potrebbe essere il momento giusto di Boris. Sarebbe un buon primo ministro? La sua intelligenza non si discute, ma la sua concentrazione e la sua capacità di afferrare i dettagli sono meno sicure. Tuttavia, anche Tony Blair non era granché attento ai dettagli eppure ha vinto tre elezioni. Gordon Brown, che amava i dettagli, ha perso l’unica elezione svoltasi quando era lui leader. Boris un giorno potrebbe davvero occupare la poltrona più importante e chissà che non riesca a evitare che Bruxelles raddrizzi la salsiccia britannica.
(Traduzione Anna Bissanti)
BORIS JOHNSON Il sindaco di Londra Boris Johnson in metro