TRISTE, SOLITARIO Y BAFFINO - D’ALEMA S’È VISTO SFILARE IL “SUO” PARTITO, I SUOI EX AMICI APPOGGIANO RENZI, È STATO BOLLATO COME UNICO COLPEVOLE DEL DISASTRO A SINISTRA E NON SARÀ “RICICLATO” IN EUROPA

La guerra di D’Alema a Matteuccio è l’accanimento terapeutico del più comunista dei piddini, che non accetta i giardinetti - Baffino sognava di presiedere il Parlamento di Strasburgo, o almeno una candidatura alle Europee: ma ora con Renzi segretario del Pd può prenotare la panchina ai giardinetti…

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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

«Se è la guerra che vuole, la avrà»: raccontano che la visione di Renzi a Che tempo che fa abbia colpito D'Alema come e più di uno schiaffo in pieno viso. «Sono stato aggredito da quello lì - ha raccontato poi agli amici - e non sono nemmeno io il candidato. Che c'entro? Sono l'unico a essere menato, come se fossi stato l'unico a guidare il centrosinistra, perché gli altri dov'erano? Dov'erano i Veltroni, i Prodi, i Fassino? Eppure sono sempre io quello che viene attaccato».

DALEMA E RENZIDALEMA E RENZI

E ancora: «Mi dicono chi te lo fa fare? Stattene tranquillo? Non replicare? Ma io sono un uomo di convinzioni profonde, che quando crede a qualcosa combatte. Amo la lotta politica. Quando uno si batte per le proprie convinzioni non c'è nulla di più appagante. Marx diceva: la felicità è la lotta e io non ci rinuncio».

Poi, come se non bastasse, c'è stato anche quel tweet in cui Cuperlo sembrava prendere le distanze dal suo massimo sponsor. Modificato qualche tempo dopo. Pare che lo abbia scritto il suo staff e non lui medesimo. Quale che sia la verità ci ha dovuto mettere una pezza: «Sennò venivo frainteso».

Chi sa bene di che pasta sia fatto l'uomo D'Alema spiega: «Massimo si sente il difensore del Pci, l'erede testamentario di quel partito ed è chiaro che il nuovismo renziano non può piacergli. Era convinto che Cuperlo vincesse almeno tra gli iscritti. Non è così. E ora si sente come uno a cui abbiano sfilato dalle mani le chiavi della "ditta"».

MASSIMO DALEMAMASSIMO DALEMA

Eppure proprio molti di coloro che hanno lavorato con D'Alema sia al partito che a Palazzo Chigi adesso fanno il tifo per Renzi. Tre di loro - Fabrizio Rondolino, Massimo Micucci e Claudio Velardi - hanno anche creato un blog, The front page in cui spesso e volentieri sbeffeggiano gli avversari del sindaco e, comunque, amano andare contro corrente in politica. Spiega il primo, Rondolino: «Renzi mi piace perché mi ricorda il D'Alema del periodo che va dal ‘96 al ‘99, quello che voleva un "Paese normale", quello che sfidava Cofferati sul campo dell'innovazione».

Ed era dalemiano anche Nicola Latorre, che pure aveva provato a convincere l'ex premier a non prendere così di punta il sindaco , all'inizio dell'avventura renziana, quando per la prima volta il «Rottamatore» fece capire che puntava ormai alla segreteria: «Mica vorrete dare il partito a quello?», fu allora la risposta di D'Alema. Il quale, con tutta evidenza, è rimasto dello stesso avviso.

MATTEO RENZI ALLA LEOPOLDAMATTEO RENZI ALLA LEOPOLDA

Ora Latorre spiega: «Massimo è rispettabilmente ma inguaribilmente comunista e fa fatica a fidarsi di uno come Renzi». Eppure c'è stato un tempo in cui le cose non andavano così. Nel maggio del 2009, per esempio, tra il fiorentino e D'Alema era tutto un sorriso e uno scambio di complimenti. Come testimonia un pubblico incontro tra i due a Firenze. Dà il via al minuetto Renzi: «La presenza di Massimo oggi ci dà la carica». E il Massimo in questione: «Matteo è come un ciclista in fuga, con il gruppo a un'ora di distanza».

Passano gli anni e i rapporti peggiorano. Renzi a maggio del 2012 pensa di candidarsi alle primarie per la premiership in vista delle elezioni politiche e avvia la grande campagna della rottamazione. Tra i suoi bersagli preferiti c'è D'Alema: «Se ne deve andare chi appartiene a una classe dirigente che ha sempre fatto perdere il centrosinistra. Adesso basta: non si deve fare politica a vita, si può anche andare in pensione».

GIANNI CUPERLOGIANNI CUPERLO

È chiaro che l'ex presidente del Consiglio non la prende bene. Peraltro è anche contrario al fatto che Bersani modifichi lo statuto e consenta al sindaco di correre alle primarie contro di lui. Ma quando Renzi perde, D'Alema viene rottamato e il Pd non vince le elezioni, l'undici aprile del 2013, l'ex premier varca il portone di palazzo Vecchio per incontrare il sindaco.

Cinquanta minuti in cui i due se le dicono con franchezza, ma si trattano con rispetto reciproco. E da quel giorno sembra che i rapporti migliorino. D'Alema parla a Renzi della sua idea di candidarsi alle europee e del suo sogno di presiedere il Parlamento di Strasburgo, mentre pubblicamente lancia la candidatura del sindaco alla presidenza del Consiglio: «È lui l'uomo giusto, quello che può farci vincere».

Claudio VelardiClaudio Velardi

Ma Renzi a giugno lascia intendere di essere interessato alla segreteria, visto che palazzo Chigi è occupato. Ed è a quel punto che D'Alema riparte lancia in resta contro di lui. Il sindaco gli replica a brutto muso: «Non ho bisogno del tuo permesso per candidarmi». E i maligni sostengono che con Renzi segretario l'ex premier tema anche per il suo futuro alle europee...

Nicola LatorreNicola Latorre

 

RONDOLINO E VELARDIRONDOLINO E VELARDI

 

 

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