Marco Bresolin per ''la Stampa''
Secondo la Commissione europea, i 750 miliardi di debito generati dal Recovery Plan non andranno restituiti ai mercati prima del 2028. Dunque c'è tutto il tempo necessario per discutere e negoziare le nuove tasse europee che serviranno a ripagarlo. Ma il governo tedesco non è d'accordo. Il rimborso agli investitori - sostiene Berlino - deve iniziare già durante l'esercizio 2021-2027 e dovrebbe terminare ben prima del 2058, data di scadenza ultima fissata dall'esecutivo Ue per la restituzione dei prestiti. È per questo che la Germania vuole accelerare con la discussione sulle risorse proprie del bilancio Ue: il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha fatto sapere che solleverà la questione durante l'Ecofin in agenda oggi.
Ma nelle riunioni preparatorie sono già emerse parecchie resistenze. Nella proposta della Commissione, le nuove imposte "green" giocano un ruolo chiave. La Plastic Tax potrebbe portare fino a 6,6 miliardi di euro l'anno nelle casse Ue grazie a un contributo di 80 centesimi per ogni chilo plastica non riciclata che finisce in discarica. Non sarebbe a carico dei singoli contribuenti, ma degli Stati: Francia in primis (1,37 miliardi secondo le stime), seguita da Germania (1,32 miliardi) e Italia (836 milioni). Polonia e Grecia sono scettiche perché la considerano «una tassa regressiva»: nei prossimi anni il consumo di plastica diminuirà e di conseguenza caleranno gli introiti.
Lo stesso discorso vale per l'imposta sugli utili generati dallo scambio delle quote di emissioni: Bruxelles vuole ampliarla al settore aereo e marittimo per incassare fino a 10 miliardi di euro. Ammesso che Malta, Romania e Bulgaria - tra i Paesi più contrari - diano il loro via libera. C'è qualche spiraglio in più per la cosiddetta Carbon Tax, il meccanismo per colpire l'import di beni prodotti in Paesi extra-Ue con vincoli ambientali meno rigidi. Varrebbe tra i 5 e i 14 miliardi di euro. La Commissione punta poi a raccoglierne altri 10 da una nuova imposta sulle multinazionali che operano nel mercato unico: si tratta di 70 mila imprese che hanno un fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro.
Potrebbe sostituire definitivamente il progetto della base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società: l'idea di applicare un'aliquota del 3% sugli utili imponibili in ciascuno Stato membro non ha ancora trovato l'unanimità necessaria. Ma non è affatto scontato che la nuova versione pensata per le multinazionali abbia più successo, visto che Paesi come Malta, Irlanda, Cipro e Olanda continuano a puntare i piedi.
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E rischia di sbattere contro gli stessi ostacoli la Web Tax: la Commissione aveva proposto un prelievo del 3% sul fatturato (non sugli utili) dei colossi del web con volume d'affari globale superiore ai 750 milioni di euro (incasso previsto: 5 miliardi l'anno). Diversi Stati avevano detto "No", per questo ora si sta cercando una soluzione a livello Ocse. In assenza di risultati concreti entro fine anno, Bruxelles promette che tornerà alla carica. Con il rischio di ritrovare le stesse resistenze interne.