AMORI E BOLLORI DI MAURIZIA CACCIATORI – “IO TURBOLENTA IN AMORE? HO AVUTO SOLO 4 O 5 UOMINI, LE NOZZE ANNULLATE A 10 GIORNI DALL’ALTARE CON POZZECCO? GLI HO SALVATO LA VITA" – LE CONFESSIONI DELLA REGINA DEL VOLLEY: "L’ORGIA CON GLI HOCKEISTI ARGENTINI E LA STORIA “TORBIDA” CON LO SPADISTA PAOLO MILANOLI? BUFALE – LA SEPARAZIONE CON IL CESTISTA SPAGNOLO SANTIAGO TOLEDO? MOTIVI PERSONALI" - QUELLA VOLTA CHE A 'MISS ITALIA' CON POZZECCO TIRARONO LE NOCCIOLINE AD ALBERTO SORDI...

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Flavio Vanetti per il “Corriere della Sera”

 

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Maurizia Cacciatori, con una donna non si dovrebbe mai parlare di età. Ma nel suo caso, nel 2023, è in arrivo una certa scadenza...

«I cinquant' anni, intendete? Non ci penso. Ho sempre dichiarato con serenità la mia età: non ho paura del tempo che passa, temo di più come lo seguo. Si avvicinino pure i 50: sono orgogliosa e realizzata. Con il volley ho smesso a 33 anni, la vita è fatta di cicli e io volevo una famiglia».

 

Ora è speaker motivazionale e parla alla platea delle aziende.

«La mia è la storia di chi ci prova, ci mette la faccia, cade e si rialza. Le aziende dovrebbero essere dei team straordinari: molte lo sono, tante no. Quindi affronto temi come leadership, valore del gruppo, gestione dei cambiamenti».

 

Lei ha detto: «Le coppe si vincono in allenamento».

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«E si ritirano in gara. Quello che ho conquistato l'ho vinto giorno dopo giorno, partendo dal lunedì e meritandomi il posto in squadra».

 

Maurizia Cacciatori e Francesca Piccinini, simboli di un'era del volley. Chi è stata più iconica?

«Non saprei. Francesca ha giocato più a lungo di me, però io sono arrivata prima: l'ho vista diventare donna. Ero una sorella maggiore? Sono stata una compagna che ha aiutato una giovane a inserirsi. Poi lei è stata straordinaria».

 

Mai uno screzio tra di voi?

«Mai, a parte le discussioni su qualche giocata: ciascuna aveva il suo mondo. Se dovessi indicare con chi non andavo d'accordo, farei una lista lunga. Ma la "Franci" non c'è. Ho avuto una compagna discreta e dai bei modi, mi è piaciuta come persona e ancora oggi ci sentiamo».

 

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Francesca nel 2002 ha vinto un Mondiale dal quale lei è stata esclusa. Ha perdonato Marco Bonitta, il c.t. che non la volle?

«Ora lo ringrazio. Vedevo tutto con occhi diversi: andavo agli Europei, ai Mondiali, ai Giochi, mai ero in discussione. Quando fui lasciata a casa, in modo inatteso, ho capito che si è in equilibrio tra momenti esaltanti e cadute».

 

Qualche anno dopo la squadra si ribellò e Bonitta fu sostituito.

«Marco aveva avuto atteggiamenti duri e le giocatrici avevano reagito. Le mie ex compagne sono state coraggiose».

 

A Sydney 2000 siete state ribattezzate le «veline» di Frigoni, il c.t. dei Giochi.

«Era la nostra prima Olimpiade, avevamo fatto mille sacrifici: sentire quelle cose ci ha fatto arrabbiare. Oggi, ripensandoci, me ne infischio, ma all'epoca non avevamo la saggezza per lasciar correre».

 

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Le piacerebbe essere nella Nazionale di oggi?

«Poco. Primo: è il momento di queste ragazze, se lo godano. Secondo: penso alla famiglia e a quello che devo fare. Però invidio la palleggiatrice che alza per giocatrici dal talento immenso».

 

Paola Egonu è una stella: eppure non si parla troppo di lei e poco delle altre?

«Paola è un esempio, per come gioca, per come si apre alle persone. I fari sono su di lei, ma le altre dovrebbero avere il coraggio di esporsi: vestire l'azzurro comporta una responsabilità in termini di comunicazione».

 

Torniamo alla sua Nazionale. Un bel giorno arrivò Julio Velasco e cambiarono molte cose.

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«Julio proveniva dai trionfi con gli uomini, noi eravamo preoccupate di non essere all'altezza. Velasco non ha migliorato la tecnica ma l'anima della squadra: ci ha liberato da alibi, insicurezze, dinamiche perdenti».

 

Vi ha anche abituato a non essere schizzinose a tavola.

«In una trasferta ci servirono la lingua di bue. Sorridemmo, per dimostrarci disponibili al "salto culturale". Però in camera tirammo fuori il salame portato dall'Italia. Ai miei figli, peraltro, ho insegnato a mangiare tutto: la lezione di Julio resta valida».

 

Era considerata la «pin up» del volley: orgoglio o fastidio?

«L'estetica non mi interessa, né in me né nel prossimo. Negli uomini ho preferito l'originalità. Ho sempre considerato limitato chi la metteva sul bello o sul brutto. E mi domandavo: perché non si scrive qualcosa di più intelligente?».

 

È vero che da bambina convinceva i fratelli a cedere i loro bomboloni dicendo che li avrebbe piantati nel giardino per far crescere un albero, rivisitazione della storia degli zecchini d'oro di Pinocchio?

«Verissimo. Amo i bomboloni fritti con lo zucchero. Mamma aveva il braccino corto: li comperava a ogni morte di Papa. Quando li acquistava finivo velocemente il mio e gabbavo i fratelli, più giovani e pronti a fidarsi della "capitana". Dicevo, appunto, che li avrei messi sotto la terra e che sarebbe cresciuto l'albero: invece li mangiavo. L'albero lo aspettano ancora oggi».

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La sua vita sentimentale: turbolenta?

«Turbolenta? Non direi, ho avuto solo 4-5 uomini. Ma tosti e di personalità».

 

La vicenda delle nozze annullate con Gianmarco Pozzecco a una decina di giorni dall'altare rimane il «top».

«A Gianmarco, al quale voglio ancora un mondo di bene, ho salvato la vita».

 

A suo tempo il Poz commentò: «Siamo stati due deficienti».

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«Nonostante gli anni assieme, quel matrimonio non andava fatto. Eravamo divertenti, buffi, spiritosi, ma quando si parla di famiglia le cose cambiano. Oggi riconosco, con Francesco Orsini, sposato nel 2014 e lui pure ex cestista, di avere un marito spettacolare. Siamo una bella coppia, anche se io sono una carrarina di marmo e lui un livornese di scoglio».

 

I doni delle nozze mancate furono restituite.

«Con vari errori: c'è chi aveva mandato una lampada e si è ritrovato un vaso. Qualcuno nemmeno ha avuto indietro il regalo: una figura».

 

Nei giorni di Sydney si diceva che Maurizia Cacciatori fosse concupita dagli hockeisti argentini e dallo spadista Paolo Milanoli.

«Bufale pure queste. Paolo è un amico ed è straordinario: ma stare con lui, proprio no.

Quanto agli argentini, nemmeno conoscevo il loro sport. Purtroppo al rientro è scoppiato un casino con il Poz: gli ho dovuto dare mille spiegazioni, non si convinceva. Ma avevo le compagne come testimoni».

 

Dopo le nozze saltate con Pozzecco, nel 2005 ha sposato il cestista spagnolo Santiago Toledo.

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«Sono stati quattro anni meravigliosi, la separazione è dipesa da motivi personali. Rimangono rispetto e amicizia, un giorno gli presenterò i miei figli».

 

Figli che si chiamano Carlos e Ines: la Spagna è nel cuore.

«Abbiamo anche una casa a Palma di Maiorca, dove ho concluso la carriera. Voglio che i ragazzi conoscano questo Paese, non restare solo a Livorno è un regalo per la loro crescita. Gli spagnoli hanno una leggerezza di cui a volte ho bisogno. E Palma è accogliente, cosmopolita».

 

Wendy Buffon, sorella di Gigi, è una persona per lei centrale.

«È la compagna che ha cominciato con me a Perugia, dove condividevamo casa, scuola e viaggi, perdendo un sacco di treni perché sbagliavamo le coincidenze. È la classica persona che quando rivedi dopo tanto tempo capisci che non se n'è mai andata».

 

Lei ha detto: «Diventando mamma, ho rivisto il rapporto con i genitori».

«Un figlio dà tutto per scontato e non vede ciò che fanno un padre e una madre».

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Due figli super-sportivi. Come i genitori. E come nonno Franco, ex portiere di calcio. «Carlos fa pure il triathlon, ma ama stare in porta più di ogni altra cosa, anche se Francesco l'ha avvicinato al basket: se la cava bene. Ines gioca a volley ed è formidabile.

 

 A differenza del fratello, che esce di casa alle 6.30 per la preparazione atletica, è tranquilla: gioca perché trova le amiche. Però ha entusiasmo».

 

La mamma ex pallavolista butta un occhio agli allenamenti?

 «Solo a volte. Mi sento in imbarazzo, l'allenatrice mi guarda un po' così, come se fossi lì per dire qualcosa».

 

Di nuovo una sua frase: «Io, Gianmarco Pozzecco e Andrea Meneghin siamo tre geni mancati della Normale di Pisa».

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«Andrea, amicone del Poz e a Varese compagno di squadra, è un'altra persona che stimo. Ci sentivamo liberi, di cavolate ne abbiamo combinate - una volta Poz e Menego tirarono le noccioline ad Alberto Sordi e io, da buona alzatrice del volley, indirizzavo la mira -, qua e là si è litigato, ma siamo stati puri e veri: gli atleti devono scatenare emozioni e passioni».

 

È anche quello che si chiede al Pozzecco c.t. del basket.

«Farà bene perché saprà valorizzare i giovani. C'è bisogno di trascinare i ragazzi di oggi, non concordo con chi li vede spenti e tristi: hanno un potenziale enorme».

 

Ha scritto «Senza Rete», un libro che non fa sconti.

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«Parlo poco di volley, è stato un modo per rivedere la mia vita e per pensare ai figli. Quando sono arrivati i cartoni con i volumi, ho detto a Ines: "Qui c'è il mio profumo". Ne ha aperto uno e ha obiettato: "Mamma, io non lo sento"».

 

Maurizia all'«Isola dei Famosi».

«Un'esperienza di anni fa. Ero curiosa e sicura che sarebbe stata splendida: ho avuto ragione». Ha partecipato pure a un film, «Maschi contro femmine». «Una presenza di pochi minuti, ho dato il peggio di me. Ho accettato per il cast fantastico e perché si parlava di volley, però ho mandato in tilt il regista: mi vergognavo e non mi sentivo a mio agio. Poi avevo un herpes terribile: le povere truccatrici hanno fatto gli straordinari».

 

C'è chi teme il decadimento fisico. Lei?

«Ho più paura di chi, a 50 anni, spera di avere sempre il volto di una ventenne. Ogni ruga racconta quello che sei stata».

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