I CONTROLLI? LI FACCIAMO DOPING - L’INCHIESTA PARTITA DAL CASO SCHWAZER SVELA UN SISTEMA MARCIO ALL’INTERNO DEL CONI DELL’ERA PETRUCCI: MEDICI, ATLETI, DIRIGENTI CHE AGGIRAVANO I TEST

Claudio Gatti sul “Sole” e sul suo nuovo blog “Gradozero” svela non solo la “perversa logica della riduzione del danno” del Coni, ma anche come ci fosse “un sistema colabrodo fatto solo di apparenza che lascia agli atleti malintenzionati enormi varchi per sfuggire ai controlli” - Il Coni di Malagò: “Noi non sappiamo nulla”...

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IL NUOVO BLOG DI CLAUDIO GATTI, “GRADOZERO”

 

http://gradozeroblog.it/

 

1. DIETRO QUEL DOPING C'ERA TUTTO UN «SISTEMA»

Claudio Gatti per “Il Sole 24 Ore

 

ALEX SCHWAZER SPONSOR KINDER FERRERO ALEX SCHWAZER SPONSOR KINDER FERRERO

Chi avrebbe dovuto sapere, sapeva. E chi sarebbe dovuto intervenire per impedire che il marciatore altoatesino Alex Schwazer si dopasse, non solo non è intervenuto ma lo ha addirittura favorito. È questa la clamorosa conclusione a cui si arriva leggendo le oltre 400 pagine di avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato qualche settimana fa agli avvocati di Schwazer e a quelli dei medici federali Giuseppe Fischetto e Pierluigi Fiorella e dell'ex dirigente Fidal Rita Bottiglieri.

 

Ma la Procura di Bolzano non si è limitata a puntare il dito su quelle quattro persone. Ha fatto molto di più, lanciando una pesantissima accusa all'intero sistema sportivo italiano. Dalla lunga e meticolosa indagine, coordinata dal procuratore Guido Rispoli e condotta dal sostituto Giancarlo Bramante con il supporto investigativo del Ros di Trento, con il tenente colonnello Michael Senn e il maresciallo capo Alessandro Fontana, assieme ai Nas di Firenze e di Trento, è infatti emerso che nell'epoca in cui il Coni era presieduto da Gianni Petrucci il sistema anti-doping ha fatto acqua da tutte le parti.

ALEX SCHWAZER SPONSOR FERRERO ALEX SCHWAZER SPONSOR FERRERO

 

Non solo, abbiamo anche appreso che nelle rare occasioni in cui hanno rischiato di finire nelle seppur larghissime maglie della rete anti-doping, atleti di punta sono stati puntualmente aiutati a uscirne indenni. Per fare nomi e cognomi, a parte Schwazer si parla degli staffettisti che nel 2010 hanno vinto l'argento nella 4x100 agli Europei di Barcellona e del velocista/saltatore Andrew Howe.

 

L'atto di accusa che emerge dalle carte di un'inchiesta condotta da un team di Carabinieri di due reparti e due città diverse, mette a nudo un intreccio di interessi e connivenze sportive ed economiche (vedi box su Asics) che fa inevitabilmente tornare a mente l'epoca buia del "doping di Stato", quando il professore ferrarese Francesco Conconi era sotto contratto del Coni per sperimentare sostanze o tecniche di "potenziamento artificiale" della performance atletica.

alex schwazer carolina kostner alex schwazer carolina kostner

 

«Dopo la vicenda Conconi, in cui Coni e federazioni sono stati colti con le mani nel sacco, il sistema è cambiato. La scelta dei vertici è stata quella del sbrigatevela da soli, noi non vogliamo sapere niente», sostiene Alessandro Donati, consulente dell'Agenzia antidoping mondiale, Wada, e recente autore del libro Lo sport del doping - Chi lo subisce, chi lo combatte. «Non a caso Schwazer è stato beccato dalla Wada e non dalla Fidal o dal Coni».

 

schwazer schwazer

Dopo la clamorosa confessione televisiva di Schwazer, i dirigenti sportivi hanno fatto a gara a chi si dichiarava più sorpreso. A partire da chi aveva la più diretta responsabilità, e cioè il medico Giuseppe Fischetto, responsabile sanitario della Fidal: «Nulla era mai trapelato, né ci era stata mai comunicata (...) la collaborazione "parallela" dell'atleta con il Dr. Ferrari", ha scritto il Dott. Fischetto in una lettera al presidente della Fidal riferendosi al medico ripetutamente accusato di doping e bandito dalle autorità sportive dal quale Schwazer aveva ammesso di essere stato seguito.

 

Ma non era affatto così. Vittorio Visini, tecnico federale della marcia dal 2000 al 2012, ha ammesso che la Fidal aveva appreso di contatti tra Schwazer e Ferrari già nella primavera del 2010, dopo un raduno a Teide, nelle Isole Canarie: «Io ho riferito a Fischetto, al Direttore tecnico Uguagliati e a Rita Bottiglieri che Ferrari era presente e che (a Teide) il dottore e il marciatore si erano parlati». Contattato da Il Sole 24 Ore, il Dottor Fischetto ha negato di aver mai saputo che il marciatore si fosse incontrato con Ferrari a Teide: «A me questo non risulta... altrimenti mi domanderei come mai gli altri non lo hanno denunciato?».

SCHWAZER SCHWAZER

 

Se lo sono domandati anche gli inquirenti. Ed ecco come ha risposto Visini: «Ritengo di aver fatto il mio dovere e di aver sufficientemente allertato chi si sarebbe dovuto attivare». Il dirigente Fidal ritiene di aver fatto il proprio dovere anche l'anno successivo, quando Schwazer chiese nuovamente alla Federazione di pagargli un viaggio/training a Teide nonostante fosse una destinazione fino al 2010 mai scelta e lui non ritenne ci fosse alcun problema. «Il fatto che nel 2010 avessero avuto luogo degli incontri tra Schwazer e Ferrari non voleva dire che anche per il 2011 fosse stata scelta quella location per rinnovare le sedute con Ferrari», ha spiegato.

SCHWAZER SCHWAZER

 

A Il Sole 24 Ore Rita Bottiglieri ha dichiarato di non avere «nessuna intenzione di rilasciare dichiarazioni», ma anche lei ha dichiarato di aver «sempre rispettato le regole».

 

Resta il fatto che nel rispetto del proprio dovere e delle regole, nessuno ha fatto nulla. Non lo sostiene solo la procura, ma lo stesso direttore tecnico della Fidal Uguagliati, che nella sua deposizione sugli incontri tra Schwazer e Ferrari a Teide dice: «La comune conoscenza di questo fatto (...) ci portò a discuterne insieme. Sulla scorta di queste discussioni io non ho preso provvedimenti. Non mi risulta che nessuno ne abbia presi. Semplicemente, decidemmo di non fare nulla».

ANDREW HOWE ANDREW HOWE

 

Per la procura quello è «il punto di non ritorno, quello cioè oltre il quale più nessuno in Federazione, nel suo entourage e nella sua società di appartenenza può ignorare il grave rischio doping che grava sull'atleta».

 

Ma torniamo ai medici federali: Fischetto non era l'unico ad avere avuto motivo di pensare che Schwazer si dopasse. Anche Pierluigi Fiorella, responsabile sanitario di fondo e marcia, aveva tutti gli elementi per sospettarlo. «Io ho ripetutamente detto a Fiorella, a Visini e agli altri tecnici della nazionale di marcia che a mio giudizio Alex si dopava. Ma mi invitarono sempre a "non pensar male" e soprattutto a farmi i fatti miei», rivela a Il Sole 24 Ore Ivano Brugnetti, medaglia d'oro nella 20 km ad Atene.

GIANNI PETRUCCI GIANNI PETRUCCI

 

A Il Sole 24 Ore, il Dottor Fiorella ha detto di non voler rilasciare dichiarazioni finché non avrà modo di leggere gli atti. Ma dopo aver smentito «categoricamente» quello che sostiene Brunetti ha aggiunto: «Dire che uno è dopato… bisogna vedere in base a cosa, a quale criteri».

 

Effettivamente i sospetti di altri marciatori potrebbero anche essere frutto di invidia, ma il Dottor Fiorella aveva ben altre evidenze. A partire dai vari "missed test" di Schwazer, cioè le occasioni in cui non si era fatto trovare per i test a sorpresa previsti dai regolamenti nazionali e internazionali. A marzo e a settembre del 2010, periodo in cui lo stesso Schwazer ha ammesso di essere "in cura" da Ferrari, ne aveva saltati due (al terzo in 18 mesi scatta la squalifica automatica). E Fiorella ne era stato informato dallo stesso Schwazer. La risposta di Fiorella alla mail in cui il marciatore lo informava che per la seconda volta in sei mesi gli ispettori dell'antidoping lo avevano cercato senza trovarlo: «Certo che come sfiga non scherzi!!!!!!».

 

DOPING DOPING

Non basta: quando, alla vigilia delle Olimpiadi di Londra, Fiorella viene informato dall'atleta della sua intenzione di non risiedere nel villaggio olimpico con tutti gli altri atleti ma di fare base in Germania, a casa dell'allora fidanzata Carolina Kostner, Fiorella scrive: «La decisione sulla permanenza a Londra o meno spetta a te, ma ricorda che certamente alla Iaaf (la federazione internazionale NdR) "puzzerà" questo tuo andar su e giù». Ancora più emblematico è il post scriptum di quel messaggio: «Se fai qualche stronzata ti taglio le palle».

 

Al quale Schwazer risponde invitando il medico a non preoccuparsi perché «le cazzate le ho fatto a marzo», con un chiaro riferimento a due gare, nella 20 e nella 50km, nelle quali aveva sorpreso un po' tutti con performance straordinarie (e un record italiano).

Conclusione degli inquirenti: quello scambio di mail «appare ragionevolmente interpretabile quale indice della consapevolezza del medico in merito all'attività di doping seguita dall'atleta».

giovanni malago giovanni malago

 

Ancora più grave quello che è successo con gli staffettisti della 4x100 che agli Europei di Barcellona hanno vinto l'argento battendo lo storico record stabilito 27 anni prima dal quartetto guidato da Pietro Mennea.

 

Oppure quello che ha ammesso Andrew Howe nella propria deposizione: «Quando in giugno ho chiamato Fiorella per esprimergli solidarietà (dopo la perquisizione dei Carabinieri, NdR) gli ho espresso la mia preoccupazione sul fatto che i messaggi di whatsapp da me inviatigli nel 2012 potessero trovarsi nei telefoni o tablet che gli erano stati sequestrati. Fiorella mi disse di non preoccuparmi che ciò non sarebbe accaduto in quanto lui aveva provveduto a cancellarli (...) (In quei messaggi) io gli avevo chiesto informazioni circa la durata dell'effetto terapeutico del cortisone nel corpo umano. Tale richiesta era giustificata dal fatto che volevo essere sicuro di non presentarmi in gara con residui del farmaco nel mio organismo (...) in quella circostanza vinsi i campionati italiani sui 200 metri ma non sono stato sottoposto al controllo antidoping».

MICHELE FERRARI MICHELE FERRARI

 

Conclusione degli inquirenti: «L'unico intento di Fiorella sembra quello di proteggere l'atleta dalle possibili conseguenze di un'azione potenzialmente illecita che lui avrebbe avuto comunque il dovere di denunciare, non certo di coprire».

 

«Adesso abbiamo due scelte: continuare a tenere gli occhi chiusi, oppure ammettere che il sistema antidoping così come è stato predisposto dopo la legge del 2000 non funziona. Perché non si può mettere la volpe a guardia del pollaio», dice Donati a Il Sole 24 Ore.

La legge del 2000 contemplava la creazione di un'agenzia indipendente anti-doping, come previsto nella maggior parte degli altri Paesi.

 

Ma il 16 ottobre 2007, l'intento dei legislatori è stato snaturato da un accordo sottoscritto dagli allora ministri della Salute Livia Turco e delle Politiche giovanili Giovanna Melandri insieme al presidente del Coni Gianni Petrucci. «L'accordo, si leggeva nel comunicato governativo di quel giorno, prevede di riservare alla commissione Coni-Nado i controlli sullo sport agonistico di livello nazionale e internazionale e alla commissione interministeriale i controlli sanitari antidoping sulle attività sportive non agonistiche».

rita bottiglieri rita bottiglieri

 

Quanto poco seri siano stati gli sforzi della nucleo anti-doping del Coni, il cosiddetto Nado, è solo attestato dagli atti appena depositati a Bolzano. Secondo la Procura il Nado non solo ha per anni gestito l'antidoping «secondo una perversa logica della riduzione del danno» ma ha addirittura «deliberatamente allestito un sistema "colabrodo" - come lo definisce lo stesso Fischetto in una telefonata intercettata - fatto solo di apparenza e che quindi lascia agli atleti malintenzionati enormi varchi per sfuggire ai controlli e per evitare le positività».

 

A Il Sole 24 Ore il Coni ha tenuto a sottolineare che «l'indagine della Procura verte su circostanze ed eventi che risalgono fino al 2012, prima del cambio dei vertici e dell'elezione del Presidente Malagò, che non può quindi conoscere il quadro generale di riferimento e i fatti antecedenti alla sua nomina». Il Coni ci ha detto che «si riserva di esprimere comunque la propria posizione sulla vicenda dopo aver preso visione formale degli atti del procedimento».

 

 

2. IL CONI SEMPRE RIGOROSO: NESSUNO DI NOI SAPEVA

Andrea Pasqualetto per “Il Corriere della Sera

 

pierluigi fiorella pierluigi fiorella

Ci sono velocisti, saltatori, mezzofondisti, marciatori. Fra le pieghe dell’indagine sul doping della procura di Bolzano, partita dalla vicenda di Alex Schwazer, sono finiti i nomi di decine di atleti italiani che fino al 2012 avrebbero fatto parte di un sistema tendente a evitare i controlli sanitari del Coni, con la complicità dei vertici federali. Come? In vari modi ma soprattutto attraverso una tecnica tanto semplice quanto efficace: interpretando in modo elastico il Codice mondiale antidoping redatto dal Wada (World antidoping agency) laddove impone all’atleta la reperibilità, il cosiddetto «whereabouts». Cioè, il Codice prevede di comunicare ogni tre mesi i luoghi di residenza, di allenamento, del tempo libero e di vacanza, in modo che l’antidoping possa decidere un controllo in ogni momento.

 

Ebbene, dall’inchiesta, che ha visto convocati una cinquantina di testimoni, è emerso che questo tipo di informazione veniva data scientificamente in modo tardivo, dopo uno o due mesi, rendendo di fatto inutile l’attività di contrasto alle pratiche illecite voluta nel 2009 dal Comitato Olimpico Internazionale. Precisazione: nessuno di questi atleti è indagato dalla procura di Bolzano perché non si tratta di reati ma eventualmente di illeciti sportivi.

giuseppe fischetto giuseppe fischetto

 

Di competenza di questa giustizia sarà anche il caso degli staffettisti azzurri della 4x100 che nel 2010 hanno conquistato l’argento ai campionati europei di Barcellona, stabilendo nell’occasione il nuovo primato italiano, e quello del velocista Andrew Howe. Sono stati tutti sentiti come persone informate sui fatti, raccontando un sorprendente quadro di complicità fra atleti e medici della Federazione Italiana di atletica leggera (Fidal).

 

«All’atto dell’antidoping dopo la finale informai il dottor Fiorella (Pierluigi Fiorella, medico Fidal che in passato si occupò di Panetta, Di Napoli, Bordin, Baldini, ndr ) che era presente, il quale mi disse che il Bentelan (farmaco a base di cortisone, proibito al di fuori della cura, ndr )che mi era stato prescritto dal dottor Fischietto (altro medico federale, ndr) per curare la peritendinite non andava dichiarato...», ha rivelato Simone Collio, uno dei quattro velocisti azzurri (gli altri erano Emanuele Di Gregorio, Maurizio Checcucci e Roberto Donati).

ALEX SCHWAZER ALEX SCHWAZER

 

«Per l’omologazione del record italiano era indispensabile il controllo — ha aggiunto Checcucci —. A Fiorella dissi che avevo fatto la mezza puntura di cortisone più o meno la settimana prima e chiesi se potevo avere problemi con l’antidoping. Lui mi disse di no perché avremmo potuto fare una dichiarazione dell’uso di mesoterapia sul tendine al momento del controllo... Lui mi ha aiutato a fare questa dichiarazione».

 

È invece questione penale quella di Schwazer che ha ampiamente confessato il doping prima dei Giochi olimpici di Londra, nell’agosto del 2012. Per questa vicenda sono indagati in quattro: il marciatore altoatesino, oro olimpico a Pechino, i due ex medici federali Fiorella e Fischietto e l’ex dirigente della Fidal Rita Bottiglieri.

 

ALEX SCHWAZER ALEX SCHWAZER

Per i medici e il dirigente l’accusa è il favoreggiamento: sapevano del doping ma non hanno fatto nulla per evitarlo. Loro negano. Come negano di essere stati a conoscenza della frequentazione di Schwazer con Michele Ferrari, il medico sportivo di Lance Armstrong inibito all’esercizio della professione.

 

Vittorio Visini, tecnico federale della marcia dal 2000 al 2012, la racconta in un altro modo, riconoscendo che la Federazione era a conoscenza dei contatti fin dal 2010: «Io ho riferito a Fischetto, al direttore tecnico Uguagliati e a Rita Bottiglieri che Ferrari era presente al raduno di Teide, alle Canarie, e che i due si erano parlati».

 

 

 

 

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