Maurizio Nicita per “la Gazzetta dello Sport”
Maledetto autunno. Un anno fa in questo periodo la squadra azzurra galleggiava nell' anonimato di un campionato caratterizzato dalla pareggite, dopo il famoso ammutinamento del 5 novembre. Ora, dopo un avvio eccellente fatto di 4 vittorie consecutive in campionato, ecco la frenata, il brusco risveglio rispetto a obiettivi ambiziosi. Perché la sconfitta col Milan lascia tracce profonde nello spogliatoio, con vecchie-nuove problematiche che Rino Gattuso non intende far marcire. Ecco perché dal dopo partita della domenica sera, al ritrovo di lunedì mattina a Castel Volturno l' allenatore ha parlato chiaro alla squadra, com' è sempre abituato a fare.
Ma stavolta i toni sono stati perentori. «Se le cose non cambiano io posso pure andarmene!» ha detto al suo gruppo. Parole dirette, non precostituite e sincere. Perché qui non si tratta di creare la narrazione del tecnico vincente e grintoso, dell' eroe senza macchia. Però Rino, con i suoi uomini dello staff, è abituato ad analizzare a fondo le situazioni e affrontarle di conseguenza in maniera diretta, senza mediazione diplomatica ma sempre con schiettezza di fronte al gruppo.
Perché se un allenatore, che deve essere il leader, non ha il rispetto e la stima dei suoi giocatori allora lavorare diventa complicato, se non impossibile. E Gattuso non è uomo che ha bisogno di cantori: la sua vita, nel calcio e non solo, parla di comportamenti leali e trasparenti, non certo improntati al guadagno ad ogni costo o alla ricerca di contratti multimilionari.
Gattuso in termini più accalorati a fine partita - prima di andare davanti ai microfoni tv - e ieri a Castel Volturno in maniera più riflessiva ha spiegato alla squadra dove si è sbagliato contro il Milan. Perché non concepisce che per i primi 20' in campo gli azzurri siano stati timorosi come una provinciale, senza nemmeno avere lo spirito battagliero. Ha spiegato che da un punto di vista tattico il Napoli non è stato inferiore - a dimostrazione che c' erano le potenzialità per vincerla questa partita -. Ma il Milan è stato superiore nelle due aree dove si è difeso e ha attaccato meglio.
Perché i gol subiti sono nati tutti da errori abbastanza gravi personali e nella fase di impostazione sono state sbagliate diverse cose sempre per una cattiva interpretazione. Ogni giocatore è stato inchiodato alle proprie responsabilità e ha accettato senza fiatare. Ecco per certi versi Gattuso a volte preferirebbe una risposta, soprattutto un atteggiamento diverso, più reattivo dei giocatori. Invece resta questa patina di una squadra bella e per certi versi impossibile.
Nel senso che o riesce a imporsi sul piano del gioco oppure non trova le risorse caratteriali per leggere i diversi momenti della gara. Un difetto, da risolvere anche se la mentalità puoi costruirla ma la personalità o ce l' hai o non la compri al mercato. E quando Gattuso dice che è pronto a lasciare non è retorica. Nei suoi progetti c' è una crescita costante verso obiettivi sempre più importanti. E non sarà un biennale - quello concordato con De Laurentiis ma non ancora firmato - a farlo imborghesire o "sedere". La scossa è attesa e non può essere solo quella di giovedì, in Europa, contro il modesto Rijeka. Servono prestazioni convincenti con la Roma e continuità.
Quella che sembrava abbastanza acquisita in ottobre, almeno in campionato. Prima di ripiombare nella vecchia, solita malattia.
I GIOCATORI DEL NAPOLI NON HANNO GRADITO LE ACCUSE DI GATTUSO
Massimiliano Gallo per ilnapolista.it
Quasi un anno dopo l’ormai celebre ammutinamento che seguì al pareggio interno col Salisburgo in Champions League, lo spogliatoio del Napoli ha vissuto un’altra serata movimentata. È accaduto ieri sera, al termine di Napoli-Milan, dopo la vittoria di Ibrahimovic e compagni per 3-1.
Qui le versioni sono due: c’è chi sostiene che il confronto, dai determinati, sia avvenuto dopo le dichiarazioni in tv di Gattuso. E chi, da ambienti vicino al Napoli, afferma che invece era già avvenuto prima, al termine della partita.
Gattuso è andato a Sky ufficialmente ad assumersi la responsabilità della sconfitta, in realtà a fare un elenco di accuse, qualcuno per edulcorare le chiamerebbe osservazioni, nei confronti dei giocatori.
L’allenatore ha parlato di maestrini, ha detto che a lui piace vedere giocare col coltello tra i denti, è tornato a fare riferimento a scontri verbali tra i compagni e non è la prima volta che lo fa. Insomma ha dipinto uno scenario poco tranquillizzante, dando praticamente a tutti l’impressione di descrivere una squadra spaccata e che non ce la mette tutta sotto il profilo dell’impegno. L’accusa più intollerabile per un professionista. Secondo ambienti vicini al Napoli, ha ripetuto quel che aveva detto prima nello spogliatoio.
In ogni caso i giocatori non hanno gradito, a dir poco. Quella parola, professorini, non a tutti è andata giù. Così come l’immagine di giocatori superficiali che non darebbero il cento per cento per la maglia. E nello spogliatoio è andato in scena un confronto sulle parole del tecnico. I giocatori, con tono deciso, gli hanno rinfacciato le sue dichiarazioni.
“Non puoi farci fare la figura di chi non si impegna. Possiamo sbagliare, come sbagli anche tu, ma sempre dando il massimo. Non ci stiamo a recitare la parte di chi non si impegna”.
Lo scontro è stato diretto. I toni accesi. Tra i più decisi a confrontarsi con l’allenatore c’erano Mario Rui, Maksimovic, Koulibaly. Ma il sentimento era condiviso. Ricordiamo che a Bologna Gattuso aveva lasciato fuori sia Mario Rui sia Ghoulam accusandoli di non aver dato il massimo in allenamento. Era già capitato sia con Lozano sia con Allan quando il brasiliano era ancora a Castel Volturno.
Dalla società, come detto, offrono un’altra versione temporale. E cioè il confronto sarebbe avvenuto prima dell’apparizione tv del tecnico del Napoli.
Se la squadra è un gruppo, è un gruppo sempre. Pur con le fisiologiche divisioni. Questo è il concetto. I segreti dello spogliatoio, qualcuno potrebbe chiamarla omertà, vanno rispettati da tutti. Anche dall’allenatore. E in effetti domenica sera le parole di Gattuso hanno fatto non poco rumore. Soprattutto perché, come scritto, in quest’anno la sua avventura a Napoli è stata accompagna da una narrazione fortemente orientata. Gattuso è stato dipinto come l’uomo panacea, l’allenatore che ha risolto ogni problema. Ha conquistato la Coppa Italia in condizioni complicate e quel trofeo è sembrato essere la definitiva inversione di tendenza.
Così non è stato. Ci sono anche altri numeri. L’allenatore calabrese ha perso 12 partite sulle 40 disputate, vale a dire una ogni 3,3 incontri giocati. Addirittura rispetto allo scorsa stagione il Napoli quest’anno vanta due punti in meno. Di cui uno dovuto alla penalizzazione. E soprattutto tanto si è scritto della sua capacità di tenere unito un gruppo che un anno fa aveva dato vita all’ammutinamento.
Domenica sera questa narrazione si è improvvisamente sgonfiata. E a sgonfiarla è stato proprio Gattuso, anche davanti alle telecamere. I calciatori non hanno gradito e glielo hanno detto chiaro e tondo. Un anno dopo, il clima in quello stanzone è ancora pesante. Una cosa sono le versioni che ingentiliscono la realtà, un’altra è quello che realmente accade. E domenica sera si è respirato nuovamente un clima di tensione. Dieci mesi fa, a gennaio, da un confronto acceso post Napoli-Fiorentina nacque il Napoli che conquistò la Coppa Italia. Domenica sera al San Paolo arriva la Roma terza in classifica e imbattuta sul campo. Un’altra occasione per ripartire.
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