Daniele Sparisci per il “Corriere della Sera”
Il circo della velocità è pronto a un salto da brividi. La vendita della Formula 1 a Liberty Media non è soltanto un' operazione finanziaria da 8 miliardi di dollari, ma marca il passaggio fra un prima e un dopo Ecclestone. Fra la gestione «one man show» di un uomo che a Londra dal suo angusto ufficio di Princes Gate e in pista dall' hospitality con i vetri scuri controlla ogni minimo dettaglio a quella industriale di un colosso con il cervello e le casse negli Stati Uniti.
Mister E, in base agli accordi, resterà altri tre anni come amministratore delegato, ma probabilmente nulla sarà più come prima: a 85 primavere sarà ancora lui a trattare personalmente i rinnovi dei contratti con gli autodromi, a distillare con parsimonia gli ambitissimi pass vip, a occuparsi delle mille beghe di una F1 litigiosissima? Il parere di tanti è no: gli americani, pur avvalendosi della sua preziosa conoscenza, prenderanno il volante da subito con Chase Carey (nominato presidente), uomo di fiducia del magnate John Malone, e manager navigatissimo, cresciuto alla scuola dello «Squalo» Rupert Murdoch.
Ma perché gli yankee hanno deciso di puntare su uno sport così «europeo» che oltreoceano non hai mai entusiasmato? La risposta è nei conti: pur appannata da Gp soporiferi e da polemiche suicide (gli spettatori sono 400 milioni, un terzo in meno rispetto al 2008 per l' effetto della vendita dei diritti alle pay-tv), la F1 è ancora una cornucopia. Si calcola che l' attuale proprietario, il fondo Cvc, abbia guadagnato circa cinque miliardi in uno degli investimenti privati più remunerativi di sempre.
gp di silverstone 2016 hamilton 1
Gli americani sono convinti di aver fatto un ottimo affare: 8 miliardi non sono tanti se un campionato molto più giovane come l' Ultimate Fighting Championship (arti marziali miste) passa di mano per quattro. Bisogna provarci, hanno detto i futuri padroni del Circus agli azionisti spiegando i bassi rischi dell' operazione.
Che si concluderà in tempi relativamente brevi: closing entro il primo trimestre del 2017 dopo il via libera delle varie antitrust e della Fia, custode dei regolamenti sportivi, che ha già dato il suo placet attraverso il presidente Jean Todt: «Investimenti di lungo periodo come questi sono i benvenuti, soprattutto se vengono da chi ha una grandissima esperienza in materia di sport». Parole simili le pronunciano gli analisti di Borsa, i quali benedicono l' accordo: «la soluzione migliore possibile».
hamilton circondato dalle ragazze della formula 1 a sochi
Già ma in pista cosa cambierà? E per chi tifa da casa? È presto per dirlo, ma gli americani sembrano avere le idee chiare: serve più spettacolo, vanno coinvolti i giovani distribuendo le gare sulle piattaforme digitali (in questo il gruppo di Malone è specializzato), i Gp vanno trasformati in eventi sullo stile del Superbowl e dell' Nba: «Oggi sono già grandiosi - dice il neopresidente Carey - ma possono esserlo molto di più. Siamo certi di poter portare la F1 in una nuova dimensione».
Ma le novità interesseranno anche il calendario: con i prezzi del petrolio ai minimi, presto Paesi come Azerbaigian, Malesia ma anche Russia, potrebbero far fatica a pagare le «salate» bollette di Ecclestone.
Fermo restando che secondo Carey «l' Europa resta centrale», la F1 farà più spesso tappa negli Usa: si pensa di correre a New York, Los Angeles, Las Vegas, oltre a quella già fissata ad Austin. E in Asia, dove la passione per il motorsport cresce rapidamente. Si discute poi di nuove tecnologie: realtà virtuale per vivere l' esperienza della domenica dall' abitacolo di Hamilton e Vettel.
Fantascienza? Chissà, per ora il punto sul quale tutti sembrano essere d' accordo è economico: la nuova società che nascerà dal take over (Formula One Group) sarà quotata in borsa. E i team saranno liberi di metterci i loro quattrini. «Alcuni si sono già interessati». Fra questi sembra ci sia anche la Ferrari.