Mattia Chiusano per “la Repubblica”
Prendetevi pure questo, regalo della Mongolia. Byambarenchin Bayaraa si sfila la giacca della tuta da coach, la maglietta, fa rimbalzare sulla materassina una scarpa, poi l’altra. L’arbitro e il lottatore uzbeko Navruzov assistono allibiti, mentre il mongolo accompagna con ampi gesti a torace scoperto il boato della folla che protesta. Il suo collega raccoglie i vestiti, sembra volerlo portare via, poi comincia ad aizzare anche lui il pubblico e a sfilarsi i vestiti, gettandoli a terra. Manca Hulk Hogan che si esibisce in un California Crash e ci sono tutti.
Un bel finale, quello della lotta libera alle Olimpiadi, la sconfitta del mongolo Mandakhnaran Ganzorig nell’incontro per il bronzo della categoria 65kg (quella di Chamizo) scatena una protesta mai vista, che sarà seguita, non inquadrata dalle telecamere, dalle lacrime degli allenatori finalmente rivestiti in zona mista.
Decisioni arbitrali ingiuste, regole usate per favorire uno e far perdere l’altro, popoli in lacrime («C’erano tre milioni di mongoli che aspettavano questa medaglia»), insomma il solito campionario al quale il team di Ulan Bator dà un’interpretazione folkloristica e spettacolare.
Ma c’è poco da ridere, perché dal primo all’ultimo giorno si è ascoltata, in tutte le discipline legate alla valutazione di una giuria, un’insopportabile litania di proteste. Mai così assordante e inquietante, se si uniscono in un’unica trama tutte le teorie cospiratorie che puntano il dito verso i paesi dell’est.
Una specie di lato B dello scandalo Russia, sempre meno presente col passare dei Giochi per lasciar spazio alle polemiche geopolitiche che nemmeno ai tempi della Guerra Fredda, e alle rimozioni di arbitri. Com’è successo nel torneo di boxe, nel quale pugili irlandesi e statunitensi si sono sentiti derubati e l’hanno gridato ad alta voce. Anzi, nel caso del peso gallo irlandese Michael Conlan, al grido hanno aggiunto un altro strip tease, via la canottiera, e un gestaccio ai giudici.
Mentre Clemente Russo ha parlato addirittura di «risarcimento a Putin» qualche giorno dopo la sua sconfitta contro il russo Tishchenko. Nella scherma le sciabolatrici hanno detto che contro le squadre dell’est devi arrivare a 55 stoccate, non bastano 45, e un boss della commissione arbitrale ha intimidito l’arbitro durante un match prima di essere allontanato dai Giochi. Ma alla fine chi comanda davvero sotto il cielo delle Olimpiadi?