MARIA TERESA MELI per il Corriere della Sera
Il giorno dopo aver «imposto» la sua linea sugli stadi al governo, nonostante la contrarietà di alcuni pezzi grossi del suo partito come Nicola Zingaretti e Paolo Gentiloni, Stefano Bonaccini spiega le motivazioni che lo hanno spinto a riaprire , almeno parzialmente, il calcio al pubblico.
«Esisteva già un Dpcm in cui veniva fissato a mille il numero delle persone nei luoghi aperti. E gli stadi sono per l'appunto luoghi all'aperto», è la sua premessa. Poi il presidente dell'Emilia-Romagna continua così: «Non abbiamo mai chiuso i supermercati, e i negozi di alimentari, abbiamo riaperto il 4 maggio, ancora in piena pandemia, fabbriche e cantieri, poche settimane dopo abbiamo fatto lo stesso con negozi, bar, ristoranti, poi con gli stabilimenti balneari.
Ora finalmente abbiamo riaperto le scuole e prima i centri estivi e gli asili. Non vedo come si possano avere timori per mille presenze negli stadi che di spettatori ne possono ospitare decine di migliaia. È ovvio che poi si debba pretendere buona organizzazione, controlli, utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e distanziamento, che in luoghi come gli stadi, dove sono già previste le sedute, ed entra solo chi decidi prima, è ancora più facile da garantire».
Per dare un'ulteriore dimostrazione della giustezza del suo ragionamento, Bonaccini, che ieri era a Misano per seguire il Gran premio di Moto Gp, osserva: «Qui dove entravano 150 mila persone ne sono entrate diecimila e per il secondo weekend consecutivo tutto si è svolto regolarmente e senza alcun problema». Del resto non è la prima volta che il governatore dell'Emilia-Romagna impone la sua linea al governo. Sul calcio gli è stato più agevole del solito perché il ministro Spadafora aveva annunciato la presenza di mille spettatori agli Internazionali di tennis, proprio grazie a un'interpretazione di quel Dpcm a cui si riferisce Bonaccini. Ma come si diceva, non è la prima volta che il «governatore» va al braccio di ferro con il governo.
Già l'8 marzo, pur dando il via libera al lockdown, aveva protestato perché l'esecutivo non ne aveva discusso con le Regioni. E da quel giorno il governo lo ha fatto. Poi aveva guidato la protesta del Nord che voleva ripartire, criticato l'esecutivo per come si stava muovendo sulla scuola, contestato la mancata ripartenza delle grandi opere , minacciando di portare i sindaci in piazza, chiesto - e ottenuto - altri fondi per le Regioni («O il governo stanzia altri due miliardi di euro o interromperemo le relazioni istituzionali»).
Insomma, Bonaccini, come presidente delle Regioni, si fa sentire, non disdegnando nemmeno, pur di ottenere il risultato, alleanze contingenti con il presidente del Veneto Luca Zaia, il grande avversario interno di Matteo Salvini. Ma l'attivismo del governatore sembra non riuscire gradito a Nicola Zingaretti e ai big dem che lo sostengono. C'è la convinzione che Bonaccini stia costruendo le condizioni per lanciare un'Opa sulla leadership pd. Così giorni fa sul Corriere Goffredo Bettini lo ha criticato per una sua affermazione: «Per il Mes farei saltare l'alleanza con i 5 Stelle».
Poi, sulla scia delle ultime vicende del calcio, pur senza nominare mai il presidente dell'Emilia-Romagna, sia Zingaretti che Gentiloni hanno criticato la decisione di riaprire, seppur parzialmente, gli stadi. Il segretario del Pd, dopo che il governo aveva fatto sua la linea di Bonaccini, l'altro ieri aveva lanciato un tweet agrodolce: «Ci adeguiamo ma per noi la priorità è difendere e tutelare la scuola e l'università». Il giorno dopo è sceso in campo il commissario Ue Gentiloni: «Capisco le ragioni economiche e le decisioni politiche.
Ma dopo settimane di prediche ai giovani imprudenti era necessario riaprire subito a mille tifosi gli stadi di serie A? Mi auguro che i tifosi siano prudenti e per ora consiglio il tifo in tv». Un tweet, questo, che prontamente è stato rilanciato dal segretario del Partito democratico. Dunque, un pezzo del Pd non è affatto contento dell'atteggiamento del governo che ha dato ragione a Bonaccini. Ma il pragmatico ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia spiega: «Era necessario evitare ordinanze diverse tra Regione e Regione». E così il governo ha dato il suo ok e Bonaccini ha ottenuto un'altra vittoria.
MIOZZO E LA LINEA DEL CTS
FIORENZA SARZANINI per il Corriere della Sera
«A chi preme per riaprire gli stadi vorrei ricordare le conseguenze drammatiche che ha avuto Atalanta-Valencia del 19 febbraio scorso. In questo momento abbiamo altre priorità, pensare di riempire gli spalti sarebbe una follia». È preoccupato e arrabbiato Agostino Miozzo, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico che più volte ha messo in guardia dai rischi di una ripresa dei grandi eventi. All'epoca di Atalanta-Valencia non c'erano le misure di protezione.
«È vero e questo è un aspetto positivo per il ritorno alla normalità, ma oggi l'apertura degli stadi è ostacolata da almeno tre problemi. Il primo è la vicinanza tra le persone, il momento in cui si esulta, quello in cui si protesta. Poi ci sono gli ingressi, quando ci si accalca alle biglietterie e ai varchi di accesso, e il deflusso.
paolo gentiloni nicola zingaretti 1
Aprire con più di mille spettatori è in questo particolare momento impensabile, il mondo del calcio è troppo importante per il nostro Paese, in previsione di una graduale apertura sarà necessario verificare gli effetti che questi eventi possono causare sulla curva e su quel maledetto indice di trasmissione Rt che a noi preme mantenere sotto controllo. È importante seguire le esperienze degli altri Stati dell'Ue».
Si riferisce al Regno Unito che ha rinviato l'apertura?
«Certo, ma anche altri Paesi guardano con preoccupazione la riapertura degli stadi. Qualcuno come la Germania ha fissato una capienza massima al 20 per cento ma si riserva una nuova valutazione, altri hanno un approccio variabile ma tendenzialmente riduttivo e con grande prudenza. La curva epidemica sale ovunque e bisogna comportarsi di conseguenza».
Il ministro della Salute Roberto Speranza è contrario.
«Lui conosce perfettamente la situazione, ha ben chiari i rischi. L'Italia è il Paese che ha saputo gestire meglio di tutti l'emergenza, è visto come l'esempio da seguire. Vanificare gli sforzi fatti finora sarebbe da incoscienti. Ricordiamoci che cosa è successo quest' estate con la riapertura delle discoteche. Le Regioni sono andate in ordine sparso e alla fine il governo è stato costretto a chiudere tutto».
Tenere chiusi gli stadi ha anche un danno economico.
«Lo so bene, infatti il mio è un discorso da tecnico della Salute e di Protezione civile, poi deve essere la politica a decidere. Io posso dire che l'indicazione di non far svolgere gli eventi sportivi ha avuto, per noi, lo stesso effetto del divieto per i funerali perché si privano i cittadini di momenti importanti per la nostra vita, celebrare momenti di gioia o di dolore. Ora però dobbiamo occuparci di altri aspetti fondamentali per la comunità e la priorità assoluta, quantomeno per noi tecnici, è la scuola».
È preoccupato?
«Sono attento a quello che accade. Non possiamo permetterci di tornare alle lezioni a distanza. La scuola è il motore della ripartenza e del Paese. Tutta la nostra attenzione deve essere concentrata su questo». I contagi aumentano. «È ancora troppo presto per dire che l'aumento dei contagi dipende dalla ripartenza della scuola. Ma noi sappiamo che avremo una risalita della curva, l'età media dei positivi che si alza di nuovo perché i contagi stanno aumentando nelle famiglie.
giuseppe conte agostino miozzo
Ragazzi che hanno contatti con genitori e nonni. È tragico e triste, ma condivido la posizione del professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani e collega componente del Cts secondo il quale è necessario un patto generazionale che convinca i giovani a essere prudenti. La scuola movimenta 12 milioni di persone. Più di un sesto dell'intera popolazione del Paese. E questo fa sì che dobbiamo occuparci di tutto ciò che è collegato, come i trasporti pubblici che si affollano e la diagnostica».
Diagnosi rapida di Covid?
«Stiamo lavorando per dare a medici di base e pediatri test veloci validati per non dover aspettare quattro o cinque giorni e per far tornare gli studenti a scuola e le persone al lavoro non appena le loro condizioni lo consentono».
Esclude un lockdown?
«Direi di sì. Ci potranno essere nuove zone rosse, ma la situazione negli ospedali e nelle terapie intensive è al momento ancora sotto controllo. Per questo dico che non bisogna prendere decisioni azzardate, soprattutto in coincidenza della ripresa autunnale. Il freddo ci imporrà di rimanere molto di più nei luoghi chiusi con minor ricambio di aria e ciò favorisce la circolazione del Covid».
Quando finirà?
«Se la sperimentazione del vaccino non subirà altre frenate, se tutto va bene nella primavera 2021 cominceremo a ragionare sul ritorno alla normalità». Agostino Miozzo, 67 anni, è coordinatore del Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid. Esperto in interventi di emergenza in Italia e all'estero (si è occupato per anni di Cooperazione allo sviluppo), già direttore generale dell'ufficio volontariato e relazioni istitu-zionali e internazionali della Protezione civile, ha lavorato anche per Emergency.