Paolo Tomaselli per il “Corriere della Sera”
Un anno e dieci giorni fa, Andrea Pirlo faceva il salto dalla panchina della Under 23 alla prima squadra della Juve, senza aver vissuto una sola partita da allenatore, nemmeno nelle giovanili. «Un predestinato» lo definì Paratici, che aveva appena scaricato Maurizio Sarri.
Le cose non sono andate come pensava la Juve e tanto meno come sperava Pirlo, che ha pur sempre vinto due trofei e si aspettava la riconferma da parte del presidente Agnelli dopo un'annata complicata. Andrea ha perso la panchina più ambita, per adesso non ne ha ritrovata un'altra, ma ha conquistato consapevolezza.
«Potevo fare di più, ma non cambio la mia idea di calcio - ha detto Pirlo al sito americano The Athletic - preferisco perdere che passare tutta la partita a difendermi nella mia area cercando di segnare in contropiede. Ci sono tanti allenatori giovani che cercano di fare qualcosa di nuovo, di diverso, il calcio va in questa direzione». Questa, anche se la Juve di Pirlo ha giocato alcune delle sue migliori partite proprio con difesa e contropiede, sembra una frecciata contro la restaurazione rappresentata dal ritorno di Allegri.
Di certo il passo da predestinato a incompreso è stato breve, anche se Pirlo ci ha messo del suo, con un approccio che a volte è sembrato troppo teorico: «Guardiola - prosegue Pirlo - l'ha dimostrato chiaramente: se non controlli la partita, è difficile riuscire a vincerla. La mia concezione di calcio, quindi, rimane, questa: costruzione del gioco dal basso, cercare di mantenere il possesso della palla e riconquistarla il più velocemente possibile. Molto dipende dai giocatori a disposizione».
Ora non resta che trovare l'occasione del riscatto, scegliendola con grande attenzione. Pochettino, il tecnico del Psg, l'ha invitato a Parigi, rivela Pirlo, che spera di ricevere la stessa chiamata da Guardiola. Quella di Allegri può attendere.
pirlo pirlo andrea pirlo con la coppa italia pirlo cristiano ronaldo andrea pirlo pirlo juve milan