La Gazzetta dello Sport intervista il centrocampista dell’Udinese, Tolgay Arslan. Dice di avere «testa da tedesco e il sangue da turco».
«Ho 16 persone alle mie dipendenze. La mia vita è cambiata a 23 anni. Avevo messo il mio piccolo patrimonio nelle mani di una donna, che non è mia moglie Jana con la quale sto da 13 anni. Persi tutto. Da lì sono ripartito e adesso compro edifici in Germania, dove sono nato, tratto i prezzi, chiudo i contratti, ma ho messo delle basi pure in Turchia dove ho giocato a lungo. Lì ho dei terreni, 20 mila metri quadrati di terreni. Mi occupo anche di finanza, un altro ramo che seguo con interesse».
Ha seguito l’esempio del padre, agente immobiliare.«Lui compra e vende appartamenti. Immobiliare puro. In qualche modo ho preso da lui, ma da piccolo volevo solo fare il calciatore e ci sono riuscito. Papà, turco, è stato molto duro con me. Disciplina, regole ferree».
Arslan è noto per il suo carattere piuttosto fumantino. «Più che altro le dico in faccia. Sono molto diretto. Poi, finita la partita, sono un altro. Può chiedere ai miei compagni quanti scherzi faccio, soprattutto ai brasiliani».
Come calciatore si è affermato in Turchia, al Besiktas, con cui ha vinto due titoli. Ma l’avventura finì male. Si dice che, nell’intervallo di una partita, abbia mangiato kebab nello spogliatoio, con un intento polemico.
«Veramente era una banana. Secondo lei in spogliatoio all’intervallo c’è il kebab? Il problema è che quando un club vuole screditare un calciatore mette in giro anche voci assurde. Il guaio è che non mi pagavano da cinque mesi e io volevo i miei soldi. Non volevo andare in tribuna per una questione di soldi. Mi hanno sospeso. Per me, a quel punto, col presidente era finita. Mi misi d’accordo col Fenerbahce dove sono arrivato, però, in un periodo di declino della squadra».
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