? OUTRAGED: Football Tackles Discrimination – OUT NOW!
Racism, homophobia and sexism in football are on the rise in Europe.
Some of the biggest #UWCL stars share their experiences and views on how to tackle the problem in @UEFA's latest documentary. #EqualGame
— UEFA Women’s Champions League (@UWCL) December 23, 2020
Giulia Zonca per “La Stampa”
Quest'anno niente auguri, il video che oggi mette online l'Uefa non ha compilation di gol o grafiche con le decorazioni natalizie. Si chiama «Outraged» (indignati) e per un'ora, senza fronzoli, fa parlare i calciatori e le calciatrici che non ne possono più. Da qui in poi si può solo denunciare ogni sopruso, manifestare contro qualsiasi mancanza di libertà.
Pogba intervista Kean (in italiano) in un'Inghilterra dove gli episodi di razzismo sono raddoppiati e Kean, ora al Psg, racconta di quel giorno a braccia aperte sotto la curva del Cagliari dopo il gol con la Juve: «Ho sentito l'ossessivo verso della scimmia. Dopo il gol mi sono piazzato lì, non per sfidarli, per dire "io sono questo, sono nero, sono Moise"».
Pogba non si stupisce, però si chiede «ma che cosa succede nella testa di quelle persone, vorrei capire il meccanismo» e alla fine del film va dal ct della sua Francia, Deschamps: «Perché non ci sono allenatori neri? E se io lo volessi fare?».
Sulle 116 squadre di prima divisione dei campionati top in Europa c'è un solo tecnico di colore e il 54 per cento dei tifosi di questo continente dichiara di aver assistito a episodi da denuncia. Senza fare nulla.
Gullit è il più caustico e ripete che alle minoranze è consentito solo essere straordinari: «Salah ha aiutato a togliere pregiudizi sui musulmani, ma deve arrivare un fenomeno per far accettare ciò che è normale».
«Outraged» considera tutte le discriminazioni, l'omofobia, il sessismo, una forma di emarginazione che ancora nemmeno viene giudicata come tale. Da quando il calcio femminile si è guadagnato considerazione, le offese contro le donne nel settore sono aumentate del 400 per cento. Prima non venivano registrate.
Oggi Megan Rapinoe, bandiera della parità, se la prende anche con chi subisce i torti e preferisce non vederli, non lamentarsene, «se reagisci così sei parte del problema». Su un'altra frequenza Frappart, la prima arbitra nella Champions degli uomini, crede sia meglio «tirare dritto» davanti a una minoranza di frustrati però è convinta che fermare una partita quando il malessere entra in campo costruisca generazioni migliori.
Il protocollo Uefa è valido, solo che i protagonisti chiedono più rigore nell'applicarlo. Il presidente Ceferin si lamenta di «qualche governo che non collabora. Gli idioti usano il calcio per promuovere la loro stupida ideologia».
Prima di Psg-Basaksehir, quando il pallone si è fermato davvero, c'è stata Bulgaria-Inghilterra. Tyrone Mings si gira verso l'arbitro e gli grida: «Ma non li senti?». Si riferisce a cori indegni.
Lo sdegno finisce in diretta tv e ora lui ricorda quella «fortuna»: «Se ne è discusso durante e dopo, si è interrotta l'omertà». Eppure il silenzio resta in molte altre situazioni. Hitzlsperger, oggi direttore sportivo dello Stoccarda, avrebbe voluto fare coming out mentre giocava: «Non ci sono riuscito, gli amici me lo sconsigliavano». Nessuno ci è riuscito ancora, «forse perché nessuno vuole essere il primo».
Servono punti di rottura che crepino le brutte abitudini, se non si possono estirpare si deve almeno fare in modo di non tramandarle. Pogba, nel suo giorno più triste, travolto da una sequela di parole disgustose durante un Fiorentina-Juve, ha guardato quel padre che lanciava ingiurie e ha regalato la maglia al figlio.
Gesti, fatti, atleti in ginocchio, attenzione, richieste serie, un film schietto nei giorni di Natale. Per cambiare bisogna prima indignarsi.