Luigi Panella per www.larepubblica.it
Michele Scarponiaveva ritrovato da poco quel gusto di quella vittoria che gli mancava da 4 anni. Aveva infatti vinto la prima tappa del Tour delle Alpi, e non era stato un successo qualunque: erano stati battuti infatti campioni del calibro di Pinot e Thomas. Quel gusto dell'esultanza ritrovato proprio in coincidenza con l'assegnazione dei gradi di capitano dell'Astana. Dopo che il leader delle ultime stagioni, Vincenzo Nibali, aveva cambiato squadra, Scarponi dall'alto della sua esperienza avrebbe dovuto aiutare da regista in corsa Fabio Aru. Dopo l'infortunio del sardo però i dirigenti dell'Astana non avevano avuto dubbi: sarebbe stato lui il capitano del team kazako al Giro.
roprio in questo snodo del destino è racchiuso il rapporto particolare di Scarponi con il ciclismo: un po' capitano, un po' gregario, termine quest'ultimo un po' desueto ma che lui apprezzava con l'umiltà del vero campione che si metteva al servizio di corridori più giovani. Campione non è un termine esagerato, perché non va dimenticato che Scarponi, tra le corse vinte, vanta un luminoso fiore all'occhiello, il Giro d'Italia. Fu una vittoria dal sapore agrodolce in quanto fu assegnata parecchio tempo dopo, al termine della lunga querelle sul doping che sancì la squalifica di Alberto Contador, che lo aveva preceduto. Proprio in quel Giro, nella tappa dell'Etna, Scarponi (grande scalatore) diede vita ad un duello con lo spagnolo degno di pagine eroiche del ciclismo.
Il maledetto doping aveva coinvolto anche lui nel periodo oscuro del ciclismo: fu squalificato per diciotto mesi nella sua permanenza in Spagna, ma seppe rientrare più forte nel fisico e nel carattere.
Corridore eclettico, capace anche di piazzamenti di qualità nelle classiche monumento. Secondo ad un Giro di Lombardia, sesto ad una Sanremo, anche se probabilmente la gara che gli piaceva di più era la Liegi-Bastogne-Liegi, chiusa due volte nei primi cinque. Ieri l'ultima tappa del Tour delle Alpi, quella con il mitico monte Bondone. Scarponi aveva preferito evitarla per tornare ad allenarsi nella sua Filottrano, dove un destino tremendo lo attendeva a soli 37 anni.