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Mattia Chiusano per "repubblica.it"
Alle Olimpiadi si è sempre sentita americana. Questa volta, più delle altre, Serena Williams si sente anche afroamericana. Perché mentre lei sbarca a Rio con la voglia di sempre di partecipare alle Olimpiadi, nel suo paese la corsa per la Casa Bianca può riservarle qualche sorpresa non gradita.
"Trump? Io cerco di non farmi coinvolgere dalla politica, ma come afroamericana il problema lo sento, sono molto sensibile" scandisce di fronte a un auditorium pieno di media e tv americane. "Sono per l'amore, non per l'odio" aggiunge.
Ad accompagnarla durante la sua presa di posizione, l'intera squadra americana di tennis che ascolta in silenzio, in un'atmosfera collegiale così diversa dalle conferenze solitarie dei Grand Slam. Ma d'altronde Serena ama le Olimpiadi, ci vuole essere, in questa bolgia di etnie, bandiere, cibi, idiomi differenti. A Sydney era una ragazzina di diciassette anni, che all'ombra rassicurante della sorella Venus vinse la medaglia d'oro nel doppio.
Ad Atene era infortunata, a Pechino si arrese nei quarti alla Dementieva, vincendo ancora il doppio con Venus. A Londra eliminò una dopo l'altra Jankovic, Radwanska, Zvonareva, Wozniacki, Azarenka, Sharapova, aggiungendo all'oro del singolare quello del doppio. Ed ora che Serena ha trentaquattro anni, ventidue Slam vinti e tanta voglia di dedicare più tempo alle sue creazioni di moda, alle Olimpiadi non rinuncia. Nonostante l'usura, i timori di Zika e la rinuncia di alcune avversarie come la Halep, o di connazionali come Isner e i fratelli Bryan.
Treccine rasta come la sorella (che le ha però tinte di biondo e di rosso), Serena si presenta a Rio come Team Usa, insieme a Venus, Keys, Stephens, Vandeweghe, Mattek-Sands: "E' sempre speciale essere alle Olimpiadi a rappresentare il proprio paese. Mi piace giocare e sognare di vincere gli Slam, ma essere in campo in un'Olimpiade è completamente diverso. Quando ho vinto la prima medaglia ho sentito una sensazione mai provata. So di essere qui per difendere qualcosa, sento la pressione per essere campionessa in carica".
Non era mai stata a Rio, e ne approfitta per apprezzare il Brasile messo nel mirino dei media Usa per acque avvelenate, disorganizzazione, violenza. "Avevo giocato un'esibizione a San Paolo, e mi era piaciuto l'entusiasmo della gente. Abbiamo fatto un giro qui a Rio, un'esperienza meravigliosa". Lontana dai ricordi delle vittorie recenti (Wimbledon) e dagli impegni futuri (Us Open), e soprattutto dai timori di quel che può succedere nel suo paese.
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