1. IL SESSO, IL CANCRO, LA SAMPDORIA, LA NAZIONALE: GIANLUCA VIALLI A TUTTO CAMPO
"GRAZIE AL CALCIO HO COMPRATO LA MACCHINA, LA CASA E HO PERSO LA MIA VERGINITA’"
2. "LA MALATTIA? LOTTO PIU’ORA DI QUANDO GIOCAVO, MI SOPPORTERETE ANCORA PER MOLTO.
"LA NAZIONALE? LA MIA STORIA AZZURRA SI È INTERROTTA TROPPO PRESTO, ANCHE PER COLPA MIA". IL RUOLO DI CAPODELEGAZIONE AFFASCINA L’EX BOMBER CHE HA ANCORA DUBBI (IN BALLO L’IPOTESI DI ACQUISTO DELLA SAMP GRAZIE A UN FONDO AMERICANO LEGATO A LUI)
3. IL CT MANCINI SPERA NEL SI': "PUO’ DARCI UNA MANO. CON LUI ABBIAMO DIVISO ANCHE LA CAMERA, CI SEPARAMMO QUANDO COMINCIO’ A RUSSARE". E FERRARA RICORDA QUELLA VOLTA CHE PER UNA SCOMMESSA FU OBBLIGATO A CORRERE NUDO PER 100 METRI... - VIDEO

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Luca Bianchin per la Gazzetta dello Sport

 

 

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Gianluca Vialli è uno studente prima dell' interrogazione. Vuole calmarsi, concentrarsi, ripassare il discorso, però non riesce. Prende una sedia, tenta di sedersi, rinuncia. Vialli è in una stanza sul retro della Sala Buzzati, dove decine di persone stanno parlando di lui, in attesa di vederlo sul palco per la consegna del premio "Il bello del calcio 2019", ideato dalla Gazzetta nel 2006 in memoria di Giacinto Facchetti. Ci sono il presidente di Rcs e del Torino Urbano Cairo, padrone di casa, il numero uno del Coni Giovanni Malagò, il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, il numero uno della Lega Gaetano Miccichè, il presidente del Milan Paolo Scaroni, l' a.d.

 

Sport dell' Inter Beppe Marotta, il gemello Roberto Mancini, ma Vialli ha in testa solo i suoi genitori: «Penso a mamma e papà - dice -. Non posso commuovermi, non voglio farli emozionare troppo». Gianluca, ci sono una notizia buona e una cattiva. La buona: quel discorso è andato alla grande. La cattiva: hai fatto emozionare tutta la sala, altro che mamma e papà.

 

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 Il premio a Gianluca Vialli è meritato per la grandezza del calciatore e lo stile dell' uomo, ma questo non è mai stato in discussione. La novità è stato il clima, l' atmosfera. Nove cerimonie di premiazione su dieci sono un po' noiose, ingessate, al massimo rituali. Non questa. Vialli è salito sul palco e in venti minuti ha portato nel teatro il sole, le nuvole, le stelle, poi ancora il sole, la neve, di nuovo le stelle: ha divertito, emozionato, commosso e fatto riflettere, tutto insieme, un' emozione dopo l' altra.

 

Ci sono stati momenti in cui veniva da sorridere e da commuoversi contemporaneamente.

 

«Quando mi hanno comunicato che volevano premiarmi ero molto sorpreso, quasi scioccato - comincia Vialli -. Io il bello del calcio? A me hanno sempre detto al massimo che ero simpatico. Poi ho visto che avevano dato il premio anche a Zola e mi sono detto "beh allora lo posso vincere anche io"».

vialli cairo vialli cairo

 

 La sala ride, Gianluca allora prende coraggio e parla di gioie e dolori, di vita e di morte, di egocentrismo e amore incondizionato, in una serie di frasi che meritano di essere unite perché spiegano la sua visione del mondo. «Ringrazio la giuria per la scelta.

Avete dimostrato grande competenza... Mi immagino il comitato, uno avrà detto "diamolo a Vialli che magari anno il prossimo anno sarà troppo tardi"». Tra il pubblico risate un po' così, tra il teso e il liberatorio, ma Gianluca ormai ha fissato la cifra stilistica del monologo e non torna indietro. Poco prima, addirittura, aveva improvvisato una dichiarazione d' amore al pallone.

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«Io mi sono innamorato del calcio da piccolissimo, è passato un pallone e l' ho colpito. Ho giocato presto alla Cremonese, di cui ero innamorato. Era la squadra che andavo a vedere quando avevo 5-6 anni, avevo molto senso di appartenenza. Il calcio mi ha dato tutto, mi ha permesso di comprare una Golf cabriolet sabbia chiara metallizzata con cui andavo a fare il figo per Cremona. Grazie al calcio ho perso la verginità e fatto sesso per la prima volta, non credo che altrimenti sarebbe successo. Poi nella vita le cose succedono o meno, secondo quello che decidono le stelle. Io stavo firmando per i Rangers di Glasgow, all' ultimo giorno il Chelsea cambiò allenatore e mi chiamò per giocare da loro. Così sono andato a Londra, ho vinto un sacco di trofei, ho conosciuto mia moglie e ho avuto due figlie fantastiche, con cui capito che cos' è l' amore incondizionato».

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La vita di Gianluca Vialli, come si sarà capito, non è stata un rettilineo. Stradivialli è nato in una famiglia molto ricca di Cremona, è stato il centravanti della Nazionale, il capitano della Juve e l' allenatore del Chelsea, ma i momenti difficili non sono mancati. Lo dice anche la motivazione del premio: «Vialli con coraggio ha raccontato che i campioni non sono solo superuomini ma anche fragili».

 

Gianluca, che in un libro ha svelato la sua convivenza col cancro, non ha difficoltà a confermare: «Io ora sono un uomo vulnerabile, spero migliore di prima. L' esperienza che ho vissuto mi ha insegnato, ne avrei fatto volentieri a meno ma mi sono impegnato mentalmente e fisicamente. Grazie all' aiuto delle persone vicine è andata bene. A proposito, volevo dire che io sto bene e tutto procede bene. La vita è al 10% quello che succede e al 90% come rispondiamo noi a quello che succede. Io mi sto preparando meglio ora di quando giocavo. Dovrete sopportarmi ancora per parecchio».

 

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La lezione di Gianluca Vialli è anche qui: lamentarsi è vietato, bisogna prendere quello che il Fato offre e lavorare per migliorarlo.

 

Gianluca ha l' abilità di trasmetterla con un sorriso, con una frase sincera. Urbano Cairo, presidente di Rcs e padrone di casa, riassume per tutti. Prima sale sul palco e racconta di sua mamma tifosa di Giacinto Facchetti, poi spiega ai giornalisti che cosa rappresenti per lui Gianluca Vialli: «Oltre a essere stato un grande calciatore di talento, è una persona di assoluta qualità, con doti da mattatore veramente inedite. Ha grande spessore umano e veicola valori positivi. In qualche modo si vede come tutto gli venga naturale». Poco più in là, in sala, ci sono gruppi di amici di Vialli. Ferrara, Pessotto e Torricelli, compagni alla Juve. Massimo Mauro, con cui condivide l' impegno nella Fondazione per la ricerca e lo sport. Riccardo Ferri, con lui in Nazionale. Gli amici della Samp Vierchowod, Lanna, Lombardo, i figli del presidente Mantovani.

 

Gianluca con loro ha un rapporto di sguardi e abbracci, anche a distanza. Ciro Ferrara racconta di Luca simulatore e del giorno in cui, per una scommessa, fu obbligato a correre nudo per 100 metri.

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Vialli sorride, anche perché poco prima aveva confermato tutto: «Io simulatore? La Var mi avrebbe messo nei casini più di una volta... In Italia siamo cresciuti con Machiavelli, pensando che il fine giustifica i mezzi, ma con gli anni si impara che nella vita ci sono i valori». E sulla Samp: «Noi davamo il 110% perché eravamo innamorati della società. Io per lei ho rifiutato il Milan ma ai milanisti lo dico sempre: "Vi è andata bene, con me non avreste avuto Van Basten". Boskov lavorava sui nostri pregi, ci lasciava giocare un calcio avventuroso, ad alto ritmo, spontaneo. Eravamo giovani e immaturi, lui per noi è stato un maestro».

 

Vierchowod e Torricelli invece salutano Gianluca sul retropalco e con i giornalisti si finisce a parlare di Juve: «Ora vorrei proprio che qualcun altro alzasse la Champions - dice Vialli -. La Juve ha ancora il 50% di possibilità, un anno fa è stata straordinaria al Bernabeu ed è in grado di fare l' impresa. Servirà un po' di fortuna, l' Atletico non ti fa giocare ma non è imbattibile, altrimenti vincerebbe tutti i campionati e tutte le coppe.

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Facciamo così: un gol nel primo tempo, uno nel secondo e poi ai rigori si vince».

 

La cerimonia corre verso la fine ma Vialli non ha terminato e a tratti le sue parole, sempre che non sembri esagerato, diventano una lezione di umanità. Gianluca dice che «nel calcio ci vogliono idee, coraggio e bellezza» e la frase pare tratta da un manifesto futurista. «La mia missione è fare in modo che il calcio sia uno sport migliore», dice. In un altro dialogo con Sacchi, Vialli ripensa al suo «no» alla Nazionale e spiega che «a volte per egocentrismo si fanno battaglie di principio che non devono esistere». Allora, quando per un attimo si ferma a pensare, viene voglia di chiedergli che cosa ancora lo emozioni di questo calcio moderno. Gianluca ci pensa un attimo e dice: «I giovani che si fanno notare, il tifo sano, le vittorie e anche le sconfitte». Più o meno, la vita.

 

 

IL BELLO DELL' AMICIZIA LUCA FRA ITALIA E SAMP PERÒ MANCINI CI SPERA «SA DI CALCIO: MAGARI...»

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Andrea Elefante per la Gazzetta dello Sport

 

Si capiscono con uno sguardo anche oggi, come succedeva in campo quando uno (Mancini) faceva segnare l' altro (Vialli). E a volte viceversa, ricorda Gianluca: «Di ruolo eravamo intercambiabili e così per i difensori diventavamo ancora più difficili da gestire». Il resto è raccontato da Pisolo (Vialli) e Cucciolo (Mancini) - «La storia dei sette nani è vera, sì» - con parole che non fanno nulla per nascondere un vissuto molto esclusivo: fatto di amicizia, bene, confidenza, esperienze comuni. Anche lacrime, «ma non piansi solo io quando Luca ci disse che sarebbe andato alla Juventus: quel giorno finiva una storia importante». Sicuramente complicità: anche quella del sapersi prendere in giro senza paura di farsi male.

 

PRESE IN GIRO Dunque Vialli e Mancini si sono conosciuti a Coverciano, «era Under 18 o 19, non ricordo, e io non sapevo bene chi fosse Luca: giocava in Serie B, lui...». «Io invece Roberto lo conoscevo: faceva il centravanti arretrato, aveva cosce gigantesche e infatti ancora correva...». Dunque hanno iniziato a volersi bene. Fuori dal campo: «Dividendo anche la camera, finché Gianluca non ha iniziato a russare». «Ma era solo colpa di una frattura al naso: in campo ero uno da battaglia, io». E in campo, certo: «Roberto buttava la palla avanti a occhi chiusi, io facevo tutto il resto per segnare e tutti parlavano di suoi grandi assist.

vialli cover vialli cover

 

Boh. Però ricordo un grande gesto nel campionato dopo il Mondiale '90, mi pare fosse un Samp-Pisa. Rientravo da un infortunio, lui ne scartò tre-quattro e il portiere, poi me la passò, con nonchalance, gli passavo di fianco... Scherzi a parte: era il suo bentornato. Roberto mi ha fatto fare un sacco di gol, in realtà, ma io ho corso per lui per otto anni: diciamo che saldava un debito». Dunque hanno diviso anche le emozioni e la delusione di un Mondiale in salita per entrambi: «Quando Schillaci iniziò a segnare, Luca appese fuori dalla sua camera un cartello: "Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare". Peccato che il giorno dopo avesse 40° di febbre».

 

SENZA FORZARE Spesso è un filo sottile a separare il pentimento dal rimpianto e ieri non per la prima volta Vialli lo ha riavvolto con consapevolezza: «La mia storia azzurra si è interrotta troppo presto, ma anche per colpa mia». Come dire che gli sarebbe impossibile non leggere anche la chiusura di un cerchio nel suo eventuale sì alla proposta del presidente della Figc, Gabriele Gravina, di diventare il capodelegazione dell' Italia. L' Italia oggi del suo amico Mancini: «Sarebbe fantastico potermi prendere ancora cura di Roberto e della Nazionale».

roberto mancini e gianluca vialli alla sampdoria roberto mancini e gianluca vialli alla sampdoria

 

I due ne hanno parlato, ovviamente, ma il c.t. dice solo quel che può, perché nulla dipende da lui: «Luca può darci una grossa mano, con le sue conoscenze di calcio». Sa di non poter forzare l' amico, e lo sa anche Gravina: che infatti non lo ha fatto finora, e presto dovrà solo perché il Consiglio federale previsto entro metà marzo è diventato, unicamente per motivi pratici, una sorta di deadline . Oltre, sarebbe ormai difficile andare, anche perché l' inizio delle qualificazioni all' Europeo è alle porte. Anche se Gravina spiega che «l' invito che ho fatto a Vialli è una cosa mia, il Consiglio federale non c' entra: comunque faremo in modo che sia pronto a rispondere il prima possibile».

 

L' IPOTESI SAMP Dunque troppo presto perché nel frattempo si sia risolta la trattativa che vuole o vorrebbe un fondo americano legato a Vialli interessato all' acquisto della Sampdoria. «Ma di questo - Gianluca qui dribbla - non dico nulla, né sì né no, perché tutto può essere usato e interpretato contro di me». In ogni caso, al di là delle ovvie smentite, una cosa sembra certa: la sua decisione «azzurra» dovrà prescindere per motivi di tempo da questi sviluppi. E non è per caso che Vialli ci tiene a mettere in primo piano, ai fini della scelta finale, «ragionamenti personali e di famiglia: questo è un ruolo da rivestire con grande senso di responsabilità, serve la persona giusta e con le forze giuste. Per accettare, devo essere convinto al cento per cento». Al momento non lo sembra ancora del tutto, ma sapremo presto.

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