Da gazzetta.it
Quanto sarà rivoluzionata la squadra: "Ne stiamo parlando ora con i dirigenti e la proprietà per creare una squadra più forte, anche se non sarà facile perché gli acquisti non vanno assolutamente sbagliati. Stiamo lavorando sentendo anche l'umore dei calciatori, l'Inter forte deve essere l'Inter, non questo o quel nome. Siamo una squadra e tutti devono vivere dentro la squadra, mettere il sudore comune per lo stesso obiettivo. Non ci sono obiettivi individuali se non c'è l'obiettivo comune. La partita è una scatola in cui vanno messi un totale di chilometri di corsa, di palle riconquistate, di rimpalli vinti, di metri a una certe velocità, di colpi di testa. La squadra deve sapere che maglia indossa e quanti etti pesa, come è fatta la maglia, tutto".
Sulla concorrenza battuta per la panchina dell'Inter: "In che posizione ero stato messo, quanti ce ne erano davanti? Secondo me ce n’erano di più di quelli che pensate voi, ma a me non frega niente, io sono l’allenatore dell’Inter e vi farò vedere che sto rilassato e comodo in questa posizione. Io la sento come una sfida molto eccitante: la vivrò come tale e vi faccio vedere che la vivrò così.
Perché è andato via da Roma: "L'Inter mi ha contattato quando stava per finire il campionato, come ha detto Pallotta quando ha detto che io sarei andato via comunque perché non si sarebbero fatti risultati. Io mi identifico in ciò che amo e amo ciò in cui mi identifico, fino in fondo. Sono stato contattato dall'Inter poco prima della fine del campionato, ma se accetti questo contatto si fa un discorso diretto. Io non ho voluto farne finché non è finita la storia con la Roma: poi ho preso contatto, lasciato la Roma dispiaciuto, salutando tutti. Da quel momento in poi questa è stata la cosa più bella che mi potesse capitare, non penso di aver offeso nessuno dicendolo. Io non ho antipatie, ho qualche simpatia selettiva ma non antipatie. Lì a un certo punto ero diventato quello che divideva anziché unire, eravamo dentro questo dubbio epocale, questo problema su che cosa poi sarebbe stato, sulla fine della gestione del mito della Roma, Francesco (Totti, ndr) è un mito.
Di conseguenza si è verificata questa contrapposizione che l’amore per quello che è il calciatore più importante, che ha fatto vedere più qualità, ha prevalso sull’amore stesso che doveva esserci per la squadra. Se io non riesco a mettere d’accordo queste due cose qui a Roma è segno che non ho fatto bene il mio lavoro. Io non posso prescindere dal fatto di unire queste due cose, devo mandarle di pari passo e le usi di forza per spingere il nostro risultato.
Avendo fatto male quello ero in difficoltà perché li ho sentiti durante la partita, se vivi a Roma li senti quando vai a prendere il caffè, quando ti fermi ai semafori gli affetti e i messaggi che vogliono mandarti. Ce ne sono stati anche molti a favore, ma proprio perché c’era una linea di demarcazione su quelli a favore e quelli contro, allora no. Il mio lavoro è essere tutti uniti dalla stessa parte. Spero che la Roma trovi la possibilità senza di me di essere unita verso il suo obiettivo."
Sul gap da colmare con la Juve: "L'anno scorso non ho visto tutta questa differenza di punti tra Inter e Juve, sicuramente vanno rispettati i bianconeri perché a volte sono oggetto di cattiverie gratuite perché sono forti, io faccio i complimenti ad Allegri per quello che ha fatto, per la finale di Champions guadagnata, quando si hanno calciatori forti di solito si pensa che sia facile vincere. Invece è difficilissimo, facile è avere calciatori normali e non vincere niente. Avere calciatori forti e vincere è difficile, quindi brava Juve. La dobbiamo rispettare per la sua forza ma il rispetto non va confuso con il timore".
Come immagina la sfida con la Roma: "Ringrazio Pallotta e la Roma per i messaggi inviatimi dopo che è finito il campionato. Ringrazio gli sportivi di quelli che sono stati gli abbracci e l’affetto ricevuto quando ci siamo lasciati. La forza del nostro avversario è davanti agli occhi. Non è fondamentale la posizione di classifica ma serve mettere a fuoco la differenza di punti. Se in un campionato ci sono 25 punti di differenza, vuol dire che devi fare 8 vittorie in più di quella squadra. Io loro li conosco bene, i miei ex calciatori sono professionisti di grandissima qualità, evidenziavano questa appartenenza in qualsiasi momento. Senza appartenenza difficilmente ci sono risultati e lo continuerò a ripetere: conta più della tattica. Quei calciatori lì quella partita ce la faranno sudare doppia, anzi al cubo. Gente che si chiama Manolas, Rüdiger, Strootman, Nainggolan, Dzeko è gente che sa qual è l’obiettivo che deve portare a casa, lavora per quell'obiettivo. Quella partita sarà particolarmente difficile".
Sugli insuccessi di tanti allenatori in questi anni con l'Inter: "Tutti si chiedono come è possibile avere un'Inter fuori dalle coppe in questi anni, come fosse uno scandalo. Da fuori anche a me è parso così, ho voluto partecipare a questo periodo di difficoltà per avere poi una reazione importante e corretta. Io non sono più bravo degli allenatori che mi hanno preceduto, ma sono differente. Si lavora a modo mio perché mi fido del mio modo di fare, anzi se fosse possibile chiedo ai calciatori di fidarsi di me perché sarò con loro al 100% in ogni situazione, qualunque cosa accada con tutta la mia persona.Poi le cose le vedremo strada facendo. Dobbiamo riportare l'Inter dentro la sua storia".
Se ha affrontato il tema Perisic con la società: "Mettiamo in chiaro una cosa da subito: da qualche anno non vinciamo niente. Per cui o facciamo qualcosa di diverso o continuiamo ad avere questi risultati. Mi sembra che un calciatore o l’altro non possa determinare la vittoria di un titolo o di un qualcosa che sia riconoscibile. Prima ho evitato di rispondere su Icardi, ora Perisic, è chiaro che ci sono calciatori forti, ma poi devono entrare in un meccanismo di squadra, deve essere la squadra che funziona. Voglio che tutti i calciatori riescano a donar qualcosa al compagno di squadra di quelle che sono le proprie qualità, non voglio prendere niente dal mio compagno, ma voglio dargli quello che ci farà diventare una squadra forte".
Modulo: "Io ho scelto il 4-2-3-1, ma è fondamentale conoscere alcuni concetti. Se, quando ci confrontiamo, facciamo vedere dove vogliamo andare, anche i più bravi saranno costretti a farsi da parte. Se non saremo forti come qualità di gioco, saremo noi a doverci scansare".
Perché ha scelto l'Inter: "Per riposizionarla nel ruolo che le compete nella sfera che riguarda la storia di questo grande club. Ho scelto l’Inter perché quando me la sono immaginata, me la sono immaginata con una storia piena di belle cose, le voglio vivere tutto fino in fondo queste belle cose che vivremo insieme. Le voglio vivere guardandola da più posizioni questa storia, voglio essere in prima linea come attore, ma anche spettatore privilegiato, perché quando si riesce a guardarla da due posizioni la conosciamo tutta. Se uno la vive solo da dentro probabilmente sa meno cose. Io la virò in tutte le sue sfaccettature questa storia, voglio assorbire tutto quello che riguarda l’Inter dall’inizio alla fine".
L'inizio: Spalletti inizia parlando dello scudetto vinto dalla Primavera nerazzurra: "Parto con i complimenti a Stefano Vecchi e alla sua squadra, hanno portato a casa un risultato molto importante. Spero che i nostri ragazzi facciano tesoro di questo successo; di solito sono loro che guardano noi, stavolta siamo noi che dobbiamo guardare loro, ci fanno onore".
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