Matteo Pinci e Stefano Scacchi per la Repubblica
I destini di Spalletti, Montella e Di Francesco s' incrociano nel pomeriggio di ieri. Mentre il primo racconta i motivi che l' hanno convinto a lasciare la panchina della Roma "candidando" gli altri due a sostituirlo («Spero che la Roma prenda Montella o Di Francesco»), l' ex aeroplanino è in una stanza di Casa Milan a mettere la firma sul prolungamento del contratto fino al 2019. Pensare che l' allenatore aveva lasciato lunedì il workshop con gli sponsor a Santa Margherita di Pula senza dare l' impressione di avere una data precisa per l' appuntamento.
Tra lunedì sera e ieri mattina invece l' accelerazione, che ha sorpreso anche i manager delle aziende presenti in Sardegna: «Ma allora perché non hanno fatto qui l' annuncio?». Sembrava il contesto ideale per lanciare una nuova stagione che dovrà produrre risultati anche commerciali. La priorità però è molto chiara: tornare in Champions nella stagione che amplia fino al 4° posto l' accesso diretto tra le magnifiche 32.
«Ora lavoreremo insieme per raggiungere obiettivi più gloriosi che si avvicino alla storia di questa società », conferma Montella che analizza così la griglia di partenza: «Juventus, Roma e Napoli sono inavvicinabili. La Lazio ha chiuso con 7 punti più di noi. Poi c' è l' Inter. L' Atalanta merita rispetto. E non dimentichiamo che ogni anno c' è un outsider». Concorrenza ampia: un motivo in più per chiudere subito la pratica allenatore, definita con quell' annuncio inedito in diretta via Facebook insieme a Fassone e Mirabelli.
I saluti di Spalletti alla capitale erano terminati da poco in un j' accuse con obiettivi vari: «I fischi dei tifosi mi hanno fatto male e non li merito. Non sempre tutti qui hanno remato dalla stessa parte. Qualcuno ha voluto creare una divisione tra me e Totti che non esiste, io a Francesco ho voluto bene e gli ho allungato la carriera di un anno». Post- verità che anticipano l' accordo con l' Inter di Sabatini, diretto in queste ore a Nanchino dai vertici di Suning.
Entro la metà di giugno - il 12 o il 13 - tornerà per presentare a Milano il nuovo allenatore interista. Ma la colonia di ex romanisti si arricchirà pure di Rüdiger, elemento indispensabile per l' allenatore a garantire una difesa "elastica": «Ci piace», ammette Sabatini, e domenica gli agenti hanno già presentato una proposta interista a Trigoria.
Ma gli intrecci non finiscono qui. Mentre Spalletti, sono circa le 17 di ieri, sale su un treno per andare a godersi qualche giorno di riposo a Firenze (nel week end incontrerà Ausilio), Di Francesco sorseggia ignaro un caffé in un bar dell' Eur, a Roma: «Non sono qui per firmare, vado dal dentista». Eppure, è in quegli istanti che il ds romanista Monchi sta annunciando al calcio italiano che all' ingaggio del nuovo tecnico non manca poi molto: «Per il prossimo allenatore è quasi fatta». Mentre Pallotta rinvia a oggi il ritorno negli States previsto per il pomeriggio di ieri. Pure la questioncina della clausola rescissoria con il Sassuolo è in via di definizione: forse, all' inizio della prossima settimana l' annuncio.
Curioso che ieri fosse a Roma pure Sarri, ma per ricevere il premio Bearzot: «Il mio lavoro al Napoli non è finito», la promessa prima di un vertice con De Laurentiis. Risultato: una fumata grigia. Niente aumento, solo un premio per il terzo posto e la promessa di riparlare del contratto (che prevede una clausola liberatoria per l' anno prossimo) dopo aver capito se la squadra potrà lottare per lo scudetto. Roma è punto di snodo anche per Mancini, che lì firmerà tra giovedì e venerdì per lo Zenit: triennale da 6 milioni a stagione e budget illimitato sul mercato. Nulla di cui potersi lamentare.
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