Da nuoto.com
“Sono perplesso su come è stata posta ieri in conferenza stampa dal presidente del consiglio Giuseppe Conte la questione delle piscine e delle palestre, perché non vanno ammucchiate.. E’ chiaro che si debba approfondire la questione, cercando di capire chi ha dato quelle determinate informazioni a chi di dovere. Tutti i gestori di piscine hanno speso centinaia di migliaia di euro per mettersi al passo con le regole, tramite sanificazioni, prenotazioni, ingressi contingentati, dietro c’è un costo enorme.
C’è sempre stato il rispetto delle norme da parte di tutti, non si capisce come mai si è andati a individuare proprio queste categorie. Siamo in attesa di capire e abbiamo chiesto un nuovo incontro con il ministro per le Politiche giovanili e lo sport, alla presenza anche del ministro della Sanità e dei membri del Cts, questo perché chiariscano quali sono i protocolli per la fruizione degli impianti natatori, se sono validi. Non bisogna essere generici e colpire solo coloro i quali non si possono difendere, non si deve mettere un’intera categoria nel banco degli imputati.
C’è il dubbio, se non addirittura la certezza, che si dovesse chiudere qualcosa e si è deciso di farlo con chi ha meno potere”.
IL REBUS DELLO SPORT
Daniela Cotto per “la Stampa”
Ha atteso il discorso del premier Conte incrociando le dita, come molti altri dirigenti sportivi. Alla fine Pierluigi Betturri, presidente del Trastevere calcio, ha tirato un sospiro di sollievo, ed è già un esempio per tutti. L'attività del club - che opera anche in campo sociale appoggiandosi alla Comunità di Sant' Egidio di cui porta il logo sulla maglia - è salva, almeno per ora, anche se regolata da norme ferree che cambiano gli allenamenti del suo ricco vivaio. «Niente partite per i nostri 400 bambini: svanisce il momento più divertente della settimana. Ma ci adeguiamo. Cercheremo di rendere piacevole il lavoro mettendo in campo i paletti per fare lo slalom palla al piede, e organizzando sfide di tiri in porta, uno alla volta».
Anche lo sport soffre ai tempi del Covid ma il ministro Vincenzo Spadafora è soddisfatto: «Abbiamo evitato il lockdown usando il buonsenso», commenta. E ieri sera al Tg5 ha ribadito: «Ho appoggiato i campionati dei dilettanti perché lo sport ha rispettato tutti i protocolli. La scelta potrà cambiare solo se dovesse peggiorare la situazione nel Paese».
Si va avanti dunque con gli sport «da contatto» a livello giovanile, calcio, basket, pallavolo consentendo ai ragazzini di allenarsi ma senza competizione. I tornei a livello provinciale però sono fermi. Per i giovanissimi non sarà possibile quindi disputare partite né in allenamento né in torneo e non si potranno usare gli spogliatoi. «Troppo complicato», spiegano i dirigenti che hanno accolto il Dpcm con soddisfazione perché viene riconosciuto il loro impegno.
E Vito Tisci, presidente del settore giovanile e scolastico della Figc chiede: «Un confronto urgente con le istituzioni a sostegno delle 9.000 società che si impegnano in questo settore aiutando i nostri figli». Anche quelli del campionato Csi, amatoriali e a livello provinciale, mordono nel freno.
Il movimento degli sportivi in Italia coinvolge circa 18 milioni di praticanti: la quota è più elevata nel Nord-est (40,4%), seguita dal Nord-ovest (39,5%), e le attività che raccolgono maggiori adesioni sono ginnastica, aerobica, fitness, cultura fisica (25,2%), calcio (23%) e sport acquatici (21%). Secondo una stima del Cocadons, sono almeno 100 mila le società sparse sul territorio, un settore che produce un giro d'affari annuo pari a circa 2 miliardi di euro.
I dipendenti dall'adrenalina della fatica, 1 italiano su 3, sono il cuore pulsante dell'attività di cui solo il vertice professionistico ha gli onori della vetrina. Le attività di base e delle scuole «sono consentite solo in forma individuale e non sono permesse gare e competizioni». Se lo sport amatoriale deve limitarsi ad allenamenti singoli senza partite, quello dilettantistico - dalla Serie D alla Seconda categoria per parlare del calcio - procede. La decisione non è stata fatta a caso.
Il nuovo Dpcm anti-pandemia ferma le partite di sport a livello provinciale e giovanile, mentre quello nazionale e regionale proseguono, dal calcio al rugby. Ma nei fatti, solo per il mondo del pallone, lo stop ai match riguarda un fenomeno che coinvolge in Italia 9000 società, di cui oltre 7 mila con le vere e proprie "scuole", con rette annuali che variano da 300 a 900 euro e possono garantire un movimento economico a molti zeri. Ogni anno vi cominciano a giocare 300 mila ragazzini, ed è stato calcolato che solo uno su quattromila di loro arriverà un giorno ad esordire nel calcio professionistico di Serie A o B. Numeri che fanno capire la portata del fenomeno, e anche l'importanza di non aver chiuso del tutto queste scuole, come ai tempi del lockdown. Ma c'è chi è comunque preoccupato, come il presidente della lega nazionale Dilettanti, Cosimo Sibilia: «impedire lo sport - dice a proposito del divieto di disputare le partite - soprattutto a bambini e ragazzi equivale a creare un forte squilibrio tra una socialità organizzata e quella disorganizzata, quella che porterà migliaia di giovani a vivere il proprio tempo libero senza regole e senza responsabilità».
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