Alessandro Bocci per il Corriere della Sera
L' esordio di Roberto Mancini è una ventata di aria fresca dopo mesi cupi, bui, rabbiosi. L' Italia della rinascita, copyright dello stesso allenatore debuttante, comincia il lungo viaggio verso l' Europeo 2020 in questo angolo verde della Svizzera tedesca chiamato Appenzello.
«Ho buone sensazioni», dice il nuovo stratega nella piccola sala stampa del piccolo stadio di San Gallo. Ha allenato e vinto con l' Inter e il Manchester City, con la Fiorentina al debutto e con la Lazio, ma questa vigilia è diversa, più coinvolgente, forse perché attesa e voluta: «Sono onorato di essere qui e sedermi sulla panchina che è stata di grandi allenatori. Vorrei assomigliare a uno che ha vinto il Mondiale».
Magari al Vecio Bearzot o al ruspante Lippi, tanto per citare gli ultimi due. Ma la strada verso la gloria è lunga e accidentata. Intanto stasera, davanti a dodicimila tifosi, quasi tutti immigrati italiani, servirebbe partire con il piede giusto e ritornare a vincere sette mesi e cinque partite dopo l' ultima volta. Il ranking è diventato un piccolo incubo. L' Italia è precipitata al ventesimo posto, mai così in basso e contro l' Arabia Saudita, che inaugurerà il Mondiale con la Russia, l' occasione è propizia. La ricetta è semplice: «Divertirsi e osare anche a costo di sbagliare.
Spero che la gente ci segua con entusiasmo, ma tocca a noi trascinarla. Ci sono ragazzi pieni di talento e in questi giorni abbiamo lavorato con il sorriso nonostante la stanchezza di fine stagione. Un bel punto di partenza. Il passato lasciamocelo alle spalle. E quando le cose non vanno bene non è mai colpa di una sola persona», l' assist a Ventura.
L' Italia del Mancio ha la faccia di Balotelli. «Non so se lo farò giocare. Devo pensare alla partita di venerdì a Nizza contro la Francia dove ci saranno tanti suoi tifosi», prova a bleffare l' allenatore. In realtà, dopo essere stato provato tutta la settimana, il centravanti sarà in campo dal primo minuto. E sarà persino vice capitano. La Nazionale dejuventinizzata, come non succedeva da sei anni, ruota intorno alla cresta ramata di Mario.
Che non è più Super, ma è centrale in questo progetto.
«È forte, italiano e ancora abbastanza giovane. Se si allenerà bene non ci saranno problemi».
Niente succede per caso. Il ritorno del figliol prodigo è una strada più comoda senza i senatori che non hanno mai amato i suoi modi da bullo e la disaffezione al lavoro del centravanti che si è già preso la maglia numero nove. Molto, se non tutto, è cominciato in Brasile in quel maledetto afoso pomeriggio di Natal, all' inizio dell' estate 2014. Il gol di Godin, il morso di Suarez a Chiellini, l' espulsione di Marchisio. Tutto troppo in fretta e impossibile da accettare.
L' Italia di Prandelli, sconfitta dall' Uruguay, fuori dal Mondiale. Uno schiaffo che fa male ancora adesso. Balotelli è il simbolo di quel fallimento.
Ripreso dall' allenatore, criticato duramente dai leader del gruppo. Soprattutto da De Rossi. Mario in un angolo, lontano da tutti, solo con i suoi pensieri.
Ora è diverso. Il gruppo è nuovo, acerbo, entusiasta, pronto a accogliere l' ex (speriamo) bad boy, anzi apparentemente felice di farlo. Bonucci, neo capitano, uno con cui in passato si è scontrato, lo ha perdonato: «L' ho visto cambiato, diverso, maturato» sottolinea il milanista. Rischia di diventare il centro di gravità azzurro. In una squadra rinnovata, sperimentale, con l' età media di poco superiore ai 25 anni, in cui spiccano il ritorno di Criscito e l' esordio di Politano, anche la presenza di Insigne dimenticato negli spareggi con la Svezia da Ventura. Ma tutti chiedono del campione più atteso, che i vecchi leader mal sopportavano e che i giovani di questo gruppo hanno accolto con simpatia. Quasi fosse un capobranco.
Mancini, che lo ha fatto debuttare nell' Inter a 17 anni e lo ha voluto a Manchester, lo ha chiamato senza tentennamenti. Il destino dell' uno nelle mani dell' altro. Mario riparte dai 26 gol nel Nizza (tra Ligue 1 e Europa League) e dalla necessità di salire sull' ultimo tram del desiderio. L' Italia è sempre stata la sua dolce ossessione. Ora la nuova occasione, l' ultima. Mancini gli chiede personalità e maturità.
Soltanto il tempo dirà se il rilancio di Balotelli sarà un rischio o una scelta azzeccata.
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