Monica Colombo per il "Corriere della Sera"
Un coro di no. Sdegnato, furioso, incredulo. Dal campo alla politica, da chi è tifoso o ha rappresentato una squadra in procinto di aderire al progetto della Superlega, e da chi si erge a portavoce di club che hanno declinato l' invito a parteciparvi. Una competizione chiusa per ricchi, destinati a diventare straricchi, diventa un caso di politica internazionale.
Ieri all' ora di cena l' Eliseo ha diffuso una nota nella quale il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha precisato di appoggiare la posizione dei club transalpini di rifiutare di aderire a un «progetto che minaccia il principio di solidarietà e il merito sportivo».
Il Psg, pur invitato, ha declinato la proposta. «Lo Stato francese appoggerà tutte le mosse di Federazione e Lega francesi, di Uefa e Fifa per proteggere l' integrità delle competizioni federali che siano nazionali o europee».
Trascorrono i minuti e Boris Johnson, premier di una nazione pronta a fornire sei squadre firmatarie del progetto che va contro la tradizione, twitta: «Il piano per una Superlega europea sarebbe molto dannoso per il football: supportiamo le autorità del calcio nelle loro decisioni, questi progetti colpirebbero al cuore i campionati nazionali e preoccuperanno i tifosi in tutto il Paese». Quindi l' inquilino di Downing Street lancia un monito: «I club coinvolti devono rispondere ai loro fan e a tutta la comunità calcistica prima di intraprendere ulteriori passi».
Tra i politici di casa nostra è Enrico Letta, segretario del Pd e noto tifoso del Milan, a mostrare contrarietà al piano rivoluzionario. «L' idea di una Superlega per i più ricchi club europei di calcio? Sbagliata e decisamente intempestiva. In Europa il modello NBA non può funzionare. Nel calcio e nello sport la forza sta nella diffusione, non nella concentrazione. E nelle belle storie tipo Atalanta, Ajax, Leicester».
Gary Neville, storico ex capitano del Manchester United, definisce l' idea «un atto criminale». Poi argomenta: «Sulla scia del Covid, è uno scandalo assoluto. Se annunciano che un pre-contratto è stato firmato, punite quei club. Togliete loro punti, multateli, levate i titoli che hanno vinto».
Alex Ferguson che a Old Trafford è considerato più di una divinità aggiunge: «È l' idea più lontana che ci sia da quella formatasi in 70 anni di calcio europeo». Il Manchester United è con il Real il club ideatore del folle progetto: chi glielo spiega a sir Alex Ferguson che la tradizione ha ceduto il passo al business?
«UNA ROTTURA CON LA LUNGA STORIA DEL CALCIO EUROPEO»
Da gazzetta.it
Sir Alex fatica a capire. Alex Ferguson, 79 anni, scozzese, storico manager dello United con il quale ha vinto 13 Premier League, 2 Champions League, 2 Mondiali per club e Coppe Intercontinentali, e tanto altro, sulla panchina dei Red Devils dal 1986 al 2013, non si riconosce in una Superlega che forse sta per nascere : «Tutti questi discorsi sono una rottura netta con i settant' anni di storia del calcio europeo per club. Non so se lo United è coinvolto (sì, ndr ), io non ne sapevo niente».
Ferguson viene da un calcio più umile e popolare in cui i sogni erano possibili: «Sono stato giocatore di una provinciale come il Dunfermline negli anni 60 e allenatore dell' Aberdeen che ha vinto una Coppa delle Coppe. Per un piccolo club scozzese era un' impresa come scalare l' Everest».
Oggi tutto questo non sarà più possibile se il calcio passerà nelle mani di pochi ricchi interessati a una Superlega privata: «L' Everton sta spendendo 500 milioni di sterline per costruire un nuovo stadio con l' ambizione di giocare la Champions. I tifosi di tutto il mondo amano il torneo così com' è. Quando allenavo io lo United abbiamo giocato quattro finali di Champions e sono state le notti più speciali».