Massimo Calandri per “la Repubblica”
La gara è stata quasi una formalità. Partito in pole, al primo giro aveva già un secondo di vantaggio. E poi, chi l' ha visto più? Il 10° successo della stagione, il Prosecco Doc stappato sul podio. A Motegi è arrivato anche il titolo costruttori, sulla pista di casa. Marquez e la Honda. Nel box era tutta una confusione di brindisi e pacche sulle spalle, urla di gioia. Sì, ma in che lingua? Spagnolo, catalano, giapponese? Sbagliato. Italiano, con un leggero accento bustocco.
Perché pochi lo sanno, ma la squadra del Cannibale ha un' anima italianissima: merito di Roberto Clerici detto Ginetto, 51 anni di Marnate, provincia di Varese, a due passi da Busto Arsizio. Meccanico.
Uno che di titoli mondiali ne ha vinti addirittura 10: in Superbike con Bayliss e Corser, 2 volte in MotoGP con Stoner. Da 6 stagioni accompagna il campione di Cervera nei suoi trionfi, dopo averne "colonizzato" l' officina. «Potevo parlare spagnolo. Però per evitare equivoci ho scelto di usare la mia lingua: Marc la capisce perfettamente. E tutti gli altri, anche i giapponesi, hanno finito per adeguarsi».
Nessuno meglio di Ginetto - che ha ereditato il soprannome dal padre, altro meccanico fuoriclasse che metteva le mani sulla MV Agusta di Giacomo Agostini - può raccontare il Fenomeno catalano.
«Un genio. E un ragazzo d' oro.
Come pilota, è il migliore di sempre. Io lo so, ne ho avuti tanti. Ha la capacità di andare oltre i limiti con naturalezza, trova la soluzione a qualsiasi problema. È sempre un passo avanti: il primo a sperimentare un certo stile di guida, a saltare da una moto all' altra nel flag-to-flag, a scegliere questa o quella soluzione tecnica. Con una spaventosa voglia di vincere». E come persona? «In sei anni non ha mai alzato la voce. Sorride sempre. Una persona semplice, vera».
E mostruosamente veloce. «Forse solo Stoner gli si è avvicinato, come velocità. Però Marc riesce a restare freddo nei momenti che contano ». Ieri Ginetto ha seguito tutta la corsa dal box. «A volte mi rifiuto, perché mi fa emozionare tanto che preferisco riguardarmi qualche giorno dopo la gara alla tv, dal divano». In testa dal primo all' ultimo giro: 10 vittorie e cinque volte 2°, una caduta - in Texas quando il successo era già in tasca. Ma potrebbe vincere tutti i gp di una stagione futura? «Quel ragazzo può fare qualsiasi cosa. Grazie al suo talento e a chi gli sta intorno ». Una squadra di campioni, ognuno a modo suo. «Ha saputo riunire i migliori, senza pregiudizi. Un ambiente sano, una famiglia. Sto più insieme a loro che con mia moglie e mia figlia. Abbiamo una chat su WhatsApp: Marc non manca mai di fare gli auguri, mandare messaggi d' affetto. Si lavora bene, con lui».
Nel team c' è anche l' elettronico Carlo Luzzi. Ma l' Italiano è Ginetto. «A volte qualcuno - scherzando - mi chiede che gusto c' è a stare col "nemico". Mi faccio una risata. Succedeva anche quando ero con Stoner. Questa è la mia squadra, il passaporto non conta. E poi, a pensarci su, grazie a me nelle vittorie di Marc c' è anche un po' di tricolore, no?». A proposito di tricolore: ieri sul gradino più basso del podio è salito Dovizioso con la Ducati, protagonista di una bella rimonta. Valentino è caduto a quattro giri dalla fine di una gara anonima. Il Doc si consola pensando a un prossimo appuntamento con Lewis Hamilton, con ogni probabilità a dicembre ad Abu Dhabi: lui salirà sulla Mercedes di F1, Hamilton su una Yamaha M1.