ALBERI INFERNALI E LUOGHI PARADISIACI. L'EPOPEA DEGLI AFRO-CARAIBICI NEL LAVORO DI JOY GREGORY ALLA GALLERIA DANIELLE ARNAUD DI LONDRA – RIELLO: "L'INSTALLAZIONE È FORMATA DA DUE VIDEO REALIZZATI CON LA COLLABORAZIONE DI DUE MUSICISTI E DA UNA SERIE DI IMMAGINI FOTOGRAFICHE. QUEST'ULTIMA PARTE, "THE DRAWING ROOM", È IDEALMENTE DOMINATA DALLA PRESENZA DEL 'MACHINEEL TREE', UNA PIANTA SUPER VELENOSA…

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Antonio Riello per Dagospia

L'artista Anglo-Giamaicana Joy Gregory  (Biennale di Sydney 2010, Biennale di Venezia 2017, Padiglione della Diaspora) vanta un robusto curriculum anche come ricercatrice ed insegnante (attualmente dirige il corso di Fine Art Photography allo UAL di Londra).

 

Ha inaugurato pochi giorni fa  "SEEDS OF EMPIRE: A little or No Breeze", presso la Galleria Danielle Arnaud. L'installazione, curata da Rohini Malik Okon, è formata da due video realizzati con la collaborazione di due musicisti: Philip Miller (Sud Africano) e Gary Stewart (Londinese) e da una serie di immagini fotografiche.

 

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Quest'ultima parte, "The Drawing Room", è idealmente dominata dalla presenza del Machineel Tree (Hippomane mancinella) un albero tipico dei Caraibi che sembra uscito direttamente da un racconto di Emilio Salgari. E' una pianta super velenosa: non solo i suoi frutti (che assomigliano a delle piccole mele, infatti gli Spagnoli lo avevano battezzato Manzanilla-de-la Muerte) sono mortali, ma anche toccare la corteccia può essere fatale. Il fumo sprigionato dal legno non perdona. E' talmente tossico che il solo dormire sotto le sue fronde può essere estremamente pericoloso.

 

Attualmente queste piante infernali sono vistosamente segnalate con cartelli e dei segni rossi dipinti sul fusto. In passato, durante il dominio coloniale britannico, gli abitanti di queste terre ne usavano la linfa per avvelenare le frecce e ci sono stati parecchi tentativi (anche riusciti) da parte degli schiavi di uccidere i padroni delle piantagioni usando proprio i frutti di quest'albero (mescolati a delle vere ed innocue mele). La botanica si mescola a doppio filo con le vicende di un popolo oppresso e sfruttato.

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Racconti illustrati dove le Scienze Naturali e la Storia si intrecciano attraverso la ricerca di un' artista. Un lavoro esemplare di come sta funzionando oggi Arte Contemporanea: un esercizio corale dove  non si raccontano più le intime idiosincrasie personali, ma invece le storie di popoli (e le loro sofferenze). Pensandoci bene, l'aria del  "va pensiero" verdiana potrebbe essere l'appropriata colonna sonora globale delle Arti Visive.

 

Il primo video (al piano terra) mescola con ritmo felice spiagge giamaicane con angoli e scorci dei Kew Gardens, il grande orto botanico che si trova appena fuori Londra. Controverse memorie coloniali assieme alle ansie della post-globalizzazione. Una miriade di piccoli altoparlanti, seguendo in modo interattivo i movimenti dei visitatori, diffonde i suoni e le canzoni (spesso di origine angolana) tipiche de l popolo delle piantagioni. 

 

Rumori misteriosi spuntano inattesi e minacciosi al più piccolo movimento. Un doppio registro che si rinnova in continuazione, non privo di sorprese. Secondo l'artista questo schema riflette, in qualche modo, l'identità scomoda dei numerosi cittadini britannici di origine afro-caraibica (emigrati qui fin dagli anni '50).

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Va ricordato che la tratta degli schiavi nelle Americhe inizia proprio in Giamaica (le piantagioni di cotone degli Stati Uniti saranno un fenomeno successivo). Infatti già nei primi anni del '700 le navi britanniche partivano (piene di armi e/o di paccottiglia di scarso valore) da Portsmouth o da Bristol per raggiungere le coste dell'Africa Occidentale dove scambiavano la merce con schiavi che, a loro volta, venivano venduti nelle isole delle Antille in cambio di zucchero di canna e rhum. Il ciclo si chiudeva con il ritorno in Inghilterra dove tali merci, assai richieste, raggiungevano i consumatori europei. Questo lucroso e abominevole traffico, con il suo rapido accumulo di capitale, ha in pratica permesso di finanziare, poco dopo, le prime fasi della Rivoluzione Industriale.

 

L'altro video (occupa tutta la sala al secondo piano) è direttamente ispirato al diario di viaggio di Hans Sloane, "A voyage to Jamaica", scritto nel 1725. Sloane era un medico, un naturalista (fu anche presidente della Royal Society).

 

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Ma contemporaneamente anche un abbiente proprietario terriero che nelle piantagioni giamaicane ovviamente impiegava manodopera schiavizzata e, proprio per questo fatto, un personaggio oggi messo seriamente in discussione. Le parole del suo diario riaffiorano in continuazione nel video. La cosa interessante è che, più che un diario, il suo è un infinito e monotono elenco di annotazioni atmosferiche.

 

La parola Breeze (brezza) ricorre ossessivamente migliaia di volte. Fatto sta che nel suo viaggio si trovò, come medico, a curare una domestica di nome Rose che soffriva (probabilmente) di depressione. La cura feroce e drastica (reclusione e percosse) che impartì alla povera schiava non sortì (ovviamente) risultati significativi.

 

Il personaggio di Rose, che riaffiora continuamente nel video, è interpretato dalla stessa Joy Gregory. L'immobilità greve ed invincibile dei mari tropicali è la vera cifra di questo lavoro: una specie di frustrante inerzia/ignavia che sembra accompagnare tutta la proiezione. Ci si sente senza scampo.

 

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Questi due video potrebbero essere (accade abbastanza spesso in questo tipo di situazioni artistiche) semplicemente e didatticamente politici. Per intendersi, due opere si "denuncia". E in qualche misura certo anche lo sono. Ma c'è dell'altro. La costruzione/montaggio dei video e l'eccellente parte sonora li trasformano in entertainment di notevole qualità. Non è (per fortuna) come leggere un rispettabile saggio politico pieno di sacrosanta ed erudita polemica, magari interessante ma spesso prolisso (se non addirittura faticoso).

 

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E' invece la lettura di un romanzo ben scritto nel quale le vicende, sostanzialmente vere, vengono interiorizzate dal lettore in maniera naturale e piacevole (e alla fine il processo risulta quasi impercettibile). In questo caso si potrebbe correttamente parlare di "emozione intelligente", uno delle tante forme attraverso cui l'Arte ama (talvolta) manifestarsi.

 

JOY GREGORY

SEEDS OF EMPIRE: A little or not Breeze

Danielle Arnaud Gallery,

123 Kennington Rd, Londra SE11 6SF

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fino al 10 Luglio 2021

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