Con quest' articolo Luca Beatrice, critico d'arte, curatore del Padiglione Italia alla 53esima Biennale di Venezia e docente universitario, inizia la sua collaborazione con Libero.
Luca Beatrice per "Libero quotidiano"
Ha girato mezzo mondo, ha vissuto tanti anni a New York coronando il sogno e l'aspirazione al successo degli artisti italiani che partono con la valigia di cartone piena di speranze. Eppure Maurizio Cattelan ha bisogno periodicamente di tornare a Milano, che davvero considera la sua città per ciò che gli ha dato e per il senso di responsabilità che gli mette addosso.
A Milano Cattelan ha sempre fatto discutere, scatenato polemiche, diviso le opinioni - su di lui, come su Damien Hirst, non possono esserci mezze misure, o lo ami o lo detesti - e comunque gli va riconosciuto che qui ogni volta si è sempre presentato al massimo delle proprie possibilità, per una giusta forma di rispetto, considerazione, forse timore. All'inizio degli anni '90, quando di lui si parlava come la "new thing" dell'arte italiana, il Nostro esordì murando la porta della galleria di Massimo De Carlo, allora in via Panfilo Castaldi, e al visitatore non restava che schiacciare il naso contro le vetrate a scorgere un orsetto in monociclo che andava avanti indietro sul filo. Destino dell'artista, quello di muoversi in bilico tra il colpo di genio e la trovata cialtronesca.
Nel 1993 Cattelan, invitato per la prima volta alla Biennale di Venezia invece di esporre un'opera, che sarebbe stata una tra le tante, né meglio né peggio, vende il proprio spazio alla pubblicità di un'azienda di cosmetici e con l'incasso se ne va in America a cercare fortuna. Negli anni '90 l'arte italiana non fa più sistema, il Made in Italy un ricordo della Prima Repubblica, la globalizzazione sta imponendo una nuova carta geografica, però Cattelan non ha bisogno del gruppo e va avanti da solo. L'arco temporale del suo successo, peraltro, coincide quasi perfettamente con il "ventennio" di Silvio Berlusconi, comincia nel '94 e finisce (almeno in apparenza) nel 2011 quando Cattelan annuncia il proprio ritiro dalle scene dopo la consacrazione mondiale con la mostra del Guggenheim e Berlusconi viene dimissionato da premier.
IL DITO MEDIO In quei lunghi vent' anni Maurizio e Silvio si presero tutta l'attenzione dei reciproci mondi lasciando agli altri appena le briciole e più di un dubbio filosofico: "ci sei o ci fai?", "genio o impostore?", "talento visionario o cinico stratega?". In ogni caso, come loro nessuno mai. Ogni ritorno di Cattelan sotto la Madunina, dicevo, non ha deluso le aspettative.
L'ultimo atto della collaborazione con De Carlo fu nell'appiccicarlo letteralmente al muro con lo scotch e il povero ma complice gallerista portato al pronto soccorso per un crollo di pressione. Siamo già negli anni 2000 quando la Fondazione Trussardi gli commissiona un lavoro che lui risolve appendendo tre bambini manichini all'albero di piazza XXIV maggio. Uno scandalo per alcuni, il tabù dell'infanzia violata, il trionfo della libertà di pensiero per altri e non sapremo mai chi ha ragione e chi torto.
L'installazione resta su poche ore, giusto il tempo che ne parlino i giornali di mezzo mondo, prima che un fantomatico elettore della Lega decida di tirarli giù, facendosi pure male alla caviglia. Almeno secondo la leggenda metropolitana. E poi c'è la questione di LOVE, il monumento al dito medio in piazza Affari su cui la giunta Moratti rischiò la crisi, litigando sull'opportunità e su quanto dovesse restarci, come se spostare un blocco di marmo fosse così semplice.
L'ANNUNCIO Nel frattempo di sindaci a Milano ne sono passati altri due e la mano "incriminata" è ancora là, ormai segno stabile nell'architettura cittadina come un palazzo di Giò Ponti. In quel 2010 a Cattelan era stata chiesta una mostra antologica a Palazzo Reale, ma lui allergico alle celebrazioni dallo spirto mortifero selezionò pochi lavori tra cui Him, il piccolo Hitler inginocchiato che scelse per le affissioni pubblicitarie, facendo incazzare molta gente, non solo la potentissima comunità ebraica che ne pretese il ritiro. Davvero è passato tanto tempo dopo l'annunciato ritiro che ricorda quello di Mina (dal 1977 non canta dal vivo ma pubblica almeno un disco all'anno).
Il Cattelan dopo Cattelan fermo non ci sa stare ma poiché è intelligente ha capito di avere esaurito la verve degli anni migliori e lo si vede dai pochissimi lavori prodotti. Tra il cesso d'oro al Guggenheim con burla annessa (la denuncia del furto in Inghilterra), la banana alla fiera di Miami, si è concentrato sull'ennesimo ritorno a Milano che a questo punto appare definitivo: prima dell'attesissima mostra all'Hangar Bicocca, l'artista è tornato al vecchio mestiere di designer e di consulente aziendale...
Passata la sbornia internazionalista, accortosi che il gusto dell'arte di oggi è lontano dalle provocazioni e si occupa di questioni sociali a lui estranee, Maurizio a 61 anni ha scoperto che Milano è meglio di New York, garantisce un'eccellente qualità della vita se hai abbastanza denaro, non c'è la frenesia di cambiare sempre e continuano a trattarti come la superstar degli inizi. Mi sembra di sentire in sottofondo la voce di Alberto Fortis, "ti devo tanto come uomo. Lavoro insieme ai figli tuoi. Oh, Milano, fa di me quello che vuoi. Ti lascio tutti i miei progetti, le mie vendette e la mia età. Oh, non tradirmi, sono vecchio e il tempo va".
la banana con lo scotch di cattelan
maurizio cattelan sam stourdze foto di bacco (2)
maurizio cattelan sgrappa foto di bacco DITO MEDIO DI CATTELAN CON LO SMALTO ROSA cattelan