Lettera di Anna Coliva a Dagospia
Caro Dago,
per proteggere i quadri dall’imbrattamento che gli attivisti per il clima usano come eclatante azione dimostrativa, il ministro della Cultura propone di metterci i vetri e si appresta a cercare i fondi necessari. Si tratta di cifre immani perché le opere esposte su tutto il territorio nazionale sono centinaia di migliaia.
Parlare col senno del prima è pericoloso. Prima cioè di aver riflettuto sul fatto che ciò che può sembrare nuovo e sorprendente a chi non ha dimestichezza con certe questioni, per i tecnici di quelle questioni è spesso materia già esaminata, valutata e anche scartata come inutile o, peggio, dannosa.
Se i vetri fossero una soluzione per proteggere i dipinti da questi come da altri attacchi, i più numerosi e bislacchi che nel corso degli anni si sono manifestati, tutti i musei avrebbero già provveduto. Non parlo solo dei nostri ma anche dei grandi musei internazionali, guidati da figure dotate di massima competenza e di sontuosi budget per i quali i costi per tale operazione non sarebbero certo un ostacolo.
Le controindicazioni all’uso dei vetri protettivi sono numerose. La prima e più ovvia è quella dei riflessi, ma è molto seria perché i quadri, in fondo, sono fatti per essere visti. Opere di particolare tecnica esecutiva o di particolari dimensioni sarebbero del tutto invisibili a causa dei riflessi provocati dal vetro. Sarebbe quindi un’ipotesi da prendere in considerazione solo nel caso in cui si fosse costretti a scegliere tra visibilità o distruzione. Ma solo in questo caso.
La controindicazione più grave è però quella che riguarda la loro sopravvivenza, perché in molti casi il vetro è dannosissimo in quanto crea gravi problemi di funghi, muffe e gore a causa della ineliminabile condensa. Se il vetro venisse invece sigillato, i problemi sarebbero altri e peggiori.
Ma poi per i dipinti di più di due metri cosa facciamo? Si ha idea di che spessore di vetro servirebbe? E per le statue? E gli oggetti e gli arredi? E le pale d’altare nelle chiese? E per gli affreschi?
Ammettiamo per ipotesi che passi questa estrema soluzione: tra il tempo per avviarne le procedure (a volte si tratterebbe di decidere quadro per quadro) e quello per portarla a termine, tutti i ghiacciai si saranno già sciolti e gli attivisti non avrebbero più nulla per cui lottare.
Allora è meglio, per non dover recriminare col senno del poi, concentrarci sull’oggi e sui mezzi a disposizione, che sono poi le risorse umane, cioè il personale di custodia. Che non è vero che sia così scarso, soprattutto nei musei che godono dell’autonomia e che sono quelli più visitati, più in vista e quindi più a rischio, ma che hanno anche più risorse economiche e quindi più possibilità di avviare contratti di collaborazioni esterne. Si dovrebbe incrementare questo servizio, magari con società specializzate nella sicurezza e cogliere questa occasione per risolvere finalmente una annosa questione, la separazione tra vigilanza e custodia, perché sono due cose diverse.
Ma qui la palla passa ai sindacati. Auguri!
attiviste per il clima al prado di madrid 6
Anna Coliva