Laura Cuppini per il ''Corriere della Sera''
1 Cosa potrebbe cambiare nella galassia dei vaccini anti Sars-CoV-2 dopo la sospensione dei test da parte di AstraZeneca?
La comunità scientifica è compatta: non si tratta di uno stop, anzi è la prova che gli studi su efficacia e sicurezza sono fondamentali. La delusione però è inevitabile: si allontana la possibilità di avere le prime dosi entro fine anno (2-3 milioni, aveva annunciato il ministro della Salute Roberto Speranza, da destinare in un primo tempo a operatori sanitari e anziani con patologie). La comparsa di un evento avverso potrebbe avere conseguenze anche sugli altri otto vaccini arrivati alla fase 3. In particolare quello americano dell'azienda Moderna, di cui il presidente Donald Trump ha ipotizzato l'arrivo sul mercato entro ottobre, giusto prima delle elezioni.
2 Quali fattori possono essere alla base di «eventi avversi gravi»?
La causa della patologia che ha colpito un volontario (mielite trasversa) può essere legata alla risposta immunitaria indotta dal vaccino. Un'altra ipotesi è che il problema riguardi il vettore virale utilizzato dal team di Oxford: altri vaccini basati sulla stessa strategia (quelli di CanSino, Gamaleya, Janssen) e arrivati alle battute finali potrebbero essere «salvi», perché utilizzano vettori diversi.
3 Perché un vaccino arrivi alla popolazione quali step bisogna superare?
La sfida a chi taglierà per primo il traguardo è avvincente, anche se la sospensione da parte di Astrazeneca ha dimostrato che le sperimentazioni non si possono fare puntando il cronometro. Tra i nove vaccini in fase 3 ce ne sono due basati su Rna (Moderna e BioNTech/Pfizer), tre contenenti virus inattivato (tutti cinesi) e i quattro che utilizzano vettori virali citati sopra, tra cui quello russo dell'Istituto Gamaleya.
Di nessuno, al momento, sono disponibili dati sull'uomo, ma solo su animali. Nel momento in cui si avranno risultati preliminari su un numero sufficiente di individui potrà cominciare la distribuzione alle prime fasce di popolazione. Operatori sanitari in testa, seguiti dal gruppo degli anziani con patologie o, secondo la proposta di alcuni scienziati americano, da quello dei giovani adulti, considerati i più grandi diffusori del contagio.
4 C'è il rischio di un allungamento dei tempi?
Sì, tanto che non sono pochi gli studiosi che chiedono di concentrarsi anche su altre forme di contenimento dell'epidemia. Senza dubbio, dopo l'annuncio di AstraZeneca, tutti i gruppi di ricerca concentreranno i propri sforzi nella verifica di eventuali effetti neurologici, anche minimi, nei volontari. In passato malattie come la sindrome di Guillain-Barré (una neuropatia) sono state associate a vaccini antivirali, ma il legame di causa-effetto è stato smentito. Esistono invece malattie che possono dare effetti neurologici, come l'infezione causata dal virus Zika, il morbillo (in rari casi può provocare encefalite) e lo stesso Sars-CoV-2.
5 Si può ancora sperare in un esito positivo?
Nel caso di Oxford l'«intoppo» è tutto da chiarire, ma «non si deve perdere la fiducia nello sforzo titanico profuso in questi mesi per arrivare a uno scudo contro il coronavirus» afferma Marcello Tavio, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali. Pochi giorni fa le grandi aziende farmaceutiche impegnate nella sfida hanno diffuso un comunicato in cui si impegnano a non chiedere l'approvazione dei loro vaccini finché non saranno disponibili dati certi sulla sicurezza. Sarà solo un caso?