giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio
Fabrizio Massaro e Mario Gerevini per il "Corriere della Sera"
Ora in Vaticano parte la caccia ai soldi. Gli investigatori del papa - i promotori di giustizia e la Gendarmeria - hanno inseguito in giro per il mondo i conti dei protagonisti dell' assalto all' Obolo di San Pietro riuscendo a far sequestrare in totale 64 milioni di euro. Soldi congelati per il momento in banche e società in Svizzera, Lussemburgo, Gran Bretagna ma anche presso lo Ior, in vista di una loro confisca in caso di condanna degli imputati.
Non basteranno a coprire le perdite subite con gli investimenti realizzati sotto la gestione del cardinale Angelo Giovanni Becciu, Sostituto alla Segreteria, di monsignor Alberto Perlasca, a capo della sezione amministrativa e del laico Fabrizio Tirabassi uomo della finanza. Ma certamente serviranno a un Vaticano in crisi di liquidità e donazioni: nel 2020 l' Obolo ha raccolto appena 44 milioni, metà di quanto i fedeli inviavano solo qualche anno fa.
Dei capitali sequestrati, ben 48 milioni sono di Raffaele Mincione, l' uomo a cui otto anni fa furono affidati 200 milioni di dollari da investire e che lui indirizzò per la metà verso il famoso palazzo di Londra (che era già suo) e per il resto in operazioni più che altro speculative, anche in Borsa.
Altri 9,6 milioni sono stati sequestrati a Gianluigi Torzi, che nel novembre fu ingaggiato dalla Segreteria per rompere il rapporto con Mincione, con cui per altro era in rapporti d' affari. Poi 3,6 milioni del gestore Enrico Crasso, banchiere di fiducia dagli anni Novanta. L' elenco comprende anche circa 2 milioni di Fabrizio Tirabassi, e - presso lo Ior -308 mila euro di monsignor Mauro Carlino oltre a 242 mila euro di Perlasca, che però non è stato rinviato a giudizio.
I sequestri mostrano chi - secondo i promotori di giustizia Gian Piero Milano, Alessandro Diddi e Gianluca Perone - avrebbe maggiormente approfittato delle ingenti (ma poco sorvegliate) disponibilità della Segreteria. Nelle 487 pagine della richiesta di citazione a giudizio ci si perde tra mille rivoli e decine di mani che hanno ricevuto parte dei denari destinati alla carità del Papa. La gestione Becciu - scrivono i magistrati - ha consentito che si creasse un sistema «marcio» in Segreteria.
stabile di sloane avenue londra
Direttamente all' allora arcivescovo viene attribuito, per esempio, il via libera a un investimento immobiliare speculativo, sempre a Londra, con la società Sloane & Cadogan, nonostante il divieto imposto dalla Segreteria per l' Economia: un affare costato decine di milioni e una provvigione da 700 mila sterline a un banker ex Credit Suisse, A.N., ritenuta «senza causale».
Sarebbe stato proprio N. (non indagato) a far introdurre il finanziere Mincione in Segreteria. Nacque così l' investimento nel palazzo al 60 Sloane Avenue a Londra nel 2013-2014. Solo che al Vaticano il finanziere ne vendette circa metà a un valore «del tutto ingiustificato» di 230 milioni di sterline (per il 100%) contro una valutazione poco precedente di 129 milioni». Ma chi avrebbe dovuto controllare che i valori esposti fossero corretti? Crasso, il quale, attraverso N., chiese che Sloane & Cadogan preparasse «una stima/parere (ovviamente molto positivo)».
Anche l' arrivo in scena di Torzi, nel 2018, sebbene raccontato come «frutto di una serie di casuali coincidenze», ai magistrati «pare piuttosto una manovra ben organizzata per realizzare una leva attraverso la quale far uscire somme di denaro dalle casse della Segreteria di Stato». Tutto nasce dalla scommessa fatale su Banca Carige, poi commissariata a inizio 2019. In alleanza con Gabriele Volpi, allora secondo socio dell' istituto, Mincione scalò Carige usando il fondo Athena - dove era investito il Vaticano - ma anche 26,4 milioni che gli aveva prestato Torzi.
GIANLUIGI TORZI PAPA BERGOGLIO
A sua volta il broker quei soldi li aveva avuti da Volpi, al quale aveva venduto azioni di una minuscola società immobiliare quotata, Imvest, a un prezzo di 8 milioni sopra il valore di Borsa. Con Carige in agonia, Mincione doveva restituire il denaro: sarebbe questa la ragione dell' arrivo di Torzi.
Per creare liquidità il palazzo di Sloane Avenue sarebbe stato molto generosamente valutato. Il 23 novembre 2018, dopo la firma dei contratti con la Segreteria, Mincione e Torzi pranzano a Roma al ristorante «I due ladroni». Più tardi il broker manda un whatsapp al suo commensale: «Oh sui numeri gli abbiamo fatto un abracadabra che dopo tre gg ancora si riaccapezza». Con tre faccini sorridenti.
raffaele mincione ALBERTO PERLASCA stabile di sloane avenue londra RAFFAELE MINCIONE