I governi passano, ma su Mps lo spartito è lo stesso. Ieri l’assemblea dei soci ha respinto l’azione di responsabilità chiesta dal socio Bluebell contro gli ex vertici, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. A votare contro è stato il 97,5% del capitale in assemblea, in primis il Tesoro guidato da Daniele Franco, primo azionista della banca nazionalizzata nel 2017.
A ottobre, Profumo (oggi ad di Leonardo) e Viola – il primo presidente di Mps dal 2012 al 2014 il secondo ad fino al 2016 – sono stati condannati per aggiotaggio e per false comunicazioni rispetto alla semestrale 2015 (sono stati prescritti per il bilancio 2012 e “perché il fatto non sussiste” per i bilanci 2013 e 2014) per la vicenda della classificazione a bilancio dei derivati.
Bluebell ha proposto, e l’assemblea respinto, l’azione di responsabilità contro i due manager nel 2016 (governo Renzi), nel 2017 (Gentiloni), nel 2018 e 2019 (Conte I e II) e ora, dopo la condanna. Il cda, espressione del Tesoro, l’ha bocciata perchè ancora non sono note le motivazioni della sentenza, ma è difficile che lo scenario cambi in futuro, anche con Draghi.
Profumo e Viola furono, per così dire, spediti a Siena dopo il disastro dell’ac - quisizione Antonveneta dell’éra Mussari avallata da Bankitalia (dove sedeva l’attuale premier) e la vulgata finanziaria vuole che siano stati loro nel 2012 (Draghi era già volato in Bce) a scoprire i derivati usati per occultare le perdite, anche se i giudici hanno negato che la vigilanza bancaria fu ostacolata. Solo tre anni dopo, però, i derivati sono stati contabilizzati come tali, un ritardo però avallato dalle authority di vigilanza.