Claudio Antonelli per “la Verità”
Il decreto Rilancio è arrivato a Palazzo Chigi per il Consiglio dei ministri. La riunione dell' esecutivo ha preso in visione un testo che ha subito almeno una decina di modifiche più o meno sostanziali.
Dopo poco l' ha approvato.
Vorremmo dire che alla fine è migliorato, ma sarebbe una forzatura. Innanzitutto il testo è l' antitesi di ciò che serve in un momento di emergenza.
Soldi e velocità. Il Dl Rilancio è invece complesso e pieno di subordinate. Una montagna di articoli, oltre 250, alcuni dei quali sono in continuità con il suo predecessore (il Cura Italia) e altri sembrano in contrasto. Purtroppo le erogazioni a fondo perduto si inseriscono su filiere diverse rispetto alle aziende che hanno trovato un po' di sostegno nel Cura Italia.
In comune c' è sempre la burocrazia. Bisognerà dimostrare, per ottenere gli aiuti, che il calo di fatturato tra aprile 2020 e aprile 2019 è stato superiore al 33%, ma nessuno potrà ottenere aiuti se ha fatturato e non incassato. Eventualità molto probabile. Purtroppo però questo è niente rispetto al vero buco contenuto nel decreto.
La scarsità di fondi ha imposto un trucchetto al governo che rischia di trasformarsi in una corda attorno al collo delle aziende. La cassa integrazione è stata rifinanziata ma non in continuità rispetto al Cura Italia. In sostanza il governo ha deciso che le aziende potranno ottenere 9 più 5 settimane di Cig. A cui se ne aggiungeranno altre 5.
PASQUALE TRIDICO NUNZIA CATALFO
Queste ultime valide solo a partire dal primo di settembre. In pratica chi ha fatto richiesta di cassa integrazione ai primi di marzo avrà una copertura fino a metà giugno.
Poi potrà chiedere altri ammortizzatori a partire dai primi di settembre. Il dramma è che lo stesso decreto mantiene vivo l' articolo voluto da Nunzia Catalfo che vieta ogni tipo di licenziamenti (anche quelli per giusta causa). Non solo lo mantiene vivo, ma proroga il periodo di divieto a un massimo di cinque mesi. Tradotto: chiunque chieda gli ammortizzatori non può più far diminuire la forza lavoro in un periodo compreso tra il 17 marzo e il 16 agosto.
Peccato che ci sia un buco temporale nel quale non si può avere la cassa integrazione né licenziare alcuno. Il che è palesemente contro la Costituzione che prevede la libertà d' azienda. «Sarà lunga e difficile l' estate che attende le aziende italiane: il decreto Cura Italia e il decreto Rilancio non sono allineati e ai datori di lavoro restano quasi 2 mesi di buco senza aiuti», commenta battagliero Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia.
Il primo decreto, infatti, stanziava 15 miliardi a copertura di 9 settimane di cassa integrazione con partenza 23 febbraio, il secondo decreto, invece, prevede 15 miliardi in più a copertura di ulteriore 9 settimane, 5 delle quali possono essere usate in continuità con la prima tranche di cassa integrazione, coprendo quindi fino a giugno e ulteriori 8, se richieste in aggiunta, utilizzabili solo dal primo settembre al 31 ottobre.
Se si aggiunge il divieto di licenziamento l' effetto bomba è garantito. «Per carità, quest' ultimo è un provvedimento sacrosanto a garanzia dei lavoratori», aggiunge Scordamaglia, «che in queste circostanze però può avere senso solo in un contesto in cui le aziende ricevono supporti esterni».
«Due mesi senza aiuti di nessun genere potrebbero avere un effetto devastante su economie già indebolite o su settori che stanno cercando di resistere», conclude Scordamaglia, «Pensiamo alla ristorazione che a luglio e agosto non lavorerà certo a pieno ritmo trascinando con sé con un potente effetto domino l' industria agroalimentare legata al food service che vedrà una contrazione anche del 40%». Sono molti gli imprenditori che sia augurano un nuovo intervento. D' altronde il vice ministro all' Economia, Laura Castelli, ha dichiarato in una intervista all' Avvenire che servirà presto un nuovo decreto da 20 miliardi. Detto da una collaboratrice di Roberto Gualtieri fa sorridere. Per non usare un altro verbo.
È folle licenziare un decreto con 55 miliardi di deficit e al tempo stesso ammettere che la cifra non è sufficiente. Perché allora non intervenire prima? È un governo che vive di toppa nella sola speranza che dissipato il virus tutto tornerà come prima. Invece, purtroppo, non è così. E se il governo non metterà mano ai guai che causa (tappando il buco della Cig del periodo estivo) falliranno migliaia di imprese. E le associazioni che le rappresentano faranno bene a denunciare il governo per concorso in fallimento. Cenni di redenzione, però, ieri sera non se ne sono visti.
Il premier, Giuseppe Conte si è limitato a dire «confidiamo che le erogazioni arrivino più speditamente di adesso, non ci sono sfuggiti i ritardi e cerchiamo con questo decreto di rimediare con dei passaggi più spediti». Solo che il grosso dei ritardi era in capo all' Inps e non alle Regioni. Il rischio che la situazione peggiori è dunque concreto. Ma il fondo dello show televisivo post cdm è stato toccato quando Conte direttamente da Marte ha rivendicato interventi cospicui per gli artisti. A loro, «che ci fanno tanto divertire e appassionare», 600 euro.