Estratto dell’articolo di Camilla Conti per “La Verità”
Secondo Tobias Tröger la riluttanza dell’Italia a ratificare la riforma del Mes può rappresentare un ostacolo all’operazione lanciata da Unicredit sulla tedesca Commerzbank, di cui il governo federale tedesco possiede ancora il 12%. Detto in altri termini: la scalata di Unicredit viene ostacolata dai politici in Germania per via dello stop dell’Italia alla ratifica del Mes e al paracadute Mes per le risoluzioni bancarie.
Tröger è visiting fellow a Stanford, insegna diritto privato, diritto commerciale e aziendale alla House of Finance della Goethe university di Francoforte sul Meno. [...] Inoltre, è uno dei direttori del Center for advanced studies on the foundation of law & finance alla Goethe university. Tröger è anche consulente del Parlamento europeo in materia di vigilanza bancaria e il suo parere si dice sia ascoltato con molta attenzione dai rappresentanti della Cdu e dal governo.
Una partita finanziaria - l’operazione messa a punto dall’ad di Unicredit, Andrea Orcel - si intreccia con altre due partite politiche, quella europea sul Mes e quella sul nuovo governo tedesco visto che il cancelliere Olaf Scholz chiederà il voto di fiducia in Parlamento il 14 dicembre verso le elezioni anticipate di febbraio 2025.
Professore, come si incrociano le strade del Mes con quelle di Unicredit e Commerzbank?
«La creazione di una banca paneuropea così grande richiederebbe che il Mes riformato fosse in atto come backstop, come rete di protezione, per il Fondo di risoluzione unico. La flessibilità per mobilitare le risorse del Mes sarebbe essenziale per mantenere la fiducia necessaria per affrontare una operazione tra banche di interesse sistemico della Ue come una eventuale fusione tra Unicredit e Commerzbank».
Questo significa che l’operazione lanciata da Orcel aprirà la strada alla ratifica da parte dell’Italia?
«La decisione di ratificare la riforma del Mes è una decisione politica complessa. Il creare una rete di sicurezza finanziaria al Fondo di risoluzione unico è solo una delle tante funzioni del meccanismo europeo di stabilità. In generale, la riforma mira ad ampliare l’assistenza finanziaria comune che la Ue può fornire agli stati membri che attraversano crisi fiscali.
La decisione fondamentale, ovvero quanta condivisione degli oneri uno stato membro desidera attraverso il Mes, va quindi ben oltre il supporto di una specifica operazione di fusione o acquisizione nel settore bancario. Tuttavia, la mancata ratifica del Mes ha importanti implicazioni per la gestione delle crisi dei gruppi bancari transfrontalieri europei come il gruppo UniCredit/Commerzbank».
Perché?
OLAF SCHOLZ - GIORGIA MELONI - - G7 BORGO EGNAZIA
«La risoluzione ordinata di una banca transnazionale fallita richiede non solo finanziamenti, intesi come capacità di ricapitalizzazione, ma anche una massiccia fornitura di liquidità. Il quadro normativo si basa sul Fondo di risoluzione unico sostenuto dal Mes per fornire queste risorse. La capacità del solo Fondo di risoluzione unico è insufficiente per gestire una crisi bancaria delle proporzioni che avrebbe il fallimento del gruppo UniCredit/Commerzbank.
Pertanto, i fondi iniettati attraverso il Mes sarebbero essenziali. Quindi, finché la riforma del Mes non verrà ratificata e quindi finché il Mes non potrà assumere la sua funzione di supporto nella risoluzione bancaria, il quadro comune europeo di gestione delle crisi bancarie non sarà all’altezza del suo compito. Per questo comprendo le preoccupazioni dei politici contro un consolidamento transfrontaliero nel mercato bancario europeo prima che il quadro istituzionale sia reso idoneo allo scopo.[...]».
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In uno scenario del genere, Germania e Italia dovrebbero concordare sulla condivisione dell’onere per la stabilizzazione perché la maggior parte delle attività del nuovo gruppo bancario post fusione si troverebbe in Germania?
«Una volta esaurite le risorse del Fondo di risoluzione e del Mes, per stabilizzare l’entità transfrontaliera fallita servirà ulteriore capitale sovrano o iniezioni di liquidità, gli Stati membri dovranno quindi elaborare una soluzione. Non esiste alcun obbligo legale di raggiungere accordi di condivisione degli oneri. Le posizioni negoziali dipendono in modo critico dall’impatto che un’uscita dal mercato del gruppo bancario fallito avrebbe sulle economie nazionali, portando a poteri di contrattazione ineguali se le economie vengono colpite in modo asimmetrico.
Nel caso di Unicredit/Commerzbank, dove la maggior parte degli asset sarebbe localizzata in Germania, il potere di contrattazione del governo tedesco sarebbe più debole. Ciò consentirebbe al governo italiano, se fosse disposto a giocare duro, di strappare concessioni sproporzionate e far sì che il contribuente tedesco si occupi della parte più consistente del rubinetto. Questo risultato spiega la razionale riluttanza dei politici tedeschi ad acconsentire all’accordo tra Unicredit e Commerzbank».
unicredit commerzbank GIORGIA MELONI OLAF SCHOLZ