I GIORNALI SARANNO PURE BOLLITI MA I GIORNALISTI SERVONO – LO DICE IL GRANDE CAPO DI GOOGLE NEWS, RICHARD GINGRAS: "I GIORNALI VANNO REINVENTATI. MA NON C'E' VERSO CHE UN PC POSSA RACCONTARE UNA STORIA COME LO FA UNA PERSONA"

A chi accusa Google News di ammazzare il giornalismo, Gingras risponde: "Avveniva anche in passato che delle testate scomparissero e per inciso attraverso Google News i siti di informazione ricevono 10 miliardi di visite al mese. I giornali non sono mai stati business fruttuoso. Io credo che non si sfrutti il potenziale che hanno"...

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Jaime D'Alessandro per "La Repubblica"

«Il presente dell'informazione è straordinario e il futuro lo sarà ancora di più. Chi non lo capisce è perché non guarda nella giusta direzione». A parlare è un sessantaduenne con la barba bianca e un ottimismo incrollabile da adolescente. Si chiama Richard Gingras ed è a capo di Google News, quell'aggregatore di notizie che può contare su oltre un miliardo di lettori unici a settimana in 72 Paesi e in 45 lingue.

richard gingrasrichard gingras

In precedenza ha ricoperto ruoli importanti in Excite e Apple, e ancora prima alla Cbs, Nbc e Pbs dove ha creato il primo magazine online interattivo nel 1979. «A esser sincero non è mai esistito nella storia un periodo così fertile di opportunità e di strumenti per i media».

Eppure tante testate stanno morendo. Mentre, negli Usa per esempio, alcune hanno iniziato a usare software per la composizione di articoli in tempo reale. Tanto che è stata prevista la scomparsa del mestiere del giornalista nel giro di dieci anni.
«Si possono usare software simili per produrre notizie brevi sui risultati di un match di calcio, per dirne una. Ma non c'è verso che un computer, oggi come domani, sia capace di raccontare una storia così come lo fa una persona. Ed è proprio il raccontare il mondo che non scomparirà mai né potrà scomparire quella capacità tutta umana di capire cosa è interessante e cosa no».

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Motori di ricerca, blog, social. Le fonti sembrano moltiplicarsi, ma c'è chi sostiene che l'orizzonte del pubblico si sia ristretto.
«Le rispondo con una citazione e un esempio. Marshall McLuhan, e più tardi Andy Warhol, dissero che in futuro chiunque avrebbe potuto diventare famoso per quindici minuti. Alla fine però quel che sta succedendo negli open media è che chiunque può diventare famoso in quindici minuti. Recentemente Espreso Tv, network di Kiev nato da meno di un anno, ha raggiunto il primo posto fra gli eventi più guardati di sempre su YouTube, scalzando il lancio di Baumgartner dalla stratosfera: 17,6 milioni di ore visualizzate in 54 giorni».

Domani però potrebbe finire nel dimenticatoio in compagnia di testate ben più accreditate. Vi accusano di essere fra i responsabili di questo declino.
«Avveniva anche in passato che delle testate scomparissero e per inciso attraverso Google News i siti di informazione ricevono 10 miliardi di visite al mese. È bene poi ricordarsi che i giornali sono da sempre uno strumento potente, ma non sono mai stati business fruttuoso. Io credo semplicemente che, nel caso di organi di informazione in crisi, non si sfrutti il potenziale che hanno.

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I cosiddetti big data, tanto per citare un caso, possono dirci molto della realtà delle cose e con una precisione che non è mai esistita prima. Se vengono usati a fini commerciali, perché non adoperarli per raccontare il mondo? Per non parlare degli archivi dei quotidiani. Se solo i giornali li organizzassero come si deve... Sono autentiche miniere d'oro. Una delle più importanti testate americane ha realizzato un'app dedicata alla cucina, e il 98 per cento dei materiali erano ricette pubblicate negli ultimi venti anni. È stato un successo, anche economico. Non ci
credevano nemmeno loro».

 

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