Celestina Dominelli per “Il Sole 24 Ore”
Il governo accende i motori per la privatizzazione delle Ferrovie dello Stato. Il percorso è ancora tutto da fissare, ma l'incontro convocato oggi al ministero dell'Economia servirà a mettere sul tavolo le possibili ipotesi di valorizzazione del gruppo controllato dal Tesoro.
Al confronto, che sarà presieduto dal capo della segreteria tecnica del Mef, Fabrizio Pagani, ci saranno i vertici di Fs, l'ad Michele Elia e il presidente Marcello Messori, i rappresentanti del ministero delle Infrastrutture e soprattutto le principali banche d'affari che, nei giorni scorsi, hanno ricevuto la convocazione e che dovranno presentare una prima riflessione su come aprire il capitale di Ferrovie ad altri soci, anche guardando alle esperienze che si sono consumate oltreconfine (dall'Inghilterra alla Germania) e cercando di tenere comunque conto dei punti di forza di Fs che ha già avviato una separazione societaria della rete, ha raggiunto un livello avanzato di competizione interna e dispone, come ha ricordato lo stesso Elia nel forum con il Sole 24 Ore pubblicato ieri, di un Ebitda di 2 miliardi «che in Europa non ha nessuno».
MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN
Un primo importante giro d'orizzonte, insomma, su un'operazione che l'esecutivo ha inserito nel suo piano ma che, data la sua complessità, andrà a traguardo non prima del 2015 quando il governo si è impegnato anche a chiudere il cerchio su Poste ed Enav. L'ultima parola sulla modalità prescelta spetterà ovviamente all'azionista di controllo, ma la posizione di Fs sulla privatizzazione è nota e l'ad non ha mancato di rimarcarla nei giorni scorsi. «Per la privatizzazione si sta lavorando - aveva detto Elia al Sole 24 Ore -. Io sono contrario alla separazione proprietaria tra rete e impresa ferroviaria, quindi il gruppo secondo me va visto nella sua interezza».
La macchina, dunque, si è messa in moto. E intanto il Tesoro prova a fissare un primo tassello anche sulla cessione del 5% di Enel. La scorsa settimana, come anticipato ieri da questo giornale, il Mef ha mandato una missiva ad alcune banche per individuare l'advisor che dovrà strutturare l'operazione di dismissione di un ulteriore pacchetto del colosso elettrico (di cui oggi il Mef detiene il 31,2%) e già nei prossimi giorni Via XX Settembre dovrebbe rendere noto l'esito della gara, come pure il nome dell'advisor legale che l'affiancherà in questo percorso.
Contestualmente alla scelta dell'advisor finanziario, è infatti partita una lettera per individuare il consulente legale. Una volta individuata la strada, ci sarà poi una seconda selezione con il paletto, come da prassi in questi casi, che impedisce a chi si aggiudica il primo mandato di partecipare anche al secondo bando.
In linea teorica, il Mef ha davanti diverse strade per arrivare a dismettere questo pacchetto azionario. Ma, a giudicare dal numero di titoli che dovranno essere venduti (il 5% di Enel equivale a circa 500 milioni di azioni che, agli attuali corsi di Borsa, valgono circa 2 miliardi di euro), è molto probabile che alla fine la via prescelta sia quella di un collocamento lampo che avrebbe il vantaggio di minimizzare il rischio di mercato e di costi comunque bassi per il venditore.
Più difficile che si punti su altre modalità, come il "bought deal" (cioè un acquisto a fermo da parte delle banche con un prezzo minimo garantito al venditore) o una vendita giornaliera di titoli. Per dismettere 500 milioni di azioni, senza superare il 20-25% dei volumi giornalieri come prevede di norma quest'ultima strada, servirebbero infatti, visti i numeri attuali di Enel in Borsa, almeno 50 giorni.
Francesco Starace ad Enel Green Power
Il nodo della cessione, quindi, è soprattutto il timing che dovrà tenere conto, oltre che delle condizioni di mercato, di almeno tre livelli: il fronte normativo (c'è da valutare con attenzione il possibile impatto dell'abbassamento della soglia dell'Opa al 25% e del voto maggiorato nelle quotate), il lato più strettamente societario (il gruppo è impegnato in queste settimane nel riassetto di Endesa e delle attività sudamericane) e soprattutto il piano politico con Bruxelles che vigila sulle mosse che l'esecutivo metterà in campo per abbattere il debito pubblico.