LA LOBBY DELLA SILICON VALLEY È ORFANA A BRUXELLES - CON TRUMP SONO FINITI I TEMPI IN CUI I VARI ZUCKERBERG ED ERIC SCHMIDT (GOOGLE) ALZAVANO IL TELEFONO E OBAMA ORDINAVA AI SUOI AMBASCIATORI DI INFLUENZARE I LAVORI DI PARLAMENTO E COMMISSIONE EUROPEA - NEL MIRINO LE TASSE (NON PAGATE) DI AMAZON, IL MONOPOLIO DI GOOGLE E I DATI DEI SOCIAL NETWORK

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ZUCKERBERG OBAMA ZUCKERBERG OBAMA

 

Alberto D’Argenio per la Repubblica

 

«Mi creda, noi non guardiamo alla nazionalità di un' azienda, colpiamo se non rispetta le regole europee a prescindere dal suo passaporto».

L' alto funzionario della Commissione europea esperto in aiuti di Stato ha gioco facile a farsi scudo dietro le norme giuridiche. Come se la politica non esistesse. Invece la politica a Bruxelles esiste eccome. Per questo ora che alla Casa Bianca non c' è più Barack Obama la Silicon Valley trema.

 

LA CENA DEI POTENTI DI INTERNET OBAMA Schmidt D Levinson T Chambers Doerr Ellison Hastings L Hennessy Bartz Costolo Zuckerberg Obama Jobs Westly Doerr LA CENA DEI POTENTI DI INTERNET OBAMA Schmidt D Levinson T Chambers Doerr Ellison Hastings L Hennessy Bartz Costolo Zuckerberg Obama Jobs Westly Doerr

Con Donald Trump si è spezzata quella catena di comando che dai quartier generali californiani dei colossi del tech arrivava direttamente nelle stanze della Commissione o del Parlamento europeo attraverso la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato. Una vera lobby di governo capace di difendere a spada tratta gli interessi della tecnologia a stelle e strisce.

 

Ora i giganti come Apple, Google, Facebook o Amazon tremano. Se dai tempi di Mario Monti (nella veste di commissario europeo) e Microsoft l' Europa non ha evitato di colpirli, ora che sono del tutto privi di ombrello politico temono il peggio.

 

La lobby della Silicon Valley con Trump è disarmata. I grandi amministratori delegati californiani sostenevano e finanziavano i democratici. Obama (loro grande sponsor) prima, Hillary Clinton poi. Basti pensare che Erich Schmidt di Google, tra i 140 uomini più ricchi del pianeta, ha fondato una startup che in campagna elettorale collaborava direttamente con la candidata democratica.

JEFF BEZOS LARRY PAGE SHERYL SANDBERG MIKE PENCE DONALD TRUMP PETER THIEL JEFF BEZOS LARRY PAGE SHERYL SANDBERG MIKE PENCE DONALD TRUMP PETER THIEL

 

Ora le relazioni tra l' industria tech e la Casa Bianca sono ai minimi. Vuoi per l' appartenenza politica dei suoi proprietari, vuoi perché la constituency di Trump - alla quale deve l' elezione nel nome dell' America First - è la grande industria manifatturiera come quella dell' auto.

 

Dunque a Bruxelles sono finiti i tempi in cui i Ceo californiani erano in contatto diretto con la Casa Bianca che poi tramite il Dipartimento di Stato faceva arrivare le direttive direttamente alla rappresentanza americana presso l' Unione europea a Bruxelles. Dove agli ordini dell' allora ambasciatore Anthony L. Gardner lavoravano mano nella mano con i lobbisti della Silicon Valley per influenzare le decisioni della Commissione e del Parlamento europeo.

 

DONALD TRUMP PETER THIEL TIM COOK DONALD TRUMP PETER THIEL TIM COOK

A Bruxelles oltretutto gli Stati Uniti non hanno ancora nominato un nuovo rappresentante presso la Ue e prima che questo avvenga passeranno diversi mesi. Così gli addetti ai lavori raccontano che quel team di esperti agguerriti nel difendere gli interessi del tech si stia sfaldando: «Oggi lavoriamo senza indicazioni da Washington - racconta uno di loro - ci limitiamo a concentrarci sull' ordinaria amministrazione ».

 

D' altra parte i rapporti tra Washington e Bruxelles dall' elezione di Trump sono ai minimi: basti pensare che il 25 maggio il presidente Usa sarà nella capitale europea per un vertice della Nato ma ad oggi non è prevista una bilaterale tra il tycoon newyorkese e il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che pure dietro le quinte si è dato da fare per organizzare l' incontro. Il che certo non aiuta le aziende americane che con la Commissione hanno a che fare ogni giorno. Basti pensare che Google nel 2016 ha speso più di 4 milioni per le attività di lobby a Bruxelles, il 240% in più rispetto al 2014.

Vestager Vestager

 

Amazon ha investito sulla capitale europea 1,7 milioni, Facebook un milione. In ballo ci sono dossier cruciali. In primis gli aiuti di Stato, sui quali l' implacabile commissario danese Margrethe Vestager non dà tregua. Lo scorso anno ha chiesto ad Apple 13 miliardi di risarcimenti per i vantaggi fiscali in Irlanda a scapito degli altri paesi dell' Unione. Multa comminata nonostante alla Casa Bianca ci fosse ancora Obama. Il quale nei suoi due mandati ha attaccato l' Europa in rarissime occasioni ma sempre e solo per difendere gli amici dell' industria californiana.

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Ora nel mirino della Vestager ci sono Amazon e Mc-Donald' s per i vantaggi fiscali in Lussemburgo mentre Google è sotto inchiesta per abuso di posizione dominante. Ci sono poi i dossier legislativi, come il pacchetto digitale approvato dalla Commissione ora all' esame del Parlamento europeo o le nuove regole sulla base imponibile che mirano a bloccare le pratiche vantaggiose offerte da alcuni governi come Irlanda e Lussemburgo alle multinazionali.

 

Per non dimenticare il riesame delle regole sui dati personali, dossier fondamentale per il tech, al momento è all' esame dei governi. In California c' è chi teme che senza la grande catena di comando garantita da Obama e con un presidente ostile alla Casa Bianca il peggio debba ancora arrivare.

 

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