Gianluca Paolucci per ''La Stampa''
Anna Ramazzotti, vedova Castellini Baldissera, muore ad Agno, nei pressi di Lugano, il 25 luglio del 1993. Il cadavere viene trovato nella sua auto, con un sacchetto in testa e alcune confezioni vuote di barbiturici. Inizia così una storia che arriva fino a oggi e si porta dietro letteralmente mezza Milano.
Perché in questa storia c' è intanto uno dei simboli della città come l' amaro Ramazzotti.
Il suo vecchio slogan, «Milano da bere», identifica ormai tutta una stagione della città lombarda. C' è anche la Casa degli Atellani, uno dei palazzi più belli della città, che custodisce la vigna di Leonardo.
E c' è il simbolo del suo potere finanziario, la Mediobanca dei tempi andati di Cuccia e Maranghi. Poi ci sono alcune famiglie di antico blasone e una sfilza di professionisti che sono tra i più bei nomi della città. Accanto a personaggi più opachi, che appaiono carsicamente, quando serve. Ma c' è soprattutto un' eredità milionaria, soldi spariti tra conti correnti e holding nei paradisi fiscali, case da Sankt Moritz a Bolgheri, quote societarie, veleni e aule di tribunale.
Quello che manca sono oltre 60 milioni di euro: l' eredità di Gaia, una dei due figli di Anna.
Ma tutto questo, quando viene trovato il cadavere di Anna, non si immagina neppure. Il caso viene archiviato come suicidio, come due giorni prima quello di Raul Gardini e cinque giorni prima quello di Guido Cagliari. Erano giorni complicati e ricchi di notizie e la morte dell' erede dell' amaro Ramazzotti non cattura l' attenzione delle cronache. Per di più la famiglia viveva in Svizzera da anni. E a metà anni '80 l' amaro era stato venduto alla francese Pernod Ricard.
vincenzo maranghi con anna castellini baldissera
Il padre di Anna, Guido Ramazzotti aveva creato a partire dagli anni '70 un patrimonio all' estero, rimpolpato con la cessione delle attività italiane. Il marito, Ettore Castellini Baldissera, morto nel 1971, era a sua volta tra gli eredi di una delle più antiche famiglie milanesi, proprietari tra l' altro della Casa degli Atellani. Tutto questo restava ai figli di Anna, Guido e Gaia, allora poco più che ventenni. Lo zio dei due - marito di una sorella del padre - si chiamava Vincenzo Maranghi e anche lui, come altri parenti, si occuperà dei due fratelli. C' è una fondazione del Liechtenstein, Davenia, che si occupa del patrimoni liquido dei due fratelli.
Alla fine del decennio passato, Gaia si accorge che qualcosa non va. Inizia a cercare di capire che fine hanno fatto i suoi soldi e le sue proprietà e insomma, i conti non tornano proprio. È qui che compaiono una serie di consulenti che tra Milano, la Svizzera e una serie di paradisi fiscali hanno gestito quella fetta di patrimonio. Come Rubino Mensch, già fiduciario della famiglia Rovelli e «custode» del tesoro Imi-Sir, gestore nella fase iniziale la Fondazione Davenia.
Come Pierfranco Riva, avvocato luganese il cui nome compare in una serie di inchieste italiane (da ultimo l' evasione fiscale del gruppo Menarini), ma è anche stato in passato amministratore della Fondazione Vollaro, intitolata alla storica segretaria di Enrico Cuccia. O ancora Niccolò Lucchini, nel cui studio sono create una serie di società riconducibili al patrimonio estero di Gaia.
È lo stesso Lucchini che è stato condannato in primo grado qualche giorno fa per l' aggiotaggio su Premafin con Salvatore Ligresti. Quando un professionista chiamato da Gaia va a recuperare la documentazione della varie società gestite da Lucchini per conto della sua cliente, saltano fuori una serie di movimentazioni di titoli azionari. Compreso un pacchetto di titoli Fonsai.
Tra i consulenti italiani c' è anche Salvatore Spiniello, già consigliere di Fonsai vicino ai Ligresti, consulente di Unicredit e molte altre cose. Poi c' è un conto presso Unicredit, che secondo Gaia è il suo. Nel 2009 però scopre che la zia Letizia vi aveva attinto per una serie di pagamenti. Dai lavori di ristrutturazione ad alcune proprietà di famiglia ai regali ad una serie di professionisti. Il tutto, su richiesta di Gaia, raccontato in un rendiconto redatto a mano da Letizia con l' elenco delle spese.
Nell' elenco compare un tale «Cicciottello», che riceve versamenti periodici di 100 mila euro per volta. Il manoscritto si apre con un post-it: «Penso tu abbia bisogno di spiegazioni». Finisce tutto in tribunale, la zia è condannata ad un parziale risarcimento. C' è anche una inchiesta penale, ma è solo una delle innumerevoli cause e controcause avviate da Gaia per cercare di capire dove sono finiti i suoi soldi. E chi si è bevuto l' eredità della Milano da bere.
MARANGHI CUCCIA vincenzo maranghi