MISTERO IN SALSA ARABA - COME MAI LA PROPOSTA DI ETIHAD PER ALITALIA NON E' ANCORA ARRIVATA? SINDACATI IN ALLARME - E MENTRE LE BANCHE SOCIE VOGLIONO UNA “SOLUZIONE DI SISTEMA”, GLI ARABI SALVANO AIR BERLIN

Una fonte bancaria ha aperto uno spiraglio: «Sia Unicredit che Intesa hanno fatto arrivare messaggi di pace, ma ci vuole una soluzione di sistema» della quale dovrebbe farsi carico «il governo». Dal governo smentiscono, ricordando il mantra di Lupi: «Quella fra Alitalia ed Etihad è la trattativa di due aziende private»...

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1. ALITALIA, ARABI IN RITARDO I SINDACATI IN ALLARME
Paolo Stefanato per ‘Il Giornale'

La telenovela della lettera di Etihad continua. Ieri l'ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, ha dichiarato: «Arriverà, ma non oggi». Il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, è stato più cauto: «Si tratta di due imprese private, lasciamole lavorare perché possano discutere sulle questioni ancora aperte».

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In serata il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha detto chiaramente: «Se non arriva la lettera è un disastro». Intanto oggi il vertice della compagnia italiana incontrerà i sindacati, ma Del Torchio ha voluto sottolineare che la trattativa sul costo del lavoro e quella con Abu Dhabi «sono due cose completamente diverse». La situazione sembra essere sprofondata in un limbo poco decifrabile, e sicuramente l'avvicinarsi delle elezioni europee non facilita le decisioni di cui deve farsi carico la politica.

Tra le richieste-chiave avanzate dagli arabi, la «deregulation» di Linate - ovvero un superamento del numero chiuso degli slot e delle norme che vincolano le destinazioni - è forse la più spinosa. Ieri Lupi ha fatto delle precisazioni molto diplomatiche, sostenendo che il decreto per un nuovo regime a Linate «non c'entra niente con Etihad, ma stiamo ragionando, ci stiamo confrontando perché ci era pervenuta da Expo una richiesta affinché in vista dell'Esposizione universale potessero arrivare sul territorio lombardo il maggior numero di vettori internazionali. Mi sembra una richiesta legittima e saremmo incoerenti se non l'assecondassimo». Lupi sembra voler depistare chi è pronto a criticare il decreto come un gesto di arrendevolezza del governo nei confronti di Abu Dhabi.

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Linate è una questione spinosa sia dal punto di vista politico (leggi: Lega) che da quello tecnico. Il tentativo è di compensare tali misure facendo in modo di valorizzare la presenza di Alitalia a Malpensa, ma sotto l'aspetto operativo il rischio è di provocare un sovraffollamento di traffico che Linate si troverebbe in difficoltà a sostenere: le nuove norme riguarderanno ovviamente tutte le compagnie, non solo Alitalia, e si potrebbe assistere a una rincorsa ai nuovi slot; proprio per questo è improprio parlare di liberalizzazione, perchè si tratterà di una revisione delle regole, non di una loro cancellazione.

Sugli altri fronti qualcosa sembra muoversi. Il sindacato ha già fatto trapelare le proprie aperture al risparmio di 48 milioni all'anno sul costo del lavoro, a condizione di vedere il nuovo piano industriale. Anche le banche sembrano più morbide sulla ristrutturazione del debito e su uno strumento capace di garantire Etihad dalle cause legali. Il punto è che a nessuno conviene far fallire (nuovamente) Alitalia. Quanto alle intenzioni di Etihad, la notizia che finanzierà con altri 300 milioni la partecipata Air Berlin dimostra il suo interesse alle strategie di crescita in Europa.

2. ALITALIA, LE BANCHE APRONO ETIHAD SALVA AIR BERLIN - INTESA E UNICREDIT CHIEDONO UNA "SOLUZIONE DI SISTEMA"
Alessandro Barbera per ‘La Stampa'

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Arriva? Ma quando arriva? «Sì sì arriva, ma non oggi», abbozza il numero uno Del Torchio. L'attesa per la lettera con cui Etihad promette di formalizzare la proposta per l'acquisto di Alitalia somiglia sempre di più a quella per Godot. Con il passare dei giorni il nervosismo fra dipendenti e sindacati si fa palpabile. «Se non arriva è un disastro», dice il segretario Cisl Bonanni, che per «disastro» intende i prodromi di un nuovo fallimento. Che lettera attendono a Roma? E cosa dovrebbe esserci scritto di così importante, posto che l'unica cosa certa è lo stallo della trattativa? E perché sulla vicenda è calato il silenzio di Tesoro e Palazzo Chigi?

Le domande sono molte perché molti sono i fronti della trattativa. C'è il tavolo con il governo, dal quale Etihad vuole certezze sul futuro di Linate e degli investimenti nell'alta velocità verso i due grandi aeroporti, Fiumicino e Malpensa. C'è quello con le banche azioniste e creditrici, le quali non vogliono farsi carico del debito non garantito della compagnia. C'è quello con i sindacati, i quali prima di dare qualcosa vogliono sapere cosa avranno in cambio.

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Una lettera è arrivata, due settimane fa. Non è mai stata resa pubblica, ma chi l'ha vista la descrive «piuttosto dura». L'azienda ha risposto «punto per punto», ora attende la controreplica. Dice il ministro dei Trasporti Lupi: «A ottobre Alitalia non era nelle condizioni di adesso. Stava chiudendo, era sull'orlo del fallimento e qualcuno voleva ancora che fosse applicata la legge Marzano.

In questo momento stiamo ragionando seriamente». Dei tre fronti aperti, il più delicato resta quello con le banche, lo stesso che fece saltare il tavolo con i franco-olandesi. Almeno quattrocento milioni di debiti non sono assistiti da garanzie reali. Una delle soluzioni possibili è quella di trasformare i crediti in azioni, ma se dipendesse da Intesa - la più esposta di tutte - di Alitalia non si accollerebbe più nemmeno uno spillo. Alitalia non ha ancora chiuso il bilancio 2013, Intesa sì, contabilizzando 35 milioni di perdite.

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Una fonte bancaria citata dalla Reuters ieri ha aperto uno spiraglio: «Sia Unicredit che Intesa hanno fatto arrivare messaggi di pace. C'è aria di apertura, ma ci vuole una soluzione di sistema» della quale dovrebbe farsi carico «il governo». Che significa? Nuovi fondi pubblici a pié di lista? Dal governo smentiscono categoricamente l'ipotesi, ricordando il mantra di Lupi: «Quella fra Alitalia ed Etihad è la trattativa di due aziende private». Non è esattamente così, posto che i rapporti bilaterali con gli emiri di Abu Dhabi non si fermano ad Alitalia. Lo dimostra il viaggio di poche settimane fa dell'allora premier Letta e il via libera del governo - il 19 aprile - all'acquisto definitivo di Piaggio Aero Industries da parte del fondo sovrano Mubadala. E però è evidente che con quella frase Lupi vuol sottolineare che l'interventismo del governo non può spingersi troppo oltre.

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Nel frattempo la compagnia araba va in soccorso della controllata tedesca Air Berlin, di cui possiede già il 30%. Una compagnia sull'orlo del fallimento, ma uno dei tasselli per la strategia di penetrazione nel mercato europeo. Ieri ha annunciato l'acquisto di bond convertibili per 300 milioni di euro, altri 150 milioni verranno collocati sul mercato. L'aiuto non è a costo zero: «Ora - dice il numero uno Prock-Shauer - dovremo fare i conti con una ristrutturazione più radicale». I sindacati italici sono avvertiti. Oggi incontrano l'azienda, sul tavolo c'è ancora da discutere i tagli promessi mesi fa, prima ancora che Etihad si mostrasse interessata ad acquistare Alitalia.

 

 

 

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