1. LA MOSSA È DI QUELLE D'ALTRI TEMPI, CHE RICHIAMANO ALLA MEMORIA LE FURBIZIE DELLA VECCHIA DC: MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE, MENTRE I FARI ERANO ACCESI SULLA DEFENESTRAZIONE DI BERLUSCONI È ARRIVATO NEL TARDO POMERIGGIO UN BEL DECRETO LEGGE DI LETTA-SACCOMANNI CHE HA DECISO LA RIVOLUZIONE IN BANKITALIA: PRIVATIZZAZIONE! 2. L'OBIETTIVO ERA DI NASCONDERE L'OPERAZIONE SOTTO IL TAPPETO ED È STATO RAGGIUNTO: PER QUALCHE GIORNO NESSUNO, O QUASI, SE NE È ACCORTO. LA NOVITÀ È CHE, TRA QUALCHE MESE, LA BANCA D'ITALIA POTRÀ ESSERE CONTROLLATA DA INVESTITORI ESTERI 3. PRIMA L'AGENZIA DI RATING STANDARD & POORS ATTACCA L’UNICO “TESORO” NAZIONALE DELLE GENERALI. ORA TOCCA A BANKITALIA. NON È CHE È ANDATA IN ONDA LA SECONDA PUNTATA PER SFILARE ALL'ITALIA I (POCHI) GIOIELLI DELLA CORONA RIMASTI?

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La mossa è di quelle d'altri tempi, che richiamano alla memoria le furbizie della vecchia Dc: mercoledì 27 novembre, mentre i fari erano accesi sulla defenestrazione di Berlusconi è arrivato nel tardo pomeriggio un bel decreto legge che ha deciso la rivoluzione in Bankitalia.

L'obiettivo era di nascondere l'operazione sotto il tappeto ed è stato raggiunto perché per qualche giorno nessuno, o quasi, se ne è accorto. La novità è che, tra qualche mese, la Banca d'Italia potrà essere controllata da investitori esteri.

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Con buona pace di Tremonti, che la voleva controllata dallo Stato. E dei suoi critici, che nel 2005 lo hanno attaccato perché con il provvedimento su Bankitalia minava alla radice l'autonomia dell'istituto. Pronta ad essere salvaguardata, evidentemente, dalla soluzione filo-estera. Domanda finale. Prima l'agenzia di rating S&P attacca Generali. Ora tocca a Bankitalia. Non è che è andata in onda la seconda puntata per sfilare all'Italia i (pochi) gioielli della corona rimasti?

2. NUOVE PARTECIPAZIONI DI BANKITALIA LA VIA DELL'EURO È SENZA RITORNO
Fabio Tamburini per il "Corriere della Sera"

Il modello public company, nonostante la grande crisi del 2008 che ha messo in rilievo i punti deboli del capitalismo anglosassone, mantiene un certo fascino. Così il nuovo assetto azionario della Banca d'Italia, approvato nei giorni scorsi, è passato finora senza troppe obiezioni se non per alcune dichiarazioni ostili di esponenti della politica, di destra come di sinistra.

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In realtà si tratta di una decisione che merita ben altri approfondimenti e che ha una valenza di gran lunga più importante rispetto alle due conseguenze immediate: la possibilità del governo di fare cassa tassando le plusvalenze delle banche azioniste che venderanno le quote superiori al 5 per cento del capitale e gli effetti positivi sul patrimonio delle stesse grazie alla rivalutazione del valore di Bankitalia (da livelli irrisori fino a 7,5 miliardi, che però sono stati calcolati senza tenere conto delle riserve auree, che valgono almeno 100 miliardi di euro).

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Il nodo vero delle nuove regole, attualmente al vaglio della Banca centrale europea, è l'apertura alla partecipazione nel capitale di banche, fondazioni, assicurazioni, enti, istituti di previdenza, inclusi fondi pensioni. Anche europei. Le quote, come è scritto nella presentazione del provvedimento, dovranno essere «facilmente trasferibili e in grado di attirare potenziali acquirenti».

È facile prevedere, di conseguenza, che una parte significativa del capitale di Bankitalia, magari in tempi brevi e perfino la maggioranza delle azioni, possa risultare controllato, per esempio, da azionisti tedeschi o francesi. Non è un cambiamento di poco conto, che avrebbe meritato l'approvazione con legge piuttosto che un decreto insieme alle regole sulla seconda rata dell'Imu e la vendita d'immobili.

Anche perché segna una strada senza ritorno: la scelta europea, in quanto è difficile immaginare l'uscita dall'euro con un sistema Paese che non controlla più neppure la Banca d'Italia. C'era un'alternativa? Sì. E tutto sommato facile da percorrere: il buyback di tutte le azioni proprie di Bankitalia, utilizzando le riserve del patrimonio netto, che ammonta a circa 23 miliardi .

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