Alessandro Barbera per la Stampa
Fino all' arrivo dell' acquazzone biblico che farà saltare decine di voli, Mister Vath è persuasivo. «Per chi fa il nostro mestiere Francoforte è il miglior posto in Europa in cui vivere». Hubertus Vath è un signore dal sorriso largo e un passato a Singapore per conto di Deutsche Bank. Da otto anni è il capo di Frankfurt Main Finance, una lobby sostenuta dalle autorità locali e le banche per attirare capitali in città. Per lui la Brexit è stata una specie di manna dal cielo.
Dopo la sconfitta di Theresa May alle elezioni il mondo della finanza londinese è diviso in due scuole: gli ottimisti hanno sospeso le decisioni nella speranza che il Regno Unito scelga la via norvegese ed eviti la perdita del passaporto comunitario; i pessimisti non hanno intenzione di attendere, convinti che comunque andrà sarà un disastro. Vath è incaricato di convincerli uno ad uno.
La concorrenza fra le capitali è spietata. Parigi, Dublino, Madrid, Berlino, Milano. Ciascuna può vantare un pregio che le altre non hanno: Parigi è Parigi, Dublino anglofona, Madrid è la porta per il Sud America, Milano sta a un passo da Monaco ma offre ben più dell' Oktoberfest. Nessuna di loro però assomma i vantaggi competitivi di Francoforte: piccola quanto basta, al centro dell' Europa, ha un aeroporto che ti collega direttamente con qualunque angolo del mondo.
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È la capitale finanziaria di Germania e sede delle principali istituzioni europee del settore: nel raggio di pochi chilometri ci sono la Banca centrale e la vigilanza europea, l' autorità di controllo su assicurazioni e fondi pensione, la Bundesbank e la Bafin, la Consob tedesca. Otto delle dieci grandi banche d' affari del mondo hanno già grossi uffici qui. A Parigi, Madrid e Dublino sono quattro, a Milano due. I tedeschi la chiamano "Mainhattan" per via del grande fiume che attraversa la città.
Se non fosse per i tassisti che rifiutano le carte di credito, Francoforte è una città comoda. Il costo degli immobili è nettamente più basso di Londra e Parigi, e si può sopravvivere con l' inglese. I tedeschi sanno di avere una lingua ostica, e per questo la città e la Regione spingono perché a Francoforte ci siano le migliori scuole internazionali di Germania. In vista della Brexit hanno progettato anche l' apertura di un sezione specializzata del Tribunale civile in inglese. Se Francoforte deve essere la capitale europea della finanza, non può non avere un luogo in cui discutere l' enorme mole di contenzioso frutto dell' istituzione dell' unione bancaria. «La sezione dovrebbe aprire entro la fine dell' anno», dice soddisfatto Vath.
Benché sin dall' inizio Berlino abbia tentato di giocarsela, la partita tedesca è senza gara. Nelle mappe di espansione urbanistica della città sono già progettati venti grattacieli entro cinque anni: nemmeno a Tokyo. Ai giapponesi Francoforte piace molto per via di quell' efficienza teutonica, solida e collettiva come la loro. Non è un caso se fra le quattro banche che hanno già scelto la capitale dell' Hessen come alternativa a Londra ci sono Nomura, Sumitomo e Daiwa. Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley sono vicine ad una decisione, ma prima di rinunciare alla Swinging London vogliono essere certe di esserne costrette.
Secondo il Global Financial Index, un indicatore che misura la forza delle capitali finanziarie nel mondo, Francoforte è tuttora al ventritreesimo posto. Londra è ancora la prima, New York la seconda, ventiduesima è Shenzhen. Nell' epoca in cui gli indici del benessere tentano di farsi spazio fra quelli del Pil, è probabile qualcuno tenga conto dell' eventuale fuga di cervelli fuori dell' Europa. La presidente della regione parigina Valerie Percasse è scorretta ma definitiva: «Qual è stata l' ultima volta in cui avete invitato il partner a Francoforte per il week-end?».
Alla fine la città qualche difetto ce l' ha. Le tasse, ad esempio. La Germania ha un costo del lavoro competitivo (con l' Italia il gap fra salario lordo e netto è imbarazzante), e però il prelievo sulle società non è più alto di quello italiano o francese. Per quei banchieri londinesi abituati ad avere il conto in qualche isola furbetta del Regno sarà un brutto risveglio: il prelievo medio sulle persone fisiche sfiora il quaranta per cento, ed evadere le tasse è difficile.
Né in Germania hanno pensato di adottare misure acchiappa-paperoni come quella italiana che permette di pagare centomila euro l' anno per nove anni. A precisa domanda Vath strabuzza gli occhi: «Non abbiamo mai pensato a vantaggi fiscali né a livello locale, né tantomeno federale. Non ne abbiamo bisogno, ma soprattutto non lo vogliamo, non è nello stile dei tedeschi. E mi faccia dire un' altra cosa, qui a Francoforte non accetteremo scatole vuote per aggirare la perdita del passaporto comunitario inglese. Siamo sicuri che ci sceglieranno perché siamo i migliori». Poi Vath guarda fuori della finestra e sconsolato ammette: «Fatta eccezione per il clima».