1. "ECCO COME HANNO SGOMBERATO DA CASA SERGIO BRAMINI"
La Iena Alessandro De Giuseppe riassume cos'è successo. Mentre l'imprenditore si sfoga con noi in un'intervista
Alla fine lo sgombero c'è stato. Sergio Bramini, imprenditore fallito nonostante vantasse 4 milioni di euro di crediti mai pagati dallo Stato, ha dovuto lasciare la sua abitazione. Dopo una giornata di speranze, con atroce delusione finale, di tensioni tra la folla che si era radunata e le forze dell'ordine in assetto antisommossa. Bramini se ne è andato "a testa alta" dall'abitazione dove ha vissuto per 27 anni, evitando scontri fisici, con la sua macchina, tra gli applausi.
Il nostro Alessandro De Giuseppe, che per Le Iene ha seguito per primo la sua storia facendola diventare un caso nazionale, ci racconta nel video qui sopra come è andata, dopo le numerose dirette Facebook con cui l'abbiamo documentata anche oggi. "Stamane per l'ennesima volta sembrava che tutto si risolvesse", racconta De Giuseppe. "È arrivato un assegno da un imprenditore, che vuole rimanere anonimo, che avrebbe coperto l'intera cifra che serviva per stralciare la posizione di Sergio. Giudice dell'esecuzione dello sloggio e banca creditrice a quel punto hanno fatto sapere che poteva andare bene prolungare di almeno 30 giorni la trattativa. Ma il curatore fallimentare ha detto di no, così si è arrivati allo sloggio".
"Sono stati momenti difficili, di tensione molto alta, meno male che alla fine ha prevalso l'educazione della gente che si era radunata qui per Sergio", continua la nostra Iena. "Sono arrivati anche tanti politici, da Luigi Di Maio a Matteo Salvini. per auspicare una soluzione di buon senso che non c'è stata: hanno appena cambiato le serrature con l'ausilio della forza pubblica e del fabbro. Ma non tutto è perduto. Ci sono due, tre idee in ballo, c'è il crowdfunding. Speriamo e non ci arrendiamo per trovare una giustizia in questa storia incredibile. Non dimenticherò mai il viso di Sergio che esce dal suo ufficio e mi dice: 'Sloggiano'".
Subito prima di abbandonare la casa Sergio Bramini si è sfogato con noi in questa intervista.
"Non avrei mai immaginato di arrivare a questo giorno", esordisce commosso Sergio Bramini. "Alla fine siamo stati scacciati dalla casa dove ho vissuto per 27 anni, dove ho avuto i miei più bei ricordi, dove sono nate e vissute le mie due figlie, dove la mia famiglia stava bene, fino a quando lo Stato mi ha voltato le spalle".
"Ho avuto una reazione forse incontrollata, ma era l'accumulo della rabbia di sette anni", continua il suo racconto Bramini ricostruendo la sua vicenda intervistato da Alessandro De Giuseppe. Un Bramini che resta combattivo: "Chi ha voluto il bastone con me non può aspettarsi solo la carota. Stasera intanto andremo in un appartamentino molto piccolo, dove ci stringeremo, che ho preso in affitto per la mia nipotina e mia figlia. Di più non potevamo data la nostra situazione economica. Ma teniamo la testa alta e teniamo unita la famiglia. Un modo per risolvere questa storia lo troveremo".
"Ci vorranno, ci vogliono delle modifiche di legge", conclude, pensando di accettare l'offerta di Luigi Di Maio e Matteo Salvini di seguire pubblicamente queste vicende. "Voglio occuparmi per tutti proprio di questi casi. Non voglio che altri debbano soffrire quello che ho sofferto io in questi anni con la mia famiglia e che poi è sfociato in questo sloggio e in questa umiliazione".
La scena finale di Bramini che abbandona con la sua macchina la sua casa, tra gli applausi, dà l'idea di come Sergio esca con grandiosa dignità e, appunto, "a testa alta" da questa ennesima bruttissima giornata. Senza arrendersi.
Noi de Le Iene abbiamo seguito questa incredibile vicenda, per primi, sin dall'inizio con il nostro Alessandro De Giuseppe. E naturalmente non ci fermeremo qui, continueremo a raccontarvela.
Oggi, dopo un primo appello dell'imprenditore c'era stata la visita del segretario della Lega Matteo Salvini, seguita a quella di ieri, giovedì 17 maggio, del capo politico del M5S, Luigi Di Maio. Ci siamo fatti anche portavoce dell'appello dell'imprenditore di Monza ai ministri Minniti, Padoan, Calenda e Madia, insieme al primo ministro Gentiloni. Abbiamo ottenuto una lettera, a firma del ministro dello Sviluppo economico Calenda e della Pubblica amministrazione Madia, rivolta a Nello Musumeci, presidente della Regione Sicilia, ente da cui Bramini attende una percentuale molto importante di denaro per la sua attività di riciclaggio dei rifiuti. Ma non ci sono stati sviluppi ulteriori.
Ecco le tappe precedenti della sua storia. Avevamo seguito il caso Bramini con i due servizi della Iena Alessandro De Giuseppe “Quando lo Stato non paga i debiti” e “Quando lo Stato ti porta via tutto”. Lo sgombero da casa era previsto per il 16 aprile: c’eravamo anche per il sit-in convocato a Monza per cercare di fermarlo. In un'altra giornata concitata e piena di colpi di scena, che vi abbiamo raccontato sempre in diretta via Facebook, lo sgombero era stato posticipato all’1 giugno.
Oltre il danno, poi è arrivata anche la beffa: lo sgombero è stato anticipato a oggi, 18 maggio, perché il primo giugno, a causa della Festa della Repubblica dell'indomani, le forze dell’ordine potrebbero essere sotto organico. Bramini intanto si è appellato anche alla neopresidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, visto che la sua casa è stata scelta come domicilio parlamentare dal senatore Gianmarco Corbetta (M5S). Domenica 29 aprile è andato in onda un nuovo servizio di Alessandro de Giuseppe sul caso (con tanto di fuga di un giudice dalle sue domande). È attivo anche un crowdfunding, una raccolta di fondi per aiutare Bramini.
Sulla vicenda, il 24 aprile, il presidente del Tribunale di Monza, Laura Cosentini, ci aveva inviato i propri "Chiarimenti sulla vicenda giudiziaria del sig. Bramini", che potete leggere integralmente cliccando qui sotto.
2. IL CASO BRAMINI
Giorgio Dell’Arti per ''La Gazzetta dello Sport''
Questo Sergio Bramini, imprenditore, 70 anni, da Brugherio in Brianza, potrebbe essere un eroe del nostro tempo, anzi dei nostri giorni, potrebbe cioè esser lui ad aver favorito il massimo avvicinamento tra la Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle di Di Maio.
• Chi è?
Un imprenditore che guida, anzi guidava, una piccola azienda di Monza con 32 dipendenti, la Icom spa. Questa Icom era specializzata nei cosiddetti «servizi ambientali», in sintesi il trattamento dei rifiuti. Ha partecipato e vinto parecchie gare, specie al Sud, nel primo decennio del Duemila e, attraverso questi lavori, ha accumulato un credito nei confronti della Pubblica amministrazione che sarebbe di 4 milioni di euro. Dico «sarebbe» perché da Palazzo di giustizia rispondono che i milioni da riscuotere sarebbero in realtà due. In ogni caso: si tratta, per un piccolo imprenditore, di una montagna di soldi ed è indiscutibile che questi soldi Bramini non li ha avuti.
la iena alessandro de giuseppe sul caso sergio bramini
Per non licenziare i 32 dipendenti ha ipotecato la casa - una villa a Monza con giardino e piscina - poi i soldi del mutuo sono finiti e nel 2011 il tribunale, su istanza della banca che aveva erogato il prestito, ha decretato il fallimento. L’azienda non esiste più, i 32 lavoratori sono stati licenziati e adesso il curatore fallimentare - che ha a cuore solo gli interessi dei creditori e si disinteressa del resto - vuole la villa per rivenderla e saldare la banca. In tutto questo i due o i quattro milioni dello stato chi sa dove sono. Magari un giorno si materializzeranno da qualche parte e anzi ci sarà il problema del soggetto a cui dovranno essere versati dato che la Icom non esiste più.
• Brutta storia. In che modo attraversa i commerci fra Salvini e Di Maio?
I due hanno colto la palla al balzo e innalzato il caso Bramini a emblema di questo Stato inefficiente e ingiusto e che loro intendono cambiare dalle fondamenta. Di Maio è andato in via Sant’Albino 22 a Monza, indirizzo della villa, a portar conforto a Bramini e sparare a zero contro la pubblica amministrazione. Ieri Salvini ha fatto lo stesso, profittando di una piccola manifestazione in favore dell’imprenditore (c’era lo sfratto esecutivo) e proclamando addirittura che il prossimo premier (ancora ignoto al momento) dovrebbe proprio essere lui, il Bramini. E chissà che lunedì...
gianluigi paragone sergio bramini
• A parte il conforto morale e la presa di posizione politica che cosa si potrebbe fare?
Il leghista Gianmarco Corbetta ha eletto via Albini a proprio ufficio parlamentare, e questo lo renderebbe intoccabile se lo sfratto non fosse già esecutivo. C’è la battaglia politica e la mobilitazione, con la distribuzione del volantino in cui Bramini spiega che gli piglieranno e la venderanno per mezzo milione a qualcuno che poi la rivenderà per due milioni almeno. Cioè l’inefficienza criminale dello stato sembra costruita apposta per favorire gli speculatori. A parte questo, c’è poco da fare, perché s’è mossa la giustizia, nelle vesti del tribunale fallimentare, e la giustizia non è, non può essere sensibile se non alle fattispecie da cui è investita. Se Bramini deve avere soldi dallo stato - dice la giustizia - faccia causa allo stato...
• Seeee, e se va bene i soldi li vedranno i suoi nipoti...
Più in generale, c’è la questione della politica economico-finanziaria che si propongono i due quasi-vincitori delle elezioni - politica fortemente espansiva che, se vincente, spingerà gli istituti di credito a tenere aperti i cordoni della borsa e chissà che qualche dollaro, dalle borse spalancate, non ci scappi pure per Bramini. Poi c’è una bella idea del responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, che l’ha spiegata l’altro giorno al quotidiano di Belpietro, La Verità.
• Sentiamo.
Siccome i soldi che lo stato deve alle imprese stanno tra i 60 e i 90 miliardi (non c’è certezza neanche sulla cifra) e l’immissione nei circuiti di questa somma avrebbe effetti evidentemente assai benefici, Borghi propone di saldare il conto immediatamente con l’emissione di mini-bot, subito spendibili, che non aumenterebbero l’indebitamento dello stato perché sarebbero il pro-forma di un debito già esistente, e rimetterebbero in moto i meccanismi che determinano il Pil evitando tragedie come quella di Bramini.
All’obiezione che in questo modo si metterebbe in circolo una moneta parallela, Borghi risponde così: «Già adesso esistono forme di controvalore che i cittadini scambiano e impegnano, normalmente, nella vita di tutti giorni. Ad esempio, cos’ è un ticket restaurant, se non un titolo garantito con cui si possono comprare delle cose? No, non è una moneta. Tecnicamente è un debito cartolarizzato». E all’altra obiezione: in nessuno stato si segue una procedura simile per pagare i fornitori, Borghi risponde in questo modo: «Non esiste nessuno Stato che sia così cattivo pagatore come il nostro».