- ULTIME DAL MONTE DEI PACCHI DI SIENA – PRIMA CONDANNA PER MUSSARI E VIGNI, MENTRE I NUOVI VERTICI LOTTANO CONTRO IL TEMPO – SI LAVORA A UN AUMENTO DI CAPITALE FINO A 2 MILIARDI PER RISPONDERE ALLA BCE -

Tutta in salita la strada di una fusione con un istituto più sano. Dopo Unicredit, anche Intesa Sanpaolo si tira indietro con Carlo Messina che oppone un “no categorico”. Giuseppe Guzzetti, il gran ras delle fondazioni, invece apre a un intervento “di sistema” delle fondazioni per l’acquisto dei Monti bond dal Tesoro…

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Gianluca Paolucci per “La Stampa”

 

Nel giorno delle prime condanne per lo «scandalo Mps», i vertici attuali dell’istituto lavorano ai rimedi da presentare alla Bce entro il prossimo 10 novembre. ?Il tempo è per elaborare un piano credibile è scarso: al di là della scadenza imposta da Francoforte, c’è da fare i conti con un andamento del titolo in Borsa tutt’altro che confortante. Al momento l’ipotesi più accreditata, sulla quale si sono confrontati anche ieri i manager dell’istituto con Bankitalia - dopo la visita di Alessandro Profumo alla Bce -, è quella di un nuovo aumento di capitale che potrebbe arrivare fino a un massimo di 2,1 miliardi di euro per coprire l’intero gap individuato dallo stess test Bce.

FRANCESCO CAIO ALESSANDRO PROFUMO FRANCESCO CAIO ALESSANDRO PROFUMO

 

L’istituto e i suoi consulenti - Ubs e Citigroup - stanno lavorando alacremente su questo scenario e un annuncio potrebbe arrivare anche prima della scadenza del 10 novembre. In Borsa anche ieri, in una seduta euforica per le misure annunciate dalla Banca del Giappone, Mps ha chiuso con un calo del 10,46% a 0,6 euro. Da lunedì, prima seduta dopo la pubblicazione dei risultati dei test europei, il titolo ha ceduto il 40%. Con una capitalizzazione scesa poco sopra i 3 miliardi di euro. Una spirale che può essere arrestata solo con un annuncio che tranquillizzi il mercato e plachi le vendite, ragiona un banker.

 

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Ma la via maestra indicata anche dalla stessa Bankitalia, quella di una fusione con un altro istituto, non è praticabile in tempi brevi. «Un’operazione del genere richiede tempo», ragiona un banker di un primario istituto estero al lavoro per cercare possibili soggetti interessati al dossier Montepaschi. Nel capitolo dei possibili compratori, da registrare il secco «no» dei vertici di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Esclude ogni intervento l’ad Federico Ghizzoni. Ancora più categorico l’ad di Ca’ de Sass, Carlo Messina. «No categorico» ha risposto Messina ai giornalisti: «Non è immaginabile in nessun modo. Intesa Sanpaolo ha un suo piano di impresa ed è il titolo bancario che è cresciuto di più nell’ultimo anno».

 

GIUSEPPE MUSSARI E SUSANNA CAMUSSO GIUSEPPE MUSSARI E SUSANNA CAMUSSO

Sulla stessa linea anche il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, e i principali azionisti. Da Luca Remmert della Compagnia di San Paolo («Lo escludo in modo assoluto») al numero uno di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti. Che però apre a un intervento «di sistema» delle fondazioni per l’acquisto dei Monti bond dal Tesoro. Ipotesi che toglierebbe l’aiuto di Stato e alleggerirebbe l’istituto dall’assillo del controllo Ue.

 

GIUSEPPE MUSSARI GIUSEPPE GUZZETTI resize GIUSEPPE MUSSARI GIUSEPPE GUZZETTI resize

Ma la giornata di ieri è stata soprattutto quella della prima sentenza per le vicende della passata gestione dell’istituto senese. Il tribunale di Siena ha condannato l’ex presidente Giuseppe Mussari, l’ex dg Antonio Vigni e l’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri a 3 anni e 6 mesi con l’interdizione di 5 anni dai pubblici uffici per ostacolo alla vigilanza. Il filone è quello relativo all’operazione Alexandria, una complessa struttura finanziaria, i cui esiti hanno impattato pesantemente sui conti di Mps.

 

ANTONIO VIGNI GIUSEPPE MUSSARI FOTO ANSA ANTONIO VIGNI GIUSEPPE MUSSARI FOTO ANSA

Secondo l’accusa, i tre condannati ieri in primo grado avrebbero occultato alla vigilanza di Bankitalia un documento, il «mandate agreement», che legava la ristrutturazione di un derivato sottoscritto in precedenza dall’istituto con forti acquisti di titoli di Stato italiani a lungo termine, trasformando di fatto la natura dell’operazione e dunque i suoi effetti sui conti dell’istituto. ?Esattamente 13 mesi dalla prima udienza del processo (settembre 2013), con rito immediato, che vedeva gli ex vertici del Monte accusati, in concorso, di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle pubbliche Autorità di Vigilanza. I pm (Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso) avevano chiesto 7 anni per Mussari, («l’attore protagonista e regista di un film drammatico», ha detto Grosso) e 6 per gli altri due imputati.

 

ANTONIO VIGNI DG MPS ANTONIO VIGNI DG MPS

Ma alla fine sembravano soddisfatti: «L’impianto accusatorio ha retto - si spiega in Procura dove probabilmente non verrà presa in considerazione l’ipotesi di fare appello -: il tribunale ha riconosciuto che c’è stato un danno in concreto». Di certo ricorreranno al secondo grado di giudizio i legali degli imputati: «certo» ha risposto l’avvocato Franco Coppi, uno dei difensori di Vigni, mentre per Filippo Dinacci, legale di Baldassarri, i giudici «hanno dovuto anche cambiare capo di imputazione perché non riuscivano evidentemente a dimostrare l’ostacolo con evento ingannatore». I testi comparsi in tribunale, ha poi precisato, avevano dimostrato che «Bankitalia era a conoscenza di tutta la vicenda relativa al mandate agreement».

 

 

 

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