FALLA RATTOPPARE! - MENTRE LA CONCORDIA COLAVA A PICCO GiÀ DA UN’ORA E MEZZA, LA COSTA CROCIERE CHIAMò UN’AZIENDA SAVONESE PER RIPARARE “UNA PICCOLA FALLA” - PECCATO CHE L’AZIENDA NON AVESSE I MEZZI PER SOCCORRERE NAVI DI QUELLA DIMENSIONE E CHE QUEL BUCHINO DA NIENTE FOSSE UNO SQUARCIO DI 40 METRI - MA CHE COSA HANNO COMUNICATO DALLA NAVE ALLA SEDE CENTRALE? - “SCHETTINO HA MENTITO ALLA SUA COMPAGNIA, SU QUESTO NON C’È ALCUN DUBBIO”...
Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"
Alle 23.30 di venerdì sera siamo quasi alla fine. Il naufragio appare già per quel che è, un disastro che costerà molte vite umane e la perdita di una nave. Andando all'indietro nel tempo: la Costa Concordia è inclinata da almeno 15 minuti, molti passeggeri sono già sulle scialuppe, la sirena dell'allarme di abbandono ha suonato alle 22.58, l'impatto contro gli scogli delle Scole è ormai avvenuto da due ore.
A Savona, nella casa di Paolo Cappucciati suona il telefono. à la Costa Crociere, chiamano da Genova. Il responsabile dell'Ufficio manutenzioni ordinarie chiede la disponibilità per un lavoro, c'è da riparare una falla su una nave della compagnia in avaria. Quella nave. «Forse si dovrà fermare, potrebbe esserci qualche danno allo scafo, c'è da capire come si può ripararla ».
Mezz'ora dopo, alle 24, mentre al Giglio il comandante Schettino ha già abbandonato il ponte di comando, richiamano da Genova per mettersi d'accordo sull'orario di partenza, bisogna muoversi il prima possibile. Ma in nessuna delle due telefonate, adesso al vaglio degli inquirenti, c'è il minimo accenno a quel che sta davvero accadendo sulla Concordia.
Quelle due conversazioni sono un primo, piccolo tassello che potrebbe portare a ricostruire il comportamento della compagnia genovese durante il naufragio della sua ammiraglia. Cappucciati è il direttore tecnico della I.L.Ma.Sub., acronimo di Impresa lavori marittimi subacquei. Una piccola azienda che conta in tutto 12 dipendenti: dieci sommozzatori, un carpentiere, il pilota di un rimorchiatore. Tutta gente specializzata, che si occupa di opere marittime, specializzata in lavori come la lucidatura delle eliche, riprese sott'acqua e ispezioni per il registro navale, piccole saldature sotto lo scafo.
Quando una nave imbarca acqua, i sub della Ilma riparano la falla con lamiere provvisorie per consentire il trasporto in bacino. Ma operano su imbarcazioni di taglia molto, ma molto più piccola; quel gigante non è affare adatto ai pur rispettabili mezzi dell'azienda savonese. E di quel viaggio al Giglio non se ne farà più nulla, per ragioni evidenti.
La circostanza che le telefonate vengano fatte dal direttore dell'Ufficio manutenzioni ordinarie può indurre a un sorriso amaro. Su quella nave, aperta da uno squarcio lungo quaranta metri, infatti non c'era e non c'è più nulla da mantenere. E il fatto che venga allertata una piccola impresa savonese forse può rivelare una sottovalutazione di quel che sta accadendo, oppure una semplice mancanza di informazioni.
Ma qualche domanda è lecita. Perché Costa Crociere sente il bisogno di chiamare per due volte, 23.30 e 24.00 un consulente fidato come il direttore tecnico dell'Ilma chiedendogli un sopralluogo e prospettando una riparazione sul posto, mentre dalle 21.45, ora in cui gli ufficiali a bordo scoprono che la sala macchine è sommersa dall'acqua fino a mezzanotte inoltrata da Genova non ci sono contatti con la Capitaneria di porto?
Le telefonate con l'Ilma rivelano sicuramente la volontà di accertare i danni e l'intenzione di procedere a una riparazione-rattoppo che possa salvare la nave. L'incolpevole Cappucciati ha l'onestà di ammettere che la sua azienda non aveva di certo i mezzi per fronteggiare quella situazione. à convinto che non ci sia alcun mistero da chiarire sul comportamento della Costa Crociere. «Il comandante-dice-ha mentito alla sua compagnia, su questo non c'è alcun dubbio. Dalla nave sono giunte informazioni false o sbagliate». Plausibile, anzi probabile. I magistrati cercheranno di capire se davvero è questa l'unica risposta possibile.
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