FISH AND CHIP – GLI STATI UNITI MEDITANO DI TAGLIARE GLI APPROVVIGIONAMENTI A HUAWEI IMPONENDO LICENZE A SOCIETÀ COME LA TAIWANESE ‘TSMC’. E I CINESI SONO PRONTI A RISPONDERE: “NON STAREMO A GUARDARE MENTRE HUAEWEI VIENE MACELLATA. AGIREMO DI CONSEGUENZA”, HA DETTO IL CEO ERIC XU, CHE HA PRESENTATO I PROFITTI DEL 2019 (+5,6%)
Andrea Nepori per www.lastampa.it
Secondo indiscrezioni riportate da Reuters a fine febbraio, poi confermate dal Global Times e dalla CNBC nelle scorse settimane, l’amministrazione Trump sta valutando un blocco strategico agli approvvigionamenti tecnologici di Huawei. Non si tratta più di limitazioni all’acquisizione di servizi e forniture dagli Stati Uniti: sul tavolo del Presidente americano c’è un’operazione indiretta, volta a mettere i bastoni tra le ruote ad aziende internazionali che vendono componentistica a Huawei.
L’ipotesi è quella di imporre a società come la taiwanese Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), uno dei più grandi produttori di semiconduttori al mondo, l’obbligo di una licenza per l’acquisto di componenti e forniture dagli Stati Uniti per poter vendere il prodotto finito a Huawei.
Il vaso di Pandora
Sarebbe una decisione senza precedenti, che secondo Eric Xu, attuale CEO di Huawei, equivarrebbe a innescare una reazione a catena con conseguenze disastrose per tutta l’industria tecnologica, non solo per Huawei. «Se gli Stati Uniti attueranno questo piano, il governo cinese non starà a guardare mentre Huawei viene macellata su un tagliere. Risponderà di conseguenza, anche se non porrà regole totalmente arbitrarie alle aziende americane», ha detto Xu durante la conferenza per l’annuncio dei risultati fiscali del 2019, che si è tenuta a Shenzhen oggi, 31 marzo, e per la prima volta è stata trasmessa in streaming in tutto il mondo.
LA GUERRA DI DONALD TRUMP A HUAWEI
«Sul lungo periodo le aziende cinesi potranno produrre i propri chip» ha detto ancora Xu. «Compreremo componenti dal Giappone dalla Corea e da altre aziende di Taiwan. Ma noi pensiamo che l’unica soluzione sia il dialogo e la collaborazione. Spero dunque che le notizie sul piano dell’amministrazione americana non siano vere, perché altrimenti gli USA scoperchierebbero il vaso di Pandora, innescando una crisi del settore tecnologico senza precedenti, dalla quale nessuna azienda, compresa quelle statunitensi, potrà essere immune».
Il rischio per le aziende americane
Molti analisti finanziari concordano con la visione del CEO di Huawei, e spiegano che l’imposizione di una licenza di acquisto ad aziende strategiche come TSMC avrebbe effetti gravissimi anche sulle aziende americane il cui approvvigionamento tecnologico dipende dalla saluta finanziaria della stessa azienda taiwanese. Una reazione a catena talmente semplice da capire da instillare qualche dubbio anche al Presidente Trump, che al momento pare abbia opposto un secco rifiuto al piano, ideato da alcuni dei più agguerriti “falchi” anti-cinesi della sua amministrazione.
Regole arbitrarie
Le «regole arbitrarie» imposte dal governo statunitense, come le ha definite Xu, hanno già sortito effetti indesiderati sul business delle infrastrutture. Nel corso del 2019, ha detto il CEO, le soluzioni 5G hanno generato solo 3 miliardi di dollari di introiti per Huawei, a fronte di un fatturato complessivo di 858,8 miliardi di Yuan (pari a circa 110 miliardi di Euro). Una risultato contenuto che tuttavia Xu non attribuisce alle imposizioni degli USA, quanto al fatto che il 2019 è stato solo l’anno dell’avvio per il 5G. «Tuttavia le sanzioni hanno creato un danno», ha ammesso Xu, «perché hanno aumentato esponenzialmente il carico di lavoro della nostra divisione consumer, che ha dovuto occuparsi di discutere contratti e policy con governi e istituzione». Huawei, ha aggiunto, ha registrato anche il forfait di clienti che fino ad oggi avevano acquisito infrastrutture di rete dell’azienda, come ad esempio gli operatori australiani o danesi.
huawei conferenza per annuncio risultati fiscali 2019
Nel complesso, nonostante le difficoltà, il 2019 di Huawei si è chiuso con il segno positivo. I profitti sono saliti del 5,6% (comunque sotto le aspettative) fino a raggiungere quota 62,7 miliardi di Yuan (9,3 miliardi di Euro). Da segnalare, nonostante i blocchi statunitensi, la crescita della divisione CBG, cioè quella che commercializza smartphone, PC e altri prodotti per il mercato consumer: il ramo guidato dal CEO Richard Yu è cresciuto del 34% anno su anno e ha fatto segnare un sorpasso storico sulla divisione corporate, contribuendo al 54% del fatturato del 2019.
Durante la sessione di domande con i giornalisti internazionali, Xu ha infine affrontato anche il problema dell’effetto della pandemia sull’economia globale, spiegando che l’impatto del Coronavirus sui conti 2020 di Huawei è ancora impossibile da prevedere. «La situazione e l’evoluzione è incerta, ma possiamo confermare che le nostre linee produttive sono tornate a funzionare», ha detto, per poi concludere con un inatteso elogio del lavoro remoto. «Abbiamo tuttavia individuato criticità nei nostri processi e nelle nostre strutture che provvederemo a risolvere quando la crisi pandemica sarà cessata. Ci siamo accorti ad esempio che tenere riunioni efficaci e conferenze stampa come questa non serve la presenza fisica ma che le soluzioni di networking che già usiamo eliminano la necessità di un costante faccia a faccia».