QUALI SONO I “FATTI GRAVISSIMI”, SCOPERTI DAL MINISTRO GIULI, CHE L’HANNO SPINTO A RIMUOVERE IL “TRADITORE” FRANCESCO GILIOLI DA CAPO DI GABINETTO DEL MINISTERO DELLA CULTURA? TRA I MOTIVI L’AUDIZIONE DAI PM DELLA QUALE IL FUNZIONARIO NON HA INFORMATO IL MINISTRO – LA POLEMICA SULLE INFORMAZIONI PASSATE DA GILIOLI A “REPORT” E LA BATTAGLIA DEI “PROVITA” CONTRO IL SUCCESSORE SPANO CHE NEL 2016 SI DIMISE DA DIRETTORE DELL’UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI DOPO CHE FU DIMOSTRATO COME UNAR AVESSE FINANZIATO ANCHE UN’ASSOCIAZIONE LGBT COINVOLTA IN CASI DI SESSO A PAGAMENTO. SPANO VENNE ASSOLTO DA TUTTO MA FU COSTRETTO A FARE COMING OUT
Gabriella Cerami e Giovanna Vitale per repubblica.it - Estratti
Quando ha saputo che Francesco Gilioli era stato chiamato dalla procura per riferire sull’affaire Boccia senza sentire l’esigenza di informare il suo ministro, Alessandro Giuli ha perso le staffe. E, malgrado l’ora, venerdì sera ha diffuso una nota brutale per dare il ben servito al capo di gabinetto ereditato dal predecessore: «È venuto meno il rapporto di fiducia».
È solo l’ennesimo capitolo di una storia intrisa di veleni e sospetti, sparsi a piene mani nelle ultime 72 ore per giustificare la cacciata del consigliere parlamentare arruolato al vertice della Cultura su input di Ignazio La Russa.
A caldo si era parlato di una fuga di notizie: secondo fonti ministeriali sarebbe Gilioli la gola profonda cui i giornalisti avrebbero attinto per incastrare il Sangiuliano innamorato. Poi, l’allusione al contratto di consulenza per Maria Rosaria Boccia, controfirmato dal capo di gabinetto, a dispetto delle smentite. Tutte motivazioni fatte trapelare ad arte, utili a sbarazzarsi anzitempo del dirigente «poco collaborativo» per sostituirlo con un fedelissimo: Francesco Spano, segretario generale del Maxxi, con cui nei due anni da presidente Giuli ha stretto un forte sodalizio.
Il problema è che non è facile licenziare in tronco un alto funzionario dello Stato senza uno straccio di prova. Aver scritto che è venuto meno il rapporto di fiducia, accusarlo di «fatti gravissimi» per allontanarlo significa compromettere la carriera di chi in Senato ha ricoperto incarichi prestigiosi e gode di stima ai massimi livelli.
Se restasse quel “marchio”, sarebbe complicato per il presidente La Russa e per la segreteria generale di Palazzo Madama reintegrare il dirigente distaccato al Mic. È la ragione per cui la seconda carica dello Stato ha acceso i riflettori sulla vicenda. Altrettanto ha fatto Maurizio Gasparri, capogruppo di FI, che ieri ha chiesto spiegazioni a Giuli.
Senza però ottenere risposte chiare.
Tutto resta vago, fumoso, incerto. Il ministro, dal canto suo, resta convinto: Gilioli è un “traditore”, se ha colpito Sangiuliano, può rifarlo con lui.
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Un legame, quello fra Giuli e Spano, piuttosto recente ma resistente a ogni intemperie: pronto a sfidare le ire dei Fratelli d’Italia e delle associazioni antiabortiste, lobby fra le più ascoltate dal partito che condensa in “Dio, patria e famiglia” il suo programma di governo. L’esatto opposto delle idee propugnate dal nuovo capo di gabinetto, pisano classe ‘77, che da giovane avvocato divenne allievo di Giuliano Amato, responsabile della sua segreteria tecnica al Viminale durante il Prodi II.
Fu il dottor Sottile a schiudergli le porte delle massime istituzioni del Paese: consulente giuridico in vari dicasteri e alla Presidenza del Consiglio, tutti d’area progressista, nonché professore all’università di Siena e Tor Vergata, come risulta dal curriculum.
Titoli che devono aver spinto Giuli a portarlo con sé al Collegio Romano, sorvolando sulla bufera che sette anni fa scaraventò Spano in mezzo a una strada, prima di far ritorno al Maxxi per volere di Giovanna Melandri: nel 2017, da capo dell’Unar - l’Ufficio governativo antidiscriminazioni razziali - finanziò con 55mila euro un’associazione Lgbtq, di cui lui stesso sarebbe stato socio, accusata dai pro-life di «praticare nei propri circoli scambismo, prostituzione e promiscuità sessuale ». Poi venne assolto da tutto, ma il clamore fu tale da costringerlo a un dolorosissimo coming out . Ferita chiusa solo pochi mesi fa, quando l’uomo di cui Giuli non può fare a meno si è unito civilmente con il suo compagno storico.
L’altro ieri la nomina, che per i pro vita — promotori di una petizione per destituirlo — è «molto più grave e imbarazzante del caso Boccia» perché «contraddice i principi su cui si basa l’attuale maggioranza» e «tradisce i valori della famiglia e dell’integrità morale che il governo aveva promesso di difendere». Gli stessi di cui Giuli è sempre stato paladino.