CRONACHE DA SOTTO-SCALA - DIETROFRONT DI PEREIRA SULLA CIRCOLARE CHE ORDINAVA DI INIZIARE GLI SPETTACOLI DELLA “SCALA” CINQUE MINUTI DOPO LE VENTI, PER PERMETTERE AI RITARDATARI DI ENTRARE: I MILANESI LO HANNO SPERNACCHIATO E LUI S’E’ ARRESO
Alberto Mattioli per “la Stampa”
Dopo la guerra dei Cent’anni, quella dei Cinque minuti. Leggermente meno cruenta ma altrettanto combattuta. È andata in scena alla Scala e racconta perfino qualcosa sul nostro mondo globale. Tutto è nato dalla circolare con la quale il sovrintendente Alexander Pereira ordinava di iniziare gli spettacoli non alle 20 come da cartellone, ma cinque minuti dopo. Lo scopo era quello di tutelare le maschere della Scala dall’ira dei ritardatari più cafoni, che di solito sono dei nouveaux riches stranieri.
Capita infatti che quando viene spiegato a questi bifolchi che non possono entrare in sala a spettacolo iniziato, costoro aggrediscano le maschere. Diverse sono state insultate, alcune - pare - anche spintonate.
Ora, a parte la stranezza di un austriaco che chiede a degli italiani di essere in ritardo invece di rimproverarli perché lo sono, la trovata di Pereira ha fatto arrabbiare gli habitués, che sanno che alla Scala si deve arrivare puntuali perché la Scala è puntuale: su il sipario alle 20 precise, chi c’è c’è e chi non c’è s’arrangia.
Così al Fidelio del turno A, quello degli abbonati milanesissimi sulle stesse poltrone dai tempi di Verdi, alle otto il pubblico è esploso in un applauso al nulla, che in gergo teatrale significa: incominciate. Peggio: ieri l’altro, alla prima dello Schiaccianoci, non solo è partito l’applauso, ma stavolta è stato anche accompagnato da urla di «Vergogna!».
Di conseguenza, Pereira ha fatto marcia indietro e ieri ha annullato il ritardo. «E’ chiaro - ha scritto agli abbonati stabilendo il nuovo record mondiale di eufemismo - che non ha avuto la vostra approvazione». Resta il fatto che il problema si ripresenterà, specie perché adesso arriva l’Expo e la Scala sarà infestata da mandrie di turisti russi, arabi e cinesi che non hanno alcuna idea di come si stia al mondo, figuriamoci in un teatro d’opera.
Riconoscerli è già facilissimo: sono overdressed, scattano foto con l’iPhone e pretendono di entrare in platea con il calice di champagne in mano. Insomma, scambiano la Scala per lo stadio. Sarà la globalizzazione, appunto. Però Daniel Barenboim si è irritato per i flash durante i suoi Schubert e ha pubblicamente protestato. Adesso iniziano a scocciarsi pure i milanesi. Macché cinque minuti. Piuttosto, tolleranza zero: alla Scala si arriva puntuali e ci si sta muti (con la minuscola), fermi e con il cellulare spento. Altrimenti ci arrabbiamo. E ci sglobalizziamo subito.